L’accordo firmato dal governo Tsipras è una vera e propria capitolazione che decreta la potenziale fine della Grecia come paese sovrano e democratico, sancisce il principio per cui istituzioni antidemocratiche e non votate da nessuno come quelle che fanno capo alla cosiddetta “Troika” (Fondo Monetario-Ue-Banca Centrale) e l’ “Eurogruppo”, (di fatto un organismo fantasma che non lascia neppure verbali), possano decidere della vita e della morte di un intero popolo e dettare legge sui suoi bisogni fondamentali ignorando bellamente risultati elettorali e referendari.
Di fronte allo scempio che è stato fatto del popolo greco e alla capitolazione della componente maggioritaria del partito Syriza l’indipendentismo sardo deve a nostro avviso prendere una posizione chiara e netta che rompa con le ambiguità del passato e con le pregresse dichiarazioni europeiste di diverse formazioni politiche nazionali sarde. Dobbiamo, insomma, chiarire la nostra collocazione internazionale: dall’aggressione imperialista in Ucraina mediante il sostegno europeo ad un governo golpista e filonazista, alla guerra economica contro il popolo greco, al sostegno alle milizie jihadiste e terroriste al fine di destabilizzare la sovranità politica e l’autodeterminazione economica di ogni Stato non corrispondente ai dettami dell’imperialismo occidentale e degli interessi geostrategici della NATO.
È necessario aprire un dibattito franco ed urgente all’interno del mondo indipendentista su alcune questioni di fondo di massima urgenza che stanno andando a costituire i presupposti materiali di una crisi politica, economica e militare internazionale di straordinaria importanza aprendo una scenario di guerre economica e guerra guerreggiata che non può e non deve lasciarci indifferenti o ignavi, tanto più considerando la condizione di occupazione militare della nostra Nazione da parte del blocco atlantico.
La lista della spesa decisa dalle oligarchie della UE a cui il governo Tsipras ha sacrificato la democrazia e la sovranità del suo Paese è un ultimatum di guerra (48 ore di tempo per approvare in bianco una nuova agenda economica reazionaria) che ricorda da vicino l’arroganza con cui l’Impero asburgico intimò alla Serbia nel 1914 di piegarsi senza condizioni e di rinunciare alla sua sovranità.
1. Riforma dell’IVA e fiscale: vengono in pratica cancellate le agevolazioni agli agricoltori e gli sgravi fiscali agli operatori turistici, anche delle isole minori più difficilmente raggiungibili. Inoltre sale l’Iva anche su alcuni prodotti di prima necessità. Ovviamente il gettito fiscale recuperato non andrà alla collettività, sarà bensì destinato a ripagare gli interessi del “debito” con i creditori.
2. L’età pensionabile viene alzata a 67 anni, i prepensionamenti aboliti e le pensioni minime (bassissime) non saranno più integrate da sussidi pubblici, uno scenario realmente tragico in una nazione che conta 1/3 del popolo sotto la soglia di povertà.
3. I “Fiscal Council” sono a tutti gli effetti dei commissari che esautorano il governo greco in materia fiscale. In materia di “Patto di stabilità” questi organismi direttamente dipendenti dalla Troika possono introdurre tagli automatici funzionando come un meccanismo indipendente dalla sovranità e democrazia del paese, favorendo un aggiustamento strutturale di impronta neo-liberista.
4. Cancellazione di alcune tutele sul lavoro e del divieto di licenziamenti collettivi. La linea ultraliberista oramai sposata in pieno anche dalle vecchie sinistre europee (SPD tedesca, Socialisti francesi e cosiddetto “centrosinistra” italiano) viene applicata cinicamente ai lavoratori greci. Vengono cancellate le contrattazioni collettive e i licenziamenti vengono facilitati sul modello del Jobs Act italiano di matrice statunitense.
5. Privatizzazioni. Viene istituito un “fondo indipendente” che in pratica sancisce l’esproprio dei beni pubblici greci ipotecandoli a “garanzia” dei prestiti ricevuti dal terzo piano di “aiuti” previsto. Ovviamente la metà di questi fondi andrà a finire nel buco nero delle banche e dei “creditori” (25 miliardi), un quarto andrà a ripagare i debiti e soltanto il restante quarto sarà utilizzato per la crescita economica del Paese. In pratica 3 beni pubblici su quattro ipotecati finiranno nella disponibilità di banche private, FMI, BCE.
6. La Troika torna ad insediarsi ad Atene. La linea del governo Tsipras era stata quella della non trattativa con gli organismi antidemocratici della Troika. Ora Tsipras si impegna a riconoscere tali “istituzioni”. Vale a dire un ulteriore commissariamento politico, oltreché fiscale.
7. Rimane almeno fino al 2016 la odiata e contestata tassa sugli immobili che ha mandato sul lastrico finora centinaia di migliaia di greci.
Da questo diktat si evince chiaramente la natura predatrice e neoliberista dell’assetto che si va delineando in Unione Europea. Addirittura la UE a trazione tedesca, industriale, finanziaria e politica, ha espresso posizioni ancora più oltranziste e reazionarie, (vedi quelle propugnate dal ministro delle finanze tedesco Schäuble), che hanno suscitato l’opposizione non solo del fragile governo greco, ma anche di personaggi che sicuramente non rientrano in un’area politica progressista. Parliamo di Mario Draghi – forse perché questo intuisce che il prossimo Stato a tensione finanziaria e sociale da mettere nel mirino possa essere l’Italia – ma anche di Christine Lagarde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, che ha reputato insostenibile qualsiasi “piano europeo” che non preveda, oltre alle “riforme”, un taglio consistente al debito gravante sullo Stato greco. Una posizione adottata probabilmente sulla base delle preoccupazioni statunitensi che eventuali eccessi tedeschi possano costringere Atene a cercare una sponda a Mosca e Pechino, oltre le preoccupazioni di Parigi che comprende come l’intransigenza di Berlino sia in realtà rivolta al partner francese.
In pratica si impone un diktat di misure – è il caso di dirlo – draconiane ad un popolo in cambio di una ulteriore ondata di prestiti che non fanno altro che legare ancora di più la Grecia all’oligarchia della UE. Sul taglio del debito invece nulla di preciso, ma solo vaque promesse sulla possibile ma imprecisata «riconsiderazione di possibili misure addizionali per assicurare la sostenibilità» che in pratica si concretizza in un possibile allungamento del periodo in cui non si pagano gli interessi sul debito. Esclusa a priori invece la ristrutturazione nominale del debito stesso.
Il Fronte Indipendentita Unidu esprime a nome del Popolo Sardo solidarietà internazionalista al Popolo Greco che sta subendo una vera e propria azione di guerra economica e psicologica da parte degli oligarchi e delle “istituzioni” della Troika, completamente fuori controllo anche dai consueti meccanismi della democrazia borghese e rappresentativa, cioè dei principi di democrazia liberale e di sovranità statale affermatesi in epoca moderna.
Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene che i lavoratori greci non siano debitori verso nessuno e che il meccanismo del debito e conseguentemente tutti i meccanismi ad esso collegati, come ad esempio il “patto di stabilità e crescita europeo”, debbano essere ripudiati e cancellati. Come è possibile che la Grecia venga saccheggiata a causa di prestiti di cui la maggior parte dei cittadini greci non ha alcuna responsabilità e benefici?
Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene necessario aprire gli occhi al Popolo Sardo sulla vera natura antidemocratica e usuraria dell’ Unione Europea. La UE al di là della propaganda messa in campo, nel corso degli ultimi quindici anni ha solo rafforzato la propria posizione di tutela delle classi dominanti e del Capitale transnazionale, tutto a discapito dei disoccupati, dei pensionati, degli studenti, dei lavoratori e dei popoli, sia quelli rappresentanti da uno stato (come appunto quello greco), sia quelli senza uno stato (catalani, baschi, corsi, sardi, ecc.). La UE è stata inoltre il contenitore economico entro il quale scaricare migliaia di miliardi di titoli tossici (sub-prime), naturale risvolto dell’imperialismo finanziario USA e fattore determinate dell’attuale recessione europea.
Il Fronte Indipendentista Unidu ritiene che le misure di “austerity” messe in campo contro il Popolo Greco non siano né evitabili, né riformabili, né emendabili o in alcun modo correggibili, ma costituiscano la struttura stessa dell’edificio oligarchico europeo. In altri termini, a queste condizioni, non è praticabile nemmeno un minimo progetto riformista capace di cambiare i rapporti di forza interni alla Ue, dal momento che i suoi trattati e le sue decisioni di vertice prevedono meccanismi coercitivi alieni rispetto alla volontà popolare e classisti nella misura in cui le disuguaglianze interne ai singoli stati membri e tra gli stati membri stessi sono in netta crescita. Lo stesso ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis, in una ormai famosa intervista sul giornale britannico New Statesman, ha ben chiarito i meccanismi antidemocratici su cui si regge l’oligarchia finanziaria UE: «Schäuble è stato coerente in tutto. La sua visione era “Non sto discutendo il programma – Questo è stato accettato dal governo precedente e che non si può assolutamente permettere ad un’elezione di cambiare nulla. Perché abbiamo elezioni ogni giorno, siamo in 19, se ogni volta che c’è una elezione e qualcosa è cambiato, i contratti tra noi non significherebbero nulla”. A quel punto ho dovuto alzarmi e dire: “Beh forse dovremmo semplicemente non tenere più elezioni nei paesi indebitati”, e non ci fu risposta. L’unica interpretazione che posso dare [della loro visione] è “Sì, sarebbe una buona idea, ma sarebbe difficile da fare. Quindi, o si firma sulla linea tratteggiata o sei fuori”».
L’aspetto economicamente più rilevante a livello strutturale è che alla Germania in particolar modo non conviene una “Grecia sana e virtuosa”, un paese prospero (vedi costosissime forniture militari accordate nel 2011 in cambio di un analogo piano di copertura e “riforme”) perché in quel modo questo non sarebbe manovrabile secondo la propria politica industriale a regime neoliberista. Ad esempio, una delle proposte di Varoufakis maggiormente osteggiate dalla Troika era quella della redistribuzione della ricchezza in Grecia attraverso tassazioni fortemente progressive sui grandi capitali. Quello in atto in Grecia non è un’ondata speculativa legata ad un singolo bene strategico, bensì un vero e proprio aggiustamento strutturale neoliberista che di fatto ha già portato un terzo dei greci – oltre tre milioni di esseri umani – in condizioni di povertà. Di fronte all’enormità di questa situazione, affermare semplicisticamente che “anche i greci hanno responsabilità” significa non comprendere i meccanismi congeniti che regolano le scelte delle organizzazioni finanziarie creditrici, degli apparati industriali e delle rispettive rappresentanze politiche per le quali le manovre di redistribuzione della ricchezza da classi èlitarie a ceti popolari sono inaccettabili, in quanto ostacolano le preferenze degli investitori internazionali nella locazione del capitale, nei rapporti di produzione e negli obiettivi sociali perseguiti.
La totale contiguità al colonialismo economico e finanziario della UE dei vecchi quadri dirigenti delle (ormai ex) socialdemocrazie europee e di ciò che resta dei vecchi “partiti comunisti” ci fanno capire che la sinistra che non denuncia la vera natura antidemocratica, guerrafondaia e antipopolare della UE e più in generale del blocco NATO non può tecnicamente essere definita né “sinistra” né “progressista”. Nei fatti si tratta solo di stampelle dei meccanismi cinici e freddi della reazione economica e politica dell’eurozona.
Fin dagli anni Sessanta uno dei fondatori dell’indipendentismo moderno Antoni Simon Mossa denunciò la radice autoritaria e verticistica del processo di “unificazione europea”:
«L’etichetta di “Supernazione” data alla Comunità Europea non può ingannare nessuno, se non coloro che amano le belle parole e credono di toccare così gli obiettivi di una internazionale da decenni vagheggiata. In sostanza si tratta di un’arida operazione di concentrazione di potere, di un vertice che farà il bello e il cattivo tempo in tutta l’area […] Tale sistema verticalistico instaurato dalla Comunità Europea consente il controllo della produzione, del mercato e della ricerca delle risorse a un piccolo gruppo di operatori concentrati al vertici, e instaurare la forma più pesante e più organizzata di colonialismo ad oggi conosciuta, perché non soltanto annulla la libertà dei popoli, ma la toglie a quelli che, come i francesi, l’avevano acquistata con una lunga lotta secolare»
Riteniamo che l’intero Movimento di Liberazione Nazionale Sardo debba ritornare alla genesi di queste lucide e profetiche parole e chiarire la sua azione di contrasto allo stritolamento che la Troika sta compiendo verso i popoli e i lavoratori d’Europa. I movimenti per l’emancipazione nazionale e sociale non possono più coltivare le false illusioni dell’europeismo e debbono collaborare al fine di costruire – nei propri Paesi – delle repubbliche democratiche, sovrane, progressiste e quindi alternative all’Unione Europea ed agli Stati-nazione.
Pertanto il Fronte Indipendentista Unidu nei prossimi mesi si impegna a prendere contatti con tutte quelle realtà europee che chiaramente e senza zone di ambiguità abbiano una posizione di netto contrasto alle politiche ultra liberiste della UE e che pongano a base della propria politica almeno quattro punti fondamentali:
1) Uscita dalla UE e dall’eurozona e moratoria del debito [la UE è irriformabile e va smantellata. I sogni di federalismo europeo e di pacifica convivenza dei popoli enunciati per esempio nel “Manifesto di Ventotène” esprimono valori positivi e auspicabili che non hanno però nulla a che fare con la realtà di una unione di oligarchie finanziarie e militari che strangolano la prosperità delle masse lavoratrici e dei popoli europei]
2) Uscita dalla NATO [la NATO è stata fondata come alleanza difensiva in vista di una possibile invasione da parte dell’Unione Sovietica, ma questa alleanza militare è invece sempre intervenuta in guerre di aggressione imperialista e si esprime nell’attuale insostenibile militarizzazione europea che priva notevoli risorse ai servizi primari e alle politiche sociali e culturali. Non riteniamo che la NATO sia compatibile con i valori di coesistenza pacifica e di collaborazione paritetica tra popoli che auspichiamo per cui siamo favorevoli al suo scioglimento e in ogni caso riteniamo che tutti i popoli liberi non ne possano essere complici pedine].
3) Riconoscimento del diritto delle nazioni senza stato alla loro autodeterminazione. [La UE è una unione di stati e oligarchie finanziarie, non di popoli liberi. Molti stati europei infatti reprimono le minoranze nazionali, negano loro fondamentali diritti civili come l’utilizzo della propria lingua e ne utilizzano i territori come basi neo-coloniali, soprattutto di carattere militare, energetico e fiscale. Il riconoscimento del diritto dei popoli senza stato ad esercitare il diritto all’autodeterminazione nazionale è un fattore fondamentale di straordinaria dirompenza democratica e sociale che mette de facto in crisi le fondamenta stesse che reggono la UE e il blocco NATO].
4) Radicale revisione di tutte le politiche ultraliberiste in materia di lavoro, servizi, fiscalità e coercizione militare. [I governi della UE hanno varato misure gravemente antipopolari che hanno cancellato le principali conquiste economiche e politiche del movimento operaio e contadino del Novecento. La cabina di regia di questa reazione risiede nelle centrali economiche e politiche delle oligarchie finanziarie che comunemente chiamiamo Troika. Cancellare integralmente queste politiche economiche significa affossare le oligarchie e mandare in cortocircuito la ragion d’essere della stessa UE, aprendo una via di progresso sociale e pace].
Su questa base il Fronte Indipendentista Unidu si dichiara disponibile a partecipare alla costruzione di una alleanza internazionale realmente progressista, anticolonialista e democratica avversa al blocco UE/NATO, assumendosi l’impegno fin da ora di lavorare sul terreno di scontro della lotta anticoloniale del nostro Paese, in particolare a contrastare con ogni mezzo necessario l’occupazione militare delle basi italiane e NATO che risultano attualmente indispensabili strategiche all’imperialismo e al colonialismo occidentale.
Fronte Indipendentista Unidu
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