Il testo completo, in inglese.
Merkel ha dettato le regoleGalapagos
Un preambolo, 6 titoli, 16 articoli e in calce solo 25 firme: oltre alla Gran Bretagna anche la Repubblica Ceca ha deciso di non firmare il nuovo «Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria». È stato un lungo travaglio quello di lunedì sera a Bruxelles dove erano riuniti i 27 capi di stato e di governo della Uem. Ma la data della nascita del nuovo Trattato è ancora avvolta nel mistero: teoricamente dovrebbe entrare in vigore il primo gennaio del 2013 (articolo 14) purché 12 paesi lo ratifichino entro quella data. Non sarà facile e c’è il rischio che nasca una Europa a due velocità. Nel vertice di Bruxelles oltre al nuovo trattato che impone una ferrea disciplina di bilancio ai paesi dell’Eurozona, è stato anche approvato un vago piano per la crescita e l’occupazione, con misure per promuovere il lavoro dei giovani. Ma la Svezia non l’ha sottoscritto perché sulla questione deve prima pronunciarsi il proprio parlamento nazionale. Inoltre è stato dato il via libera alla nascita del fondo salva-stati permanente Esm, che dal primo luglio sostituirà quello provvisorio Efsf, rinviando però al vertice del primo di marzo la decisione sulle risorse (500 miliardi, come vorrebbe la Germania, o almeno 750 come chiedono altri paesi, Italia inclusa, la Commissione e il Fmi).
La firma finale del Trattato è slittata per parecchie ore a causa di una controversia tra Francia e Polonia (appoggiata da altri paesi dell’Europa dell’Est) sulla partecipazione degli stati non membri dell’euro ai vertici dell’Eurogruppo. Il compromesso finale è stato che i 17 paesi dell’euro potranno riunirsi da soli almeno due volte all’anno, ma almeno una volta all’anno (e tutte le volte che si discuteranno argomenti legati all’«architettura» istituzionale) dovranno aprirsi agli altri Stati membri. Il cuore del nuovo Trattato è pareggio di bilancio che di fatto diventa una «regola d’oro» per i 25 paesi firmatari che si sono impegnati a inserire l’obbligo dell’equilibrio dei conti nelle Costituzioni nazionali o in leggi equivalenti e si sono impegnati a fare scattare sanzioni semi-automatiche in caso di violazione. L’articolo 3 stabilisce che i bilanci dovranno normalmente essere in pareggio o in surplus e al massimo potranno presentare un deficit non superiore allo 0,5% del Pil, cioè molto al di sotto di quanto fissato dagli accordi di Maastricht che prevedevano un deficit annuale inferiore al 3%. Ovviamente sono previste eccezioni per eventi straordinari come ad esempio le crisi economiche. Sarà la Corte di giustizia Ue a vegliare sulla corretta trasposizione di questa norma. In caso di mancato rispetto potranno essere imposte multe pari allo 0,1% del Pil e se il deficit di un Paese superi la soglia del 3%, scatteranno sanzioni semiautomatiche. Gli altri Stati si impegnano infatti ad approvare le raccomandazioni della Commissione Ue, che potranno essere bloccate solo con un voto a maggioranza qualificata rovesciata.
Altro punto importante è quello che riguarda il rapporto debito/Pil. Viene confermato il tetto massimo del 60% previsto dal Trattato di Maastricht, ma i paesi con un debito superiore al 60% del Pil devono varare piani di rientro pari a 1/20 l’anno. In altre parole l’Italia il cui debito è il 120% del Pil dovrebbe in 20 anni ridurlo al 60% e questo significa che ogni anno il debito nei confronti del Pil dovrebbe scendere di almeno 3 punti che significano circa 40 miliardi di euro l’anno in cifra assoluta. L’Italia, però, ha ottenuto (e Monti si è detto molto felice) che vengano considerati dei fattori attenuanti già previsti dal six-pack, il pacchetto di disposizioni sulla nuova governance economica. Ovvero, verrà effettuata una valutazione complessiva dell’andamento del ciclo economico e dei «fattori rilevanti», tra i quali dovrà essere considerato anche il risparmio privato che in Italia è – nei confronti di tutti gli altri paesi – molto alto.
Le nuove regole, cioè il Fiscal compact, saranno strettamente collegato con il Trattato istitutivo dell’Esm, il fondo salvastati permanente, la cui entrata in funzione sarà anticipata a luglio di quest’anno. Potranno, precisa il preambolo, fare ricorso all’assistenza finanziaria dell’Esm solo quei Paesi dell’eurozona che avranno ratificato il nuovo Patto di bilancio. Draghi ha dichiarato che l’accordo rafforza la fiducia nella zona euro e la Bce «accoglie con favore l’adozione del trattato fiscal compact che rappresenta un primo passo verso un’unione fiscale e che certamente rafforzerà la fiducia nella zona dell’euro» e anche «l’applicazione del Fondo Esm entro luglio». Per Monti, invece, è stato un vertice «fruttuoso che ha concluso una pagina importante della storia europea con il trattato sul fiscal compact» e ha aperto una pagina altrettanto importante su crescita e occupazione». SuperMario ha sottolineato inoltre che la conclusione del vertice «è sulla linea che il Parlamento e il governo italiano auspicavano e che non ci sono ulteriori aggravi sul fronte del rigore per quanto concerne il debito».da “il manifesto”
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa