“Diffamazione, ecco il bavaglio per i giornali anche online”. Questo titolo non è nostro, lo abbiamo in prestito da La Repubblica di oggi ma coglie la natura del problema. Il Senato si appresta a varare una nuova legge sulla libertàdi stampa incentrata in modo particolare sulle sanzioni per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Non ci sarà il carcere per i direttori responsabili o i giornalisti autori degli articoli ma una serie di sanzioni economiche che potrebbero ridurre in miseria molti che lavorano nell’informazione ma senza averne le retribuzioni né gli standard economici e legali delle grandi firme e delle grandi testate. Oggi come oggi sono praticamente la maggioranza. Freelance, pubblicisti, giornalisti su base volontaria o per passione, ultraprecari a 3 euro al pezzo. Tanta informazione oggi si regge su queste figure sociali. Una sanzione economica di qualche migliaia di euro, in molti casi, è quasi peggio di sei mesi di carcere o arresti domiciliari.
Ma vediamo quale è la posta in gioco e come piegherà l’informazione nel nostro paese “mettendola a regime”.
Al Senato oggi alle 11 si vota il testo che poi dovrà tornare alla Camera. E’ stato accolto un emendamento dei senatori del M5S Fucksia, Airola, Buccarella, Cappelletti, Giarrusso per cui “anche le testate giornalistiche online”, in caso di diffamazione, dovranno pagare una multa fino a 10mila euro. Se l’offesa “consiste nell’attribuzione di un fatto determinato falso” la multa va da 10mila a 50mila euro. Come dicevamo non c’è più il carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Non è stata accolta la proposta del sen. Casson (Pd) di depenalizzare tutto, cancellare la diffamazione come reato e prevedere al suo posto una sanzione civile. Nel testo in approvazione il reato invece resterà e si aggraverà la sanzione economica. Viene introdotto un meccanismo di rettifica estremamente rigido che varrà per ogni tipo di testata giornalistica – incluse quelle online come Contropiano – dal quale non potranno esimersi e dovranno pubblicare le smentite “senza commento, senza risposta, senza titolo “, ma solo sotto l’indicazione “Rettifica” a caratteri cubitali. C’è il rischio che, dopo l’approvazione della legge, il giornale sarà occupato per metà dai nostri articoli e per l’altra dalle rettifiche obbligate e senza commenti. Un bel pastrocchio, indubbiamente. Il problema è che a decidere tutto questo non sarà un giudice alla luce di un esito processuale ma direttamente i legali degli interessati. In compenso saranno scoraggiate le cosiddette querele temerarie, quello attraverso cui con richieste di risarcimento milionari (è il caso del Presidente della Cassa Ragionieri nel nostro caso per un articolo del sindacato di base Asia-Usb pubblicato su Contropiano nel 2011) si cerca di intimidire i giornalisti dal fare inchieste o pubblicare notizie scomode.
Il clima dunque è quello che è. Nei giorni scorsi abbiamo ricevuto una querela dal dott. Caselli, ex procuratore capo di Torino, per un articolo sul trattamento riservato ai No Tav e le infiltrazioni mafiose in Val di Susa, poi dalla Procura di Napoli è stata indagata per un altro articolo l’intera redazione – con una logica davvero inusuale di “punizione collettiva” mentre di solito si querela il solo direttore responsabile – , sappiamo inoltre che ci sono altre pendenze in giro e in arrivo. Nelle prossime settimane daremo battaglia a tutto campo per rintuzzare questi attacchi e prepararci ad affrontare i processi.
Quando tre anni fa avevamo ingaggiato la sfida di costruire un quotidiano on line, un giornale che si dichiara comunista nella sua testata e dunque non nasconde il proprio orientamento politico, sapevamo che su questo terreno la determinazione soggettiva e la scelta dello strumento potevano avere qualche possibilità di successo. I dati hanno dimostrato che quella scelta era stata lungimirante. La crescita dei lettori della stampa online e il declino di quella ufficiale, tanto più quando accentua il suo carattere di tappetino dei potenti, hanno cominciato a destare preoccupazioni sempre maggiori nella classe dominante. Non avere il pieno controllo delle comunicazioni di massa sembra essere diventato un serio problema, nonostante che il Patto del Nazareno abbia creato il monopolio di sei canali televisivi – una sorta di telegiornale unico – e abbia allineato sul sostegno a Renzi tutte le testate della carta stampata legate agli interessi della borghesia italiana.
Dunque non può che colpire la straordinaria coincidenza tra la crescita dei giornali online – tra cui anche Contropiano – e l’urgenza di mettergli il bavaglio con una legge ad hoc. Ma se la galera è una opzione che qualsiasi militante – giornalista o no – ha sempre messo nel proprio orizzonte e più di qualcuno nel proprio passato, le sanzioni economiche vogliono prenderci e prendere per fame. E’ il segno dei tempi. Questi in cui ci tocca di vivere e lottare. E a nessuno può sfuggire il brusco cambiamento dei parametri della lotta politica e sociale nel paese, una involuzione autoritaria che non poteva non arrivare anche ai diritti che si ritenevano consolidati, universali, intangibili. Come si dice? No Pasaràn. Ma – se e quando sarà necessario – avremo bisogno del sostegno dei tanti che ci leggono e utilizzano il nostro giornale, perchè le misure di una cella le sappiamo contare, le migliaia e migliaia di euro no.
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Uno
fate http://www.contropiano.is e fanculo alle leggi italiane.
Fabrizio Marchi
cari compagni e amici di Contropiano, siamo sulla vostra stessa barca per cui massima solidarietà da parte del sottoscritto e di tutta la redazione de L’Interferenza. Un carissimo saluto!