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Titoli di stato italiani peggio della Spagna

l ministro scherza sul Pil nel giorno più duro per i bond

Tommaso De Berlanga
Non è facile affrontare una crisi del mercato dei titoli di stato con un ministro che si considera bravissimo ma intanto è sotto schiaffo (per la vicenda di Marco Milanese e dell’affitto «in nero» o pagato da altri della casa a Roma).
Ieri si è presentato in conferenza stampa scherzando («mi sono dimesso… da inquilino»), ma andando anche fuori misura: «il bilancio dello stato si fa per legge, il Pil no». Perché insegnano già al primo anno di università che la «politica economica» incide sul Pil a seconda di quel che si fa (o non si fa).
La sortita è stata addirittura paradossale, perché Giulio Tremonti stava presentando il nuovo Fondo strategico italiano, creato dalla Cassa depositi e prestiti – con 7 miliardi di dotazione, a regime – per «sostenere le imprese nazionali con logica di mercato». Non «un ritorno dello stato nell’economia sul modello dell’Iri» – per carità, mica vorrete prenderci per keynesiani! – ma un più modesto sostegno alla imprese «con prospettive di crescita» ma che devono salire di scala dimensionale per poterci riuscire. Piccolo, ormai l’hanno capito tutti, «non è più bello».
Ma la notizia di giornata erano le aste sulle nuove emissioni di bond italiani. E c’era timore. In effetti è stata dura. Il Tesoro è riuscito a collocare quasi il massimo dei titoli che aveva come obiettivo (8 miliardi), ma solo garantendo rendimenti molto alti; ossia abbassando il prezzo a cui veniva battuta l’asta.
Andando nel dettaglio, i certificati di credito del Tesoro hanno dovuto pagare oltre il 4,5%. Il CCt a 7 anni – per di più indicizzato all’Euribor e con una maggiorazione dell’1% – ha raggiunto un rendimento di 4,65%. Il Cct a quattro anni, invece, il 4,58. Molto peggio per i Btp decennali (con scadenza settembre 2021), che si sono inerpicato al 5,77.
La differenza tra i rendimenti dei Btp italiani e i corrispettivi Bund tedeschi ha toccato ieri i 337 punti, assai vicino al record assoluto del momento più acuto della crisi in corso. Non c’è dunque alcun motivo di «stare tranquilli». Come spiega un operatore di mercato, analista per conto di Ing Direct, «si può dire che sono riusciti a piazzare i titoli sul mercato ma il trend sta diventando davvero impressionante» e al Tesoro «non possono permettersi questo tipo di rialzi ogni mese».
È come nel film L’odio di Kassovitz, dove la voce fuori campo recita «sto precipitando da un grattacielo e a ogni piano, per farmi coraggio, mi dico ‘fin qui, tutto bene’». Se ad ogni asta devi abbassare il prezzo della tua «carta», alla fine sei strozzato. Perché quei rendimenti in ascesa sono aumento del debito pubblico che chiama nuovi tagli alla spesa. A spirale.

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ROMANO PRODI
La scelta di Deutsche Bank? «L’Europa è a limite del burrone»

La decisione di Deutsche Bank di «scaricare» 7 miliardi di euro di titoli italiani (un taglio verso le obbligazioni italiane dell’88) ha sconvolto Romano Prodi. «Mi ha sconvolto, vuol dire che è la fine di ogni legame di solidarietà», ha dichiarato l’ex presidente del consiglio durante l’incontro sul piano triennale 2012-2014 delle attività produttive dell’Emilia-Romagna. Una scelta del genere, ha insistito il professore: «significa obbligare tutti a giocare in difesa» e quando viene presa dalla Germania, una guida storicamente «saggia» sullo scacchiere internazionale «sono assolutamente turbato: dobbiamo avere il senso dell’allarme, senza dare colpa alla globalizzazione». «Il caso Deutsche Bank dimostra una mancanza di solidarietà che porta al suicidio anche la Germania. Vi rendete conto dell’incoscienza? Diventa più difficile il salto in avanti, uscire dalla situazione in cui siamo. Di solito quando arriva al limite del burrone, l’Europa si corregge, speriamo si corregga», anche perché, ha concluso, altrimenti «significa non avere il senso di responsabilità, il senso della leadership».

 

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dal Corriere della sera

BTP NEL MIRINO DELLA SPECULAZIONE

Chi Scommette contro di Noi

Massimo Mucchetti

Il differenziale tra i Btp a 10 anni e i bund tedeschi è salito ieri fino al 3,37%. Di questo passo, in poche settimane, i tassi sul debito pubblico italiano potrebbero superare quelli spagnoli. Troppo alti per dare ancora fiducia. E allora la fuga dal rischio Italia potrebbe diventare un’eventualità concreta. Irrazionale, ove si consideri l’economia reale. Ma i mercati sono razionali solo nella fantasia degli economisti. Tipico, per esempio, l’effetto gregge. Di cui abbiamo appena avuta una dimostrazione con il riposizionamento di alcuni fondi americani e di assicurazioni tedesche e italiane.

L’altro ieri, mentre le associazioni imprenditoriali, bancarie e sindacali invocavano un atto di discontinuità del governo e un Patto per la crescita, il Financial Times avvertiva che Deutsche Bank aveva ridotto da 8 miliardi di euro a uno il suo investimento in titoli pubblici italiani. La Germania è il secondo finanziatore estero del Belpaese, il primo è la Francia. La prima spiegazione («Postbank, che abbiamo acquisito nel 2010, aveva troppi titoli italiani rispetto alle nostre medie, che sono di 1-1,5 miliardi») appare insufficiente. Da Milano, il responsabile di Deutsche Bank per l’Italia, Flavio Valeri, ricorda l’impegno sul campo. Che c’è. Ma a questo punto, magari dalla sede di Londra, la prima banca tedesca, a fortissima vocazione finanziaria, dovrebbe rivelare la variazione dei suoi investimenti nel primo semestre del 2011 per ogni Paese dell’Eurozona e per le altre macroregioni del mondo. E Josef Ackerman, leader di Deutsche Bank, dovrebbe chiarire perché ha ridotto dell’88% l’investimento nei titoli pubblici italiani, mentre la sua stessa banca diffondeva rapporti lusinghieri sui medesimi. L’ultimo risale al 20 luglio.

Prima che parli, vorremmo pregarlo di evitarci la favoletta delle muraglie cinesi che separano gli uffici studi dalle sale operative. L’Italia ha imparato a sue spese la lezione delle banche internazionali che prima ti colpiscono e poi si offrono di soccorrerti. Accadde nel 1992, con l’attacco alla lira e poi con la ben remunerata assistenza, prestata alla vendita delle partecipazioni statali e alla gestione di una larga parte del risparmio italiano. Di concerto con le autorità di controllo delle Borse di Londra e Francoforte, la Consob dovrebbe indagare sulle transazioni di Deutsche Bank per fugare ogni dubbio su una manipolazione del mercato ovvero passare le carte alla procura della Repubblica. Ma più e prima della Consob dovrebbe essere il governo a sincerarsi presso la cancelleria di Berlino sulle intenzioni reali della Germania rispetto all’Italia. Dove – ma non è nemmeno il punto principale – banche e assicurazioni oggi possono essere scalate con modica spesa.

Il debito pubblico tedesco, ancora basso in relazione al Pil, ha sorpassato quello italiano in cifra assoluta. Qualche sua asta ha mostrato piccoli segni di difficoltà. Se Deutsche Bank non è sola, è legittimo sospettare una riduzione dell’investimento del sistema finanziario tedesco nei titoli pubblici altrui a favore di quelli del proprio Paese. E l’aumento dei differenziali convoglierebbe verso i sicurissimi bund sia il risparmio interno che quello degli altri Paesi, e il risparmio italiano è ingente. Sono incubi da spread ? Speriamo. Ma vorremmo tanto che qualcuno da Roma ci dicesse: abbiamo verificato dati alla mano, Frau Merkel e la Deutschland Ag nutrono sempre fiducia nell’Azienda Italia. E invece leggiamo di Silvio Berlusconi che potrebbe assumere l’ interim dell’Economia, ma non telefona a Berlino.

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