A marzo 2012 gli occupati sono risultati 22milioni e 947mila, in diminuzione dello 0,2% rispetto a febbraio (-35 mila unità) e dello 0,4% rispetto a marzo 2011 (-88 mila unità). Il risultato, spiega l’Istat, è determinato quasi esclusivamente dal calo dell’occupazione maschile.
Il tasso di occupazione (la gente in età da lavoro che effettivamente svolge un’attività retribuita) è pari solo al 57,0%, in diminuzione nel confronto congiunturale di 0,1 punti percentuali e di 0,2 punti in termini tendenziali (annuali).
Il numero dei disoccupati è salito a 2milioni 506 mila, in aumento del 2,7% rispetto a febbraio (66 mila unità). Su base annua si registra invece una crescita addirittura del 23,4% (476 mila unità). L’allargamento dell’area della disoccupazione riguarda in questo caso sia gli uomini sia le donne.
Il tasso ufficiale di disoccupazione si attesta perciò al 9,8%, in aumento di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali (mensili) e di 1,7 punti rispetto all’anno precedente.
Ma il dato più drammatico riguarda l’occupazione giovanile, massacrata dalla precarietà da una folle “riforma delle pensioni” che sta bloccando il turnover generazionale sui posti di lavoro. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni è infattti pari al 35,9%, in aumento di 2 punti percentuali rispetto a febbraio.
Per le contraddizioni solo formali della statistica, gli “inattivi” tra i 15 e i 64 anni nonostante tutto diminuiscono dello 0,3% (-40 mila unità) rispetto al mese precedente. E’ l’effetto del pensionamento: ci sono molti più anziani che escono dall’età lavorativa (15-64 anni) di quanti giovani vi entrino. Quindi, anche se la disoccupazione aumenta, gli “inattivi” diminuiscono. Ovviamente non si tratta di una diminuzione “positiva”.
I dati completi sull’occupazione:
Occupati e disoccupati mensili – 03_mag_2012 – Serie storiche.zip110.34 KB
Per quanto riguarda i prezzi, invece, l’inflazione acquisita (il cosiddetto “effetto trascinamento” derivante dall’inflazione registarta nel 2011) per il 2012 è pari al 2,7%.
L’inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, resta invece al 2,3%. Ma è cgiaro che proprio quelle due voci sono tra le più “dinamiche” e soprattutto importanti per quella stragrande maggioranza della popolazione che già vive con un reddito al limite della pura sopravvivenza.
Al netto dei soli beni energetici, a conferma, il tasso di crescita tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo resta stazionario al 2,2%.
La stabilizzazione dell’inflazione – spiega l’Istat – è il risultato della stazionarietà (al 4,2%) del tasso di crescita tendenziale dei prezzi dei beni, accompagnato da un lieve rallentamento di quello dei servizi (2,2% dal 2,3% del mese precedente).
Nel mese di aprile i più rilevanti effetti di sostegno alla dinamica dei prezzi vanno imputati ai beni energetici regolamentati e non regolamentati (rispettivamente +2,2% e +2,0%). Impatti significativi derivano, inoltre, dagli aumenti su base mensile dei prezzi dei Servizi relativi ai Trasporti (+1,3%) e dei Ricreativi, culturali e per la cura della persona (+1,2%).
I prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza – il cosiddetto “carrello della spesa”, l’indice più importante per la popolazione con reddito medio-basso – registrano un aumento su base mensile dello 0,4% e il tasso di crescita tendenziale sale al 4,7% dal 4,6% di marzo. Per effetto soprattutto dei rialzi congiunturali dei beni energetici regolamentati (energia elettrica e gas), i prezzi dei prodotti a media frequenza d’acquisto subiscono forti rincari (+0,9%) e crescono su base annua del 2,9%.
Prezzi al consumo provvisori – 30_apr_2012 – Testo integrale.pdf345.81 KB
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