Appena un anno a Trieste, alla testa di Generali, è stato sufficiente a metterlo con le spalle al muro, a dispetto della sua proverbiale capacità di galleggiamento. Ma l’instabilità al vertice della società, negli ultimi mesi, era diventato davvero eccessivo. Stamattina, nel corso di una riunione straordinaria del consiglio di amministrazione, gli è stata prospettata una mozione di sfiducia firmata da ben 10 consiglieri su 17. Compresi i due consiglieri con incarichi di primo piano: l’a.d di Mediobanca Alberto Nagel e del direttore generale della banca, Francesco Saverio Vinci. Più che un segnale, dunque, di cui l’inossidabile banchiere 75enne ha dovuto prendere atto. Dimettendosi.
In borsa, in pochi minuti, il titolo Generali è salito di quasi il 5%. Una prova inequivocabile della scarsa fiducia che “i mercati” ormai riservano a un certo modo di “fare banca” a ridosso del potere politico.
Nella riunione si diveva anche discutere del caso del vice presidente Bolloré, l’alleato francese che il 16 marzo si era rifiutato di votare il bilancio 2010. Anche lui sarebbe a un passo dalle dimissioni. Lo scontro tra i francesi (Bolloré è tra i primi azionisti di Mediobanca, a sua volta primo socio di Generali con il 14%) e gli altri del cda (Diego Della Valle, Lorenzo Pellicioli, i consiglieri indipendenti) era stato a un punto di rottura già a metà marzo. E Della Valle, da qualche tempo, non faceva mistero di disapprovare la gestione Geronzi. Si aggiungevano inn rapida successione le le dimissioni di Leonardo Del Vecchio (Luxottica) e Ana Patricia Botin (banca Santander, storico alleato di Generali).
Nella partita dovrebbe avere avuto un ruolo anche il ministro dell’economia, Giulio Tremonti, che solo un anno fa aveva favorito l’ascesa di Geronzi a Trieste. Il che apre un problema politico molto serio: Geronzi era ormai considerato “l’uomo di Gianni Letta” nella finanza, e quindi un fedelissimo di Berlusconi. Il fatto che Tremonti non si sia mosso per salvarlo – o, come dicono i maligni, che si sia dato da fare per “lasciarlo cadere” – potrebbe anche lasciar capire che il ministro dell’economia (e la Lega) non sono disposti ad andare in fondo insieme al Cavaliere.
Ma non si tratta certo di una “rivoluzione copernicana”. Né tantomeno “democratica”. In fondo, se il cda dovesse decidere per un interim provvisorio, il sostituto di Geronzi potrebbe essere addirittura Francesco Gaetano Caltagirone, vicario di Geronzi secondo la relazione di governance di Generali. Perlomeno fino all’assemblea di bilancio, già convocata a Trieste per il 30 aprile.
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