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I tassi di interesse riprendono a salire

E’ la misura minima di un rialzo, ma arriva a interrompere una lunga fase di stasi al livello minimo (all’1%, appunto) da quando esiste la Bce. I tassi di interesse di riferimento sono quelli applicati dalla stessa Bce alle banche che chiedono prestiti alle rispettive banche centrali nazionali. I tassi da queste poi applicate alla clientela saliranno a loro volta, più facilmente in misura superiore allo 0,25%.
Il tasso era rimasto a lungo così basso a causa della crisi finanziaria esplosa nel 2007-2009. Serviva a facilitare al massimo la circolazione di denaro, altrimenti la crisi si sarebbbe scaricata in modo ancora più pesante sull’economia reale. Del resto la decisione – insieme ad altre misure definite “non ortodosse” – era arrivata nel momento in cui il tasso overnight (quello a cui le banche si prestano i soldi fra di loro, magari dalla sera alla mattina) era schizzato a livelli tali da provocare il blocco totale dei mercati finanziari. La ragione era chiarissima: nessuna banca si fidava più delle altre, nella giusta convinzione che potessero avere in cassaforte titoli “derivati” dal valore ormai nullo.

La decisione di oggi inverte dunque la tendenza, nonostante lo stesso Jean-Claude Trichet si sia preoccupato di rassicurare che “questo non significa che è iniziata una fase di rialzo dei tassi” in eurolandia, definiti “ancora molto accomodanti”. In realtà proprio di questo si tratta, visto che lo stesso Trichet ha indicato la presenza di «rischi al rialzo per la stabilità dei prezzi». L’inflazione aveva superato già abbondantemente superato il 2% annuo; mantenere il tasso principale all’1 significa dunque regalare più dell’1% a chiunque (le banche, in primis) chieda soldi in prestito a un tasso inferiore all’inflazione.
E in effetti l’allusione a ulteriori rialzi, nel linguaggio formale dell’istituto di Francofore, è abbastanza esplicita: la Bce dovrà «monitorare molto attentamente» tutti gli sviluppi della situazione economica a partire dall’inflazione. Tra i principali, il rischio di «ulteriori rialzi» dei prezzi energetici.

L’attesa crescita, infine, tarda a farsi vedere. Perlomeno a livelli rilevabili anche dalla popolazione. Il “trend dell’area euro resta positivo”, ma vi sono molte incertezze e ci sarà un effetto negativo dovuto al sisma in Giappone.
Parole chiare invece sul Portogallo: la Bce «ha incoraggiato il Portogallo a chiedere aiuto» esterno, perchè cio è «richiesto dalla situazione». Il cappio che strangolerà nei prossimi anni la popolazione lusitana è stato insomma intrecciato con il pieno consenso della Bce. E nemmeno era lecito dubitarne…

La prima conseguenza è il rialzo dei tassi che regolano i mutui. Anche qui l’effetto era in parte già iniziato negli ultimi tre mesi, quando era apparso chiaro che proprio nella riunione di ieri sarebbe stata fatta la scelta del rialzo. I mutui a tasso variabile, com’è noto, vengono ripagati considerando l’Euribor aumentato di un spread variabile a seconda delle banche concedenti. Ma l’Euribor regola anche i prestiti interbancari, e questi avevano preso a salire insieme alla certezza della previsione su quel che avrebbe fatto Trichet il 7 aprile.
Naturalmente la Bce vuol bene ai lavoratori: visto che il pericolo è l’inflazione, la raccomandazione è quella di non concedere aumenti salariali in nessun caso. Altrimenti cresce. Domanda: chi è che deve pagare la crisi secondo la Bce?

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