L’Italia “nell’età selvaggia, del ferro e del fuoco“. È così che viene descritto il Belpaese nel 59esimo rapporto Censis. Ma quel ferro e quel fuoco deriva da un modello sociale in crisi irreversibile, economica e culturale. È l’Italia selvaggia delle multinazionali che rapinano un popolo, e di un popolo per il quale l’unica alternativa presentata dalla classe dirigente è quella dell’economia di guerra.
Se per i ricercatori dell’istituto siamo entrati in un’era in cui la violenza prevale sul diritto, la responsabilità è tutta sulle spalle delle guerre condotte portando prove false e in barba alle opinioni del resto della comunità internazionale da parte degli imperialisti occidentali, dalla ex Jugoslavia alla rovinosa fuga dall’Afghanistan. Col culmine raggiunto nella copertura diplomatica e finanziaria del genocidio dei palestinesi.
Il dato economico più eclatante è il paradosso della produzione. Mentre l’industria italiana cala inesorabilmente da due anni e mezzo (-1,2% nei primi nove mesi del 2025), c’è un settore che registra un boom senza precedenti: le fabbriche di armamenti, che segnano un +31% rispetto all’anno scorso. È la fotografia di un’economia di guerra in tempo di pace apparente.
Per il Censis sembra quasi una manna dal cielo, ma l’istituto stesso ammette che è insufficiente a coprire il collasso industriale del paese. E deve poi ammettere anche un altro dato “il 66% ritiene che, se per riarmarsi l’Italia fosse obbligata a tagliare la spesa sociale, allora dovremmo rinunciare a rafforzare la difesa“. Nessun titolone per questo sondaggio.
Crollano i settori tradizionali del Made in Italy: il tessile perde l’11,8%, l’auto il 10,6%. Soffrono meccanica, metallurgia e farmaceutica. A tenere a galla il sistema restano solo l’alimentare e, appunto, la difesa. Ma anche l’alimentare potrebbe subire pesanti scossoni se le spinte protezionistiche ridurrano le opportunità di esportazione.
Intanto, la forbice sociale si allarga drammaticamente. Negli ultimi quattordici anni, la ricchezza reale delle famiglie è scesa dell’8,5%, ma il prezzo più alto lo ha pagato il ceto medio. Mentre il 5% delle famiglie più ricche detiene quasi la metà della ricchezza nazionale, una famiglia povera su due ha visto il proprio patrimonio ridursi di un quarto. Solo la fascia delle famiglie più ricche ha visto aumentare il proprio patrimonio, del 5,9%: è evidente come quello attuale sia un modello costruito sull’ingiustizia sociale.
Le retribuzioni reali del 2024 sono minori dell’8,7% rispetto al 2007. Il potere d’acquisto pro capite è crollato del 6,1%. Intanto, il carrello della spesa è aumentato del 23%, ma le quantità acquistate sono diminuite del 2,7%. Significa letteralmente mangiare meno perché non si hanno i soldi per pagare, così come non ci si cura perché le prestazioni sono troppo onerose.
In questo scenario, il welfare familiare è rimasto l’unico ammortizzatore sociale. I pensionati sono la cassaforte del Paese: il 61,8% dei “nonni” ha contribuito economicamente a spese ingenti per figli e nipoti (come l’acquisto della casa). I giovani riescono sempre meno a trovare un modo adeguato alla sopravvivenza per accedere al mondo del lavoro, e dunque aumentano gli inattivi e gli emigranti, come ha certificato recentemente anche il CNEL.
Su questo fallimento sistemico la propaganda della classe dirigente ha innestato una profonda percezione di insicurezza, utile solo a introdurre nuove misure lesive dei diritti a manifestare, con un duro attacco anche al diritto di sciopero. Non sorprende, dunque, che poi quasi un italiano su tre inizi a pensare che un regime autocratico sia più adatto della democrazia a competere in questo nuovo mondo.
Viviamo da tempo in democrature, in cui viene promossa la censura di qualsiasi contenuto non si allinei alla narrazione ufficiale, in cui è stato creato addirittura una sorta di “ministero della Verità” per trasformare in disinformazione ogni posizione critica verso le decisioni di Bruxelles.
Il Parlamento Europeo, che già non conta nulla, è stato scavalcato sulla votazione del SAFE, mentre pochi giorni fa Ursula von der Leyen ha invocato “poteri emergenziali” per usare gli assets russi a favore di Ucraina, nonostante la contrarietà di chi quegli assets li gestisce, società e governo belga. Tanto è bastato per trasformare il Belgio in un paese “putiniano”.
L’autocrazia è diventata la regola in UE, ed dunque difficile distinguere la nostra democratura da quelle che vengono etichettate come autocrazie. Gli italiani ne concludono che queste sono le forme di organizzazione politica che si addicono ai tempi, perché del resto non c’è nessuna “primazia morale” da parte degli imperialisti occidentali – ripetiamo, vedasi quel che hanno fatto in Palestina.
Se però non rimane che la guerra e la democratura, quel che si realizza negli occhi degli italiani è, però, la perdità di ogni prospettiva. Il 46,8% degli italiani (percentuale che sale al 55,8% tra i giovani) non vede alcun futuro di progresso. La reazione è il ripiegamento nel privato.
Ma in questa crisi sociale, economica ed egemonica, l’opportunità di ricostruire un’alternativa che sia in grado di fornire un orizzonte di senso collettivo nuovo, più giusto e pacifico, c’è. Lo abbiamo visto con la politicizzazione espressasi nelle immense mobilitazioni per la Palestina negli scorsi mesi. Questa alternativa bisogna perciò costruirla e organizzarla, quartiere per quartiere.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa