Uno dei quotidiani britannici più anti-euro come il Daily Telegraph scrive oggi che “Fonti del ministero del Tesoro UK hanno ammesso che il Governo sta mettendo in piedi un piano di emergenza per la bancarotta della Grecia dopo essere stati allertati da un ex segretario di stato straniero sul fatto che l’euro non puo’ durare”. Nel dibattito che c’è stato ieri tra i membri del parlamento inglese insieme ai “saggi” di tutti i partiti, e’ emersa la richiesta che il Regno Unito se ne stia fuori da qualsiasi piano di salvataggio per la Grecia e chieda che il paese lasci l’euro, riporta il Daily Telegraph. L’ex segretario di stato per gli Affari Esteri Jack Straw, ha affermato che una morte “veloce” di una sola valuta è in questo momento meglio di “una lenta agonia”. L’ esposizione delle banche britanniche verso il paese ellenico attorno ai £2,47 miliardi. Lo stesso cancelliere George Osborne, dopo aver incontrato i ministri dell’eurozona due notti fa a Lussemburgo, ha ripetuto di non voler vedere il Regno Unito trascinato nell’erogazione di nuovi aiuti per un secondo piano di bailout per Atene. Un rumor questo che comincia a trovare sostenitori anche nel nostro paese. La direttrice di Wall Street Journal Italia, Lucia Ciarrocca, scrive oggi che “La Grecia e’ gia’ in bancarotta, e’ un “paese zombie”, e’ uno stato fallito come l’Afghanistan o l’Iraq. Eppure, si vuole mantenere Atene nell’euro e nella UE ad ogni costo, contro il volere della gente (appena 11 milioni di greci di cui la meta’ dipendenti pubblici e l’altra meta’ evasori fiscali) che non hanno alcuna voglia, ne’ sono capaci psicologicamente di passare i prossimi 20 anni in un clima da “lacrime e sangue”, ma vero, quotidiano, senza scappatoie”. Perentoria la conclusione: “per questo la Grecia non deve piu’ stare nell’euro. Che se ne prenda atto e che se ne vada. Atene non deve essere salvata, e’ nettamente preferibile una soluzione in stile Argentina, un clamoroso crack, un vero default, il piu’ grande del millennio”.
E’ difficile non leggere in queste dichiarazioni la legittimazione politica ed estrema del lavoro sporco svolto dalle agenzie di rating in mano alla finanza anglosassone che contribuiscono sistematicamente a demolire la stabilità economica e politica dei paesi periferici dell’Unione Europea (Italia inclusa). Ma le soluzioni indicate dalle istituzioni finanziarie europee, subalterne alle banche tedesche e francesi, non appaiono certo una alternativa migliore. Siamo ormai in piena competizione globale tra le varie opzioni del capitalismo in crisi. IN questo gioco di tutti contro tutti, appare sempre più necessario far saltare il tavolo e mettere in campo le priorità degli interessi dei lavoratori, dei disoccupati, dei settori popolari a scapito di quelli delle banche e del capitale finanziario. Se le regole del gioco vengono cambiate sempre e solo per chi vive di salario e pensione, sarebbe ora che cambiassero – loro malgrado – anche per chi vive di rendite finanziarie e parassitarie sulle spalle della popolazione.
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