Moody’s torna a occuparsi dell’Europa e sembra voler dare ragione a quanti leggono “politicamente”, anzi “geostrategicamente” le loro mosse. In fondo è vero che la “triade” (Standard&Poor’s, Moody’s, Fitch) è statunitense e riserva giudizi in fondo lusinghieri per i due paesi (sommando i dati del privato a quelli del setore pubblico) più indebitati del mondo: Stati Uniti e Gran Bretagna.
Dice oggi Moody’s. Le probabilità di più default fra i paesi dell’area euro «non sono più insignificanti». E «una serie di default aumenterebbe significativamente la possibilità che uno o più paesi, oltre al default, escano da Eurolandia».
Secondo l’agenzia, nelle ultime settimane le probabilità di uno scenario negativo per l’area euro sono aumentate con «l’incertezza politica in Grecia e in Italia e il peggioramento delle prospettive economiche». L’agenzia avverte: in assenza di misure che nel breve termine stabilizzino i mercati, le valutazioni sui paesi dell’area euro e dell’Unione Europea potrebbero essere riviste. Moody’s prevede di completare la revisione dei rating dell’area euro nel primo trimestre 2012. Lo scenario – afferma l’agenzia in un rapporto – resta basato su una tenuta dell’area euro, ma anche questo scenario positivo «porta con sè implicazioni molto negative sul rating». «La rapida escalation della crisi del debito dell’area euro e del settore bancario sta minacciando tutti» i rating sovrani europei, afferma Moody’s, sottolineando che l’aumento della pressione su Eurolandia ha spinto le autorità ad agire rapidamente per riportare fiducia.
«L’area euro ha punti di forza finanziari ed economici, ma la debolezza istituzionale continua a frenare la risoluzione della crisi e pesa sui rating. Eurolandia è vicina a un bivio che la porterà o verso una più stretta integrazione o verso una maggiore frammentazione», con il default e l’uscita dall’area di uno o più paesi.
«Le probabilità di default multipli fra i paesi dell’area euro non sono più insignificanti. Più la crisi di liquidità continua, più rapidamente le possibilità di default aumentano. Una serie di default aumenterebbe la probabilità che uno o più paesi non solo facciano default ma lascino l’euro. Uno scenario con più uscite avrebbe impatti negativi» sul rating dei paesi dell’area euro e dell’Unione Europa.
Per uscire dalla strettoia, la Ue prova a far decollare subito il fondo europeo salvastati. L’Efsf potrà emettere fino a 20 miliardi al mese di bond con scadenze a 3, 6, e 12 mesi. È quanto emerge dalla bozza delle regole per l’operatività dell’Efsf che i ministri delle Finanze potrebbero approvare già martedì prossimo. Il testo, ottenuto da Reuters, prevede anche che Efsf mantenga sempre una liquidità “cuscinetto” (buffer) di 10 miliardi di euro. L’approvazione delle nuove regole consentirà all’Efsf, forte di una dotazione di 440 miliardi di euro, di iniziare ad operare, attirando fondi da investitori privati e pubblici, per moltiplicare con effetto leva la sua dotazione iniziale.
Questa mattina, infine, il Fondo monetario internazionale ha smentito contatti con l’Italia per un piano di aiuti: «Non ci sono colloqui con le autorità italiane su un programma di finanziamento», ha risposto un portavoce del Fmi alle domande dei giornalisti.
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Problemi in più per il governo Monti, alle prese con una decisione che deve segnarne i percorso: seguire una “strategia riformista” fatta di rigore e interventi “soft”, in parte contrattati con parti sociali più che disponibili, oppure una “frustata” shock – problematica sul piano politico immediato, ma possibile soltanto ora, a governo fresco di nomina?
La Stampa si interroga:
Rigore o frustata? Il dibattito nel governo
Più che la velocità della manovra, conterà la frustata straordinaria che sapremo dare o meno all’economia». Chi sabato ha partecipato al «gabinetto di guerra» al ministero del Tesoro con Mario Monti, i tecnici e i ministri economici, riassume così il bivio drammatico davanti a cui si trova l’eurozona, l’Italia e, in prima battuta, il nuovo governo.
Alcuni professori (bocconiani) intorno al premier sembrano convinti che basti fare bene i compiti a casa, basti il gradualismo intelligente del pacchetto riforme, con sacrifici da negoziare con le parti sociali, per uscire dall’abisso. «Ma sicuri che oggi basti il semplice riformismo? Se si fanno velocemente e meglio le stesse cose che il vecchio governo aveva promesso ma non è stato in grado di fare, divorato dalle divisioni interne e dagli effetti annuncio, l’emergenza rischia di non rientrare». Ad esempio sulla crescita i mercati si aspettano che l’Italia vari misure di stimolo per 10-15 miliardi. Se fai la mini patrimoniale, rimetti l’Ici, alzi l’Iva e acceleri la riforma delle pensioni sicuramente copri il buco sul 2013, ma cambia davvero la prospettiva? Domande e dubbi su quale linea prenderà Monti in vista del 5 dicembre che si affastellano in questo weekend surreale, in attesa che stamattina borse e rendimenti tornino a ballare.
Così dentro e fuori il governo c’è chi spinge per prendere misure in forte discontinuità, un colpo secco capace di sorprendere i mercati e segnare un deciso cambio di rotta. Per salvare l’Italia e, insieme, contribuire a tenere in vita la moneta unica. La stessa Bankitalia è molto preoccupata per i collocamenti di domani, quando andranno in asta una tranche da 3 miliardi di euro di Btp a 3 anni, che è ormai un oggetto complicato da piazzare (non uno short term ma nemmeno un titolo a lunga scadenza), e un’altra da 2 miliardi di Btp a 10 anni. Siamo con l’acqua alla gola. L’ultima asta è stata quasi interamente collocata grazie alle grandi banche italiane, ormai zeppe di titoli pubblici. Basterà il Btp day di oggi per invertire la rotta?
Insomma la situazione è delicatissima, «nei prossimi 10 giorni ci giochiamo tutto», continua la fonte. Sta partendo il circo dello shopping natalizio, la crisi morde ma il Paese reale non sembra avere contezza dell’abisso. «Forse Monti dovrebbe andare in tv e raccontare la verità agli italiani…». Certo il Fmi e le istituzioni internazionali sembrano disponibili ad aiutare Roma: un default italiano scatenerebbe un domino devastante. Ma in mancanza di un vero tavolo Ue in cui l’Italia è in grado di scambiare l’applicazione virtuosa delle riforme scritte nella lettera Bce con il via libera tedesco all’acquisto di Btp da parte dell’Istituto di Francoforte per stabilizzare il mercato (non per fare trasferimento fiscale), puntare essenzialmente sul rigore anti deficit rischia di mandarci contro un muro.
Nudi di fronte al mercato, dobbiamo fare cose straordinarie sul lato della crescita. «Crescere al 2% si può», disse qualche settimana fa Giuliano Amato, che ieri sul Sole24Ore è tornato a chiedere a Monti coraggio in Italia e in Europa. Qualche ipotesi in tal senso sta circolando dentro ai ministeri economici. C’è chi punta al soccorso della Cassa depositi e prestiti che ha mutui accesi con i Comuni per circa 100 miliardi di euro. Un debito che gli enti locali coprono mettendo i loro immobili a garanzia. «Perché non estinguerli girando alla Cdp questi asset per farli valorizzare? La cessione immobiliare porterebbe via troppo tempo, lo swap ti permette di farlo subito e in blocco e di abbattere di 6-7 punti di Pil il debito pubblico». C’è chi propone di sbloccare i circa 70 miliardi di euro di ritardi di pagamenti della Pa «pagandoli» in Btp a 10 anni al 5% di interesse. «Sarebbe una iniezione di liquidità importante nell’economia che fa crescita, non fa deficit, e ridà ossigeno a imprese e territori».
Mosse capaci di mettere benzina nel motore di un Paese in panne, ben oltre la necessità di fare bene i compiti a casa. Peraltro la politica tramortita si sta riorganizzando. Berlusconi scalpita e sembra di nuovo in campagna elettorale; Pierluigi Bersani e il suo Pd appoggiano Monti «perché siamo in emergenza». Ma guardano con sofferenza i sondaggi che li darebbero largamente vincitori alle elezioni. Ovvio che se l’esecutivo s’incartasse sul gradualismo e sul toto sottosegretari, la tentazione di tornare subito alle urne diventerebbe fortissima.
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