da Il Sole 24 Ore, preoccupato q.b.
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A Parigi va in scena il G 20 dei ministri finanziari tra crisi greca e banche da salvare
dal nostro corrispondente Marco Moussanet
Parigi. Ultima tappa collegiale prima dei due appuntamenti che contano davvero – il vertice di Bruxelles del 23 ottobre e il G20 dei capi di Stato e di Governo d’inizio novembre a Cannes – il summit dei ministri delle Finanze e dei Governatori dei Paesi del G20 di questa sera e domani a Parigi servirà soprattutto per dare all’eurozona la possibilità di rassicurare i partner. Da mesi i riflettori del mondo sono infatti puntati sul cuore dell’Europa, elemento forte di instabilità sui mercati e di timori sulle prospettive di crescita.
I rappresentanti europei, presidenza francese in testa, dovranno quindi spiegare e convincere. Spiegare quali sono le iniziative per far fronte alla crisi e convincere che questa volta funzioneranno.
Il primo tema è quello relativo alla ricapitalizzazione delle banche, fino a qualche giorno fa esclusa perché “non ce n’era bisogno”. I dubbi che si sono espressi con il crollo dei titoli in Borsa hanno evidentemente convinto i dirigenti europei che invece il bisogno c’è e che anzi è necessario procedere rapidamente. In un modo o nell’altro (da sole, con l’aiuto degli Stati e, chissà, del Fondo europeo di stabilità) le banche saranno quindi chiamate ad aumentare i loro livelli di capitalizzazione, in modo da raggiungere già a metà 2012 i ratio di mezzi propri inizialmente previsti per il 2019.
Il secondo punto all’ordine del giorno è la Grecia, capitolo che la Uem è chiamata a chiudere, dopo aver passato troppo tempo limitandosi a mettere le toppe ogni volta che si apriva il buco. Viene ormai dato per scontato che il default parziale di Atene passera dal 21% al 50-55 per cento.
Infine il futuro del Fondo, l’Efsf, che finalmente ha avuto anche il via libera della Slovacchia. Sul suo ruolo ci sono ancora discussioni e diversità di opinioni all’interno dell’eurozona, ma sembra ormai certo che anche su questo fronte c’è stata un’accelerazione, con l’attivazione dell’Ems, il meccanismo europeo di stabilità, anticipata di un anno, a metà del 2012.
Una volta convinti i partner globali, se ci riuscirà, l’Europa chiederà loro di condividere l’istituzione dell’ormai famosa tassa sulle transazioni finanziarie.
Tutti insieme, i Paesi del G20 dovrebbero infine impegnarsi a presentare a Cannes delle idee e delle misure (“Due o tre ciascuno”, ha detto il ministro francese e presidente di turno François Baroin) per rilanciare la crescita. Con il solito, difficile esercizio – almeno per gli europei – di conciliarla con la riduzione dei deficit e dei debiti pubblici.
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S&P declassa la Spagna. Portogallo: taglio tredicesime e mezz’ora di lavoro in più
S&P declassa Madrid. E Lisbona taglia le tredicesime e aumenta l’orario di lavoro ai dipendenti pubblici. i dipendenti pubblici portoghesi dovranno lavorare mezz’ora in più al giorno, rinunciare alla quattordicesima e godranno di meno deduzioni fiscali, ma anche i consumatori dovranno pagare un’Iva maggiorata: questi alcuni punti-chiave della manovra economica «lacrime e sangue» che il premier portoghese, Pedro Passos Coelho, ha presentato oggi alla tv dopo l’approvazione del bilancio 2012 da parte del suo governo di centrodestra. Una manovra per soddisfare le richieste dell’Europa a fronte dell’ arrivo del bailout da 78 miliardi di euro.
«Non avremmo mai dovuto arrivare a questo punto», ha detto Passos Coelho, sottolineando come le draconiane misure siano necessarie per tirare il Portogallo fuori dall’emergenza. «Ora più che mai, raggiungere gli obiettivi nazionali e riuscire ad applicare bene la manovra 2012 e superare l’emergenza nazionale dipende dall’impegno assoluto di tutti», ha aggiunto il premier.
La manovra – che molti economisti temono avrà un effetto depressivo sull’economia portoghese, che attraversa una grave recessione, accompagnata da un tasso di disoccupazione del 12% – sarà presentata dal governo al parlamento di Lisbona lunedì, dove non dovrebbe avere problemi ad essere approvata per la confortevole maggioranza su cui poggia l’esecutivo.
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