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Lo stallo della Bce

Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha fatto il punto della crisi europea davanti alla Commissione ECON del Parlamento europeo. Ovviamente ha seguito un’accorta linea “diplomatica”, perché le sue parole hanno un’indubbia influenza sui mercati. Che, nonostante la sua prudenza, sono “passati in territorio negativo” dopo la sua audizione.

Ci sono sembrate importanti le seguenti affermazioni, che ci sembrano dare un quadro impietoso della situazione.

 

Le «prospettive economiche» nell’eurozona «restano soggette ad alta incertezza». Nel linguaggio diplomatico significa che la Bce non è in grado di dare previsioni attendibili per il medio periodo. Il che inficia in partenza qualsiasi strategia, ovviamente sottoposta a un’alea molto forte.

Quindi ha dovuto spiegare il significato e l’utilità di alcune “misure non standard” prese recentemente dall’istituto di Francoforte, come l’acquisto di titoli di stato dei paesi sotto attacco Italia e Spagna, in primo luogo).

Le misure «straordinarie» della Bce per le banche, come i prestiti a tre anni, «servono per stabilizzare il funding (la raccolta di capitali, ndr) e per dare la possibilità agli istituti di continuare a prestare a imprese e famiglie». Si tratta di una “immissione di liquidità” nel mercato, visto che le banche – strette tra crisi del debito sovrano (i titoli di stato che hanno comprato in passato hanno perso molto valore) e necessità di aumentare la percentuale di capitale proprio come “riserva” in caso di crisi (una delle misure di Basilea 3) hanno praticamente smesso di erogare prestiti, chiedono “il rientro” ai clienti per cifre anche molto basse e di prestarsi soldi reciprocamente. Sono gli elementi fondamentali del credit crunch, ovvero del blocco dell’economia a causa del congelamento del capitale da prestito.

Le prospettive per l’inflazione sono di «restare al di sopra del 2%» per molti mesi «prima di cominciare a scendere». Ma il direttivo della Bce «è determinato a far sì che le aspettative restino ancorate» allo scopo di mantenere l’inflazione in Europa «sotto o vicino al livello del 2%».

«Il nuovo patto di bilancio è un segnale essenziale che dimostra una chiara traiettoria per la futura evoluzione della zona euro». La Bce ha per statuto come primo compito quello di combattere l’inflazione. In una situazione di recessione i prezzi dovrebbero scendere. Ma non accade. Buona parte di questa inflazione è infatti “importata”, provenendo dai prezzi energetici o dalle merci altre di importazione dai paesi emergenti (che, essendo ancora in crescita sostenuta, hanno una dinamica inflattiva e salariale molto forte).

La decisione di «includere una procedura di emergenza nelle regole di voto dell’Esm (il fondo di stabilità europeo, ndr)» è stata definita come «essenziale». Per il presidente della Bce tale cambio di sistema, a maggioranza, dà la possibilità di «efficaci procedure decisionali specialmente in situazioni di crisi». La procedura precedente prevedeva l’unanimità, dando di fatto un diritto di veto a qualsiasi paese, che lo usava per proteggere al meglio i propri interessi a scapito di quelli “comunitari”. Naturalmente, la nuova procedura riduce la “sovranità” dei singoli paesi in proporzione inversa alla loro dimensione economica o debolezza finanziaria.

È necessario ridurre la necessità di ricorrere al rating nella legislazione e nei mercati. «Il rating ha un impatto sul funzionamento dei mercati e sull’economia in generale», perciò per Draghi serve un «quadro chiaro e robusto» di norme per «ridurre la volatilità, migliorare la qualità del rating e ripristinare la fiducia dei mercati». È importante soprattutto, secondo il presidente della Bce, «assicurare la trasparenza (delle procedure di analisi, ndr) e ridurre il ricorso al rating». Il rating, «semplifica complesse analisi di rischio, ma dovrebbe essere solo uno di molti input per gli investitori, e non dovrebbe sostituire le analisi che istituzioni finanziarie e altri investitori devono fare per conto loro». Questo è il «passo principale per evitare l’appoggio meccanico al rating esterno», ha concluso Draghi. Insomma, la lezione degli scorsi mesi è che queste tre società statunitensi, pur non azzeccando quasi mai una previsione (clamoroso il caso Enron, che godeva della “tripla A” mentre chiedeva la protezione dai creditori), hanno acquisito il ruolo di “puntatori” della speculazione globale.

Più precisamente. «Non torneremo a vedere gli spread» ai livelli precedenti la crisi ha detto il presidente della Bce. Dalla nascita dell’euro fino alla crisi finanziaria del 2007-2008 con il crac Lehman Brothers «i mercati hanno sottovalutato il rischio». Sin dall’avvio dell’euro tra i paesi della moneta unica c’erano consistenti differenze in termini di crescita e competitività e di rigore dei conti pubblici. Oggi probabilmente «i mercati stanno sopravalutando il rischio» ha detto Draghi aggiungendo però che il «messaggio che arriva dagli spread è positivo perchè stimola i governi a fare quegli interventi necessari per i conti pubblici e la crescita».

Rispondendo ad una domanda del Ppe sul titolo dell’intervista pubblicata oggi dal Financial Times in cui si avverte su rischi di rottura dell’eurozona, Draghi ha detto «non ho alcun dubbio sulla forza (filosofiche, non finanziarie, ndr) dell’euro, sulla sua permanenza e sulla sua irreversibilità», aggiungendo che «molta gente fuori della zona euro perde molto tempo in speculazioni». «Molti, soprattutto fuori dall’Eurozona, passano il tempo a elaborare scenari catastrofici sull’euro, ma penso che sia necessaria un’analisi trasparente dell’enorme costo che elucubrazioni di questo tipo possono significare». Pare di vedere la faccia di Bossi mentre blatera della “moneta padana”.

 

«Se la Francia perderà la sua tripla A anche altri Paesi subiranno un downgrade». E qui non si sono dubbi. L’avvertimento a “tenere in conto minore il rating” si giustifica dunque anche per questo tipo di preoccupazioni.

Attualmente «il rischio-paesi è sopravvalutato» dopo essere stato «sottovalutato per anni», dmostrando con i fatti che chi deve “valutare” (le agenzie di rating) agisce in realtà con criteri assai poco scientifici e – sempre più di frequente – geopolitici.

 

È «inevitabile» che «le misure di austerity creino contrazione a breve termine». Ma ha anche specificato che «fare progressi nella creazione dell’unione di bilancio» è uno dei mezzi per ridurre al minimo il periodo di contrazione dell’economia. Draghi ha poi affermato che «vogliamo attivare tutti i canali per far tornare la fiducia, ridurre gli spread ed il costo del credito». La contraddizione è evidente: l’austerità contrae produzione e consumi, allontanando il ritorno della “fiducia” (che non si fonda soltanto sulla “sanità dei conti pubblici”, ma anche e soprattutto sulle prospettive di sviluppo). Quindi per “l’attivazione” non restano molte strade.

La Bce, per esempio, «sta facendo del suo meglio per evitare un ‘credit crunch’ che potrebbe generarsi dalla mancanza di liquidità». Ma «i Trattati impediscono alla Bce di finanziare gli Stati ed ogni azione che violasse i Trattati avrebbe conseguenze negative». Il presidente della Bce Draghi poi ha chiuso ad un’evoluzione della Bce. «Il Trattato Ue vieta la finanza monetaria» e «personalmente ritengo che qualsiasi altra condotta» da parte della Bce in materia di prestiti «andrebbe a inficiare negativamente la credibilitá della nostra istituzione». Il governatore ha fatto chiaramente capire di essere contrario ad un ruolo di prestatore di ultima istanza da parte della banca centrale. «Non c’é un limite» all’acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario per favorire la trasmissione delle decisioni di politica monetaria. Tuttavia «il programma non é eterno e non è infinito».

E quindi?

«Le banche possono utilizzare i prestiti della Bce anche per acquistare bond degli Stati», aprendo così alla possibilità appoggiata dal presidente francese Sarkozy che ha incoraggiato gli istituti ad acquistare obbligazioni con i fondi a tre anni che la Bce ha messo a disposizione. Draghi finora è sempre stato contrario, sostenendo che i finanziamenti alle banche servono per garantire in ultima analisi i prestiti a imprese e famiglie.

Una banale partita di giro, in cui la Bce presta alle banche i soldi per comprare titoli dis tato. Un aiuto per le banche, comunque, perché possono sostenere il valore dei titoli stessi (e ridurre dunque le perdite) e anche incassare cedole e interessi.

Tutto qui, presidente?

 

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Intanto, quasi a depotenziare le sue parole, sono usciti i dati sulla quantità di acquisti dei titoli di stato da parte della Bce.

da Il Sole 24 Ore online

Settimana di acquisti di bond sovrani per la Bce. Negli ultimi sette giorni l’Eurotower ha messo sul piatto 3,36 miliardi di euro per calmierare rendimenti e spread sui debiti sovrani dell’Eurozona. Si tratta di un aumento rispetto ai 635 milioni utilizzati la settimana precedente. Gli ultimi sette giorni però sono stati segnati dal ritorno della tensione sui debiti sovrani. Rendimenti e spread sono tornati a risalire per la delusione generale dopo il vertice europeo che ha sancito la creazione dell’unione fiscale ma senza la Gran Bretagna.

Chi credeva poi che la Bce sarebbe intervenuta in maniera più decisa per contrastare la crisi dei debiti sovrani si è dovuto ricredere. All’ultimo direttivo Bce, il governatore Mario Draghi ha fatto chiaramente capire che gli acquisti di titoli non sono nè infiniti nè eterni. Una chiusura netta quindi ad una strategia “anglosassone” (La Fed e la BoE hanno varato consistenti piani di acquisto di titoli, di fatto monetizzando il debito e stampando denaro). Nessun bazooka per la Bce quindi.

La scelta di Draghi è stata diversa. Con una mossa senza precedenti la Bce infatti ha deciso di fornire liquidità pressoché illimitata al sistema bancario. In particolare è stato allungato il termine dei prestiti fino a un massimo di 36 mesi ed è stato ampliato il range dei collaterali (i titoli che le banche presentano in garanzia per ottenere i finanziamenti ndr.). Tra questi ci sono soprattutto debiti sovrani dell’Eurozona.

L’attesa è tutta per la prima delle due aste a tre anni che la Bce terrà il prossimo 21 dicembre. Nelle ultime sedute i rendimenti sui titoli dei paesi periferici sono in calo. Questo viene interpretato come un segnale che le banche stanno comprando titoli sul mercato secondario. Per farne che? Per utilizzarli come collaterali (garanzia) per ottenere prestiti dalla stessa Bce. La scommessa dell’Eurotower (anche se non apertamente confessata) è che con questi soldi le stesse banche tornino ad acquistare i debiti dell’eurozona facendo calare la pressione che da tempo pesa su questi ultimi.

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