E il greggio torna a superare la soglia dei 100 dollari, portandosi a New York a 101,4 dollari al barile. L’Organizzazione dei Paesi produttori ha infatti deciso di lasciare il tetto invariato, nonostante gli sforzi del ministro del Petrolio saudita Ali al-Naimi, uscito dalla riunione con l’amaro in bocca: «è stato uno dei peggiori vertici che abbiamo mai avuto», ha commentato, sottolineando che ben 6 Paesi su 12 hanno votato contro un incremento dell’output, oggi a circa 25 milioni di barili.
I produttori potrebbero riconsiderare la situazione tra tre mesi, ma non si rivedranno prima di dicembre, quando è programmato il prossimo vertice del cartello. Le tensioni interne all’Opec e la decisione finale di mantenere lo status quo hanno messo le ali al prezzo del petrolio sia a Londra che a New York. Il Brent è salito fino a 118,42 dollari, mentre il greggio americano ha superato i 100 dollari al barile. Oltre al petrolio è però il gas, secondo l’Aie, la fonte di energia da tenere sott’occhio nei prossimi anni. Secondo l’Agenzia, quella che si annuncia è infatti «un’età dell’oro» per la fonte energetica abbondante, reperibile, meno costosa rispetto al petrolio e decisamente più sicura del nucleare. Grazie all’aumento dei consumi cinesi, il gas arriverà a far fronte al 25% della domanda energetica internazionale da qui al 2035.
«Il gas è il futuro», ha sottolineato l’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, che però ha lanciato un nuovo allarme Libia per l’Italia, questa volta con un tono più preoccupato del solito. Il nostro Paese, ha spiegato, è in grado di far fronte alla carenza del gas proveniente dal Paese di Gheddafi (circa 10 miliardi di metri cubi trasportati dal Greenstream, ora interrotto), «ma solo a questa. Non possiamo far fronte ad altre difficoltà, possiamo digerire un problema, non due». Di fronte all’incertezza assoluta sul futuro di Tripoli, su cui «tutti hanno le idee confuse», bisognerà dunque augurarsi che non ci siano attriti tra Russia e Ucraina o che non si creino problemi sul gasdotto TTPC, quello che trasporta il gas algerino attraverso la Tunisia. «Se non riparte il Greenstream – ha ribadito – i nostri margini di libertà sono minori». Intanto però qualcosa per assicurare gli approvvigionamenti in Europa, secondo Scaroni, si potrebbe fare: integrare le reti europee e creare un’autorità unica del settore. I rischi maggiori provengono infatti dai «colli di bottiglia spaventosi» che esistono tra un Paese e l’altro, e contro i quali l’Europa «non sta facendo nulla».
«Un ulteriore restringimento del mercato e potenziali aumenti dei prezzi del petrolio rischiano di minare la ripresa economica». A sottolinearlo in una nota è l’agenzia internazionale dell’energia (Iea). «Abbiamo preso atto con disappunto che oggi i membri dell’Opec non sono stati in grado di concordare sulla necessità di mettere a disposizione del mercato più petrolio» sottolinea, osservando che è necessario che «la fornitura stessa sia in linea con la domanda stagionale». Pertanto, rileva l’Iea, «invitiamo i produttori a rispondere di conseguenza». Interruzioni dell’approvvigionamento e la fragilità dell’economia globale, sostiene l’Iea, richiedono «un rapido aumento delle forniture» per soddisfare la crescente domanda stagionale. Invece, sottolinea l’agenzia internazionale, «un ulteriore restringimento del mercato e potenziali aumenti dei prezzi rischiano di minare la ripresa economica. E questo non è nell’interesse nè dei produttori nè consumatori». L’Iea, conclude la nota, «è pronta a lavorare con i governi degli Stati membri per aiutare a garantire che i mercati siano ben forniti».
Ma non si può contemporaneamente pretendere che i mercati siano “ben forniti” e accampare il diritto di intervento militare su singoli paesi.
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