Quando dunque sentiamo il governo parlare di “misure per la crescita” dobbiamo sapere che sta mentendo. Spudoratamente, come e peggio del suo impresentabile predecessore.
Tutte – nessuna esclusa – le misure in cantiere puntano soltanto a ridisegnare i rapporti interni tra le classi, gli strati sociali, le figure professionali, i “corpi intermedi” e le strutture di comando. Che vogliono operare indisturbate, al riparo da qualsiasi istanza “inferiore” (è inutile crogiolarsi con le retoriche “dal basso”; loro le vedono, e le trattano, proprio come “inferiori”).
Il “golpe gentile” gli consente per il momento di farlo. Il silenzio complice del Parlamento (tutto, nessuno escluso) facilita ilcompito. I peana della grande stampa (Repubblica, Corriere e Sole sembrano lo stesso giornale, colore a parte) cancellano quel che ribolle dentro la società. E la destra più infame ma “di strada” si precipita a conquistare postazioni, come in Sicilia, da cui guadagnare poi consensi per contrattare prebende al tavolo dei nuovi poteri. Servi. Violenti, magari, ma servi. Insomma: buttafuori conto terzi.
Qui c’è qundi prima di tutto da capire l’entità del sommovimento economico e sociale. Ma c’è contemporaneamente da muoversi subito. C’è uno sciopero generale venerdì 27 gennaio. Si tratta di renderlo il più grande e partecipato possibile.
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Un biennio nero, anzi nerissimo, per l’economia italiana nel quadro di una generale quasi stagnazione dell’economia globale per colpa soprattutto della crisi di Eurolandia. Il pessimismo questa volta ha una fonte autorevole: il Fondo Monetario Internazionale che martedì presenterà l’aggiornamento del Word economic outlook che – secondo indiscrzioni dell’Ansa – ha proceduto a una corposa revisione delle precedenti previsioni. Ovviamente in senso peggiorativo, in particolare per quanto riguarda l’Italia.
Gli economisti di Washington – alla testa dei quali c’è la francese Legarde – individuano nel febbrone dei paesi dell’euro il principale responsabile attuale della debolezza dell’economia globale. «La ripresa globale – scrivono – è minacciata dalle crescenti tensioni nell’area dell’euro», considerata come la «principale ragione» del deterioramento delle prospettive economiche. Di più: a minacciare la ripresa e a spingere molti paesi in recessione, contribuiscono diffuse« fragilità finanziarie».
L’economia italiana sarà in recessione sia nel 2012 che nel 2013. Secondo le stime del Fmi, il Pil subirà un calo del 2,2% quest’anno e dello 0,6% il prossimo. Rispetto alle precedenti previsioni (settembre 2011) si tratta di un taglio di 2,5 punti percentuali per il 2012 e di 1,1 punti per il 2013. Ma l’Italia non è sola nella crisi. Tanto che l’Fmi ha dovuto rivedere al ribasso tutte le previsioni. A partire da quelle dei paesi europei. Perché «ci si aspetta che l’economia dell’euro area finirà in una lieve recessione nel 2012». E spiegano: «l’area dell’euro andrà in una lieve recessione nel 2012 come risultato del rialzo dei redimenti dei titoli di Stato, degli effetti della diminuzione del credito all’economia reale e dell’impatto delle ulteriori misure di consolidamento fiscale». Tra i maggiori paesi, il Pil della Germania dovrebbe salire di appena lo 0,3% nel 2012 e dell’1,5% nel 2013, quello della Francia dello 0,2% e dell’1%, mentre per la Spagna – come per l’Italia – è atteso un biennio di recessione e il Pil diminuirà dell’1,7% nel 2012 e dello 0,3% il prossimo anno.
Per non far affondare l’economia di Eurolandia, l’Fmi chiede un forte impegno alla Banca centrale europea, sostenendo che «la politica monetaria dovrà essere molto accomodante, continuare a fornire liquidità ed essere pienamente impegnata a acquistare titoli per aiutare a mantenere fiducia nell’euro». Serve, insomma, «un’azione politica decisa e coerente». Poi aggiunge: «le preoccupazioni per le perdite del settore bancario e per la sostenibilità dei bilanci pubblici hanno ampliato gli spread sui titoli di stato per molti paesi dell’area euro, che hanno raggiunto livelli mai visti dall’avvio della Unione economica e monetaria». L’Fmi ricorda che la Bce è intervenuta con operazioni di rifinanziamento del mercato. Ma le condizioni del credito bancario si sono deteriorate lo stesso in diverse economie avanzate.
La crescita mondiale sarà di appena il 3,3% quest’anno e del 4% il prossimo, con una revisione al ribasso, rispettivamente, di 0,7 e 0,5 punti percentuali. Per tutta l’area della moneta unica, invece, è atteso un calo del Pil pari allo 0,5% nel 2012, con una revisione al ribasso di 1,6 punti percentuali. La crescita tornerà invece nel 2013, ma sarà di appena lo 0,8%.
La frenata non risparmierà peraltro neppure il gruppo degli emergenti, che negli ultimi tempi ha rappresentato il vero motore dell’economia globale, la cui crescita « rallenterà a causa del peggioramento dell’ambiente economico esterno e dell’indebolimento della domanda interna». I flussi di capitale verso i paesi emergenti, sottolinea ancora il Fondo Monetario, sono diminuiti drasticamente e i mercati valutari sono stati volatili
Come suggerimento complessivo, il Fondo ritiene che «la sfida politica principale è di ristabilire la fiducia e di mettere fine alla crisi dell’area euro sostenendo la crescita», garantendo al tempo stesso aggiustamenti di bilancio sostenibili, il contenimento della restrizione del credito bancario e fornendo più liquidità, grazie anche ad una politica monetaria più accomodante.
Nonostante il forte rallentamento globale della crescita, il prezzo del petrolio si manterrà elevato intorno ai 100 dollari al barile.
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Sul Bollettino è, invece, scritto che «le perduranti tensioni nei mercati finanziari continuano a frenare l’attività economica nell’area dell’euro». Tuttavia si avvertono « timidi segnali di una stabilizzazione dell’attività economica su livelli modesti». Secondo gli economisti dell’Eurotower, la crescita dell’Eurozona risulta frenata da alcuni fattori come «la moderata espansione della domanda mondiale e dal basso livello di fiducia di imprese e consumatori». Di più: la domanda interna sarà «probabilmente indebolita dalle tensioni sul debito sovrano e dal risanamento dei bilanci». Nonostante quieto scenario piuttosto incerto, la Bce si attende che «nel corso del 2012 l’attività economica dell’area dell’euro registri una ripresa, seppure molto graduale».
Certo, i dubbi non mancano: permangono «considerevoli rischi al ribasso per le prospettive economiche nell’area dell’euro» ed è « indispensabile» che a tutti gli elementi della nuova governance economica europea «sia data rigorosa attuazione». Nel documento c’è anche un invito ad «adoperarsi al massimo per la sostenibilità dei conti pubblici, correggendo i disavanzi eccessivi nel rispetto dei calendari concordati e realizzando infine un pareggio o un avanzo strutturale di bilancio nel medio termine».
Per la Bce, l’inflazione dell’eurozona «si manterrà probabilmente su livelli superiori al 2% per diversi mesi a venire, prima di scendere sotto tale valore». La crisi inizia a far sentire i suoi effetti sul mercato del lavoro dell’area euro. «Le condizioni nei mercati del lavoro – sottolinea la Bce nel suo bollettino mensile – si stanno deteriorando. La crescita dell’occupazione è divenuta negativa e il tasso di disoccupazione ha iniziato a salire leggermente. I dati delle indagini anticipano un ulteriore indebolimento». Nel terzo trimestre, rileva la Bce, «l’occupazione è diminuita dello 0,1% sul periodo precedente, dopo tre trimestri di crescita positiva». Al tempo stesso, però, le ore lavorate sono aumentate dello 0,1%. Insomma, con la crisi cresce lo sfruttamento di chi rimane al lavoro.
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