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Usa: crisi dello stato, 800mila posti a rischio

Si tratta di trovare un accordo bipartisan, come si dice, tra la presidenza democratica di Obama e il Congresso (dove la maggioranza è repubblicana).

I colloqui sono andati avanti fino a tardissima serata, ma l’intesa non è ancora stata trovata. Obama ha incontrato lo speaker della Camera deirappresentanti, John Boehner, ed il senatore che guida il gruppo democratico, Harry Reid. «Penso che sia stato un incontro franco e costruttivo: abbiamo chiarito quali sono i problemi ancora da affrontare», ha dichiarato Obama al termine del vertice, durato circa un’ora e mezza.

Boehner e Reid hanno assicurato di voler continuare a lavorare per raggiungere un accordo, ammettendo però che esistono ancora profonde divisioni “sui numeri e i tipi di tagli da effettuare”. La Casa Bianca accettare di varare un legge finanziari (budget) per circa 70 miliardi, mentre l’opposizione repubblicana ne vorrebbe almeno 100. In assenza di un accordo entro stasera, domattina circa 800mila dipendenti statali verranno messi in congedo temporaneo: non ci sono infatti più i fondi per pagare gli stipendi. Era già successo nel 1995, con una crisi durata diverse settimane.

Una tragedia del lavoro, ma anche una paralisi dell’amministrazione pubblica federale, che metterebbe gli Usa nella paradossale situazione di essere una superpotenza che non può più fare molto perché lo stato, se non bloccato, funziona a ritmo ridotto. E’ il temuto ‘shutdown’: non verranno più aggiornati i siti web governativi, né erogati i prestiti pubblici a piccole e medie imprese, non verrrano più rilasciati i permessi dell’Epa, (Environmental Protection Agency, l’equivalente del nostro ministero dell’ambiente). Un insieme di “assenze” che rallenterà decisamente il settore delle costruzioni, già ai livelli minimi a causa della prolungata crisi immobiliare. Qualche eccezione: l’assistenza sanitaria Medicare per i meno abbienti, mentre i militari del Pentagono – ma non i civili – continueranno a lavorare ma senza essere pagati finché la crisi non sarà stata risolta.

“Non ci sono scuse per non trovare un compromesso” per evitare la paralisi delle attività correnti del governo federale, è stato infatti il commento di Obama. “Lo stallo avrebbe conseguenze reali sui cittadini americani”, ha detto Obama, aggiungendo che “un ostacolo alla ripresa economica, a causa di relativamente lievi divergenze, non è perdonabile”.

Il deficit mostruoso (superiore al 10% del Pil) si è creato per salvare banche, assicurazioni e altre istituzioni finanziarie per evitare il tracollo del sistema. Ora è però la finanza pubblica a essere in grande difficoltà. I repubblicani – anche per banali considerazioni elettorali – stanno cavalcando il “rigorismo” nei conti, ma il piano di salvataggio più costoso (il Tarf) è stato ideato da Hank Paulson, ministro del tesoro nel governo di George W. Bush

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