Il downgrade riguarda sia lo European stabilty mechanism (Esm) sia lo European financial stability facility (Efsf), la cui valutazione scende da Aaa ad Aa1. Con l’outlook – vale a dire le prospettive – che in entrambi i casi resta negativo, col rischio di un nuovo declassamento in futuro.
La reazione da parte dell’Europa non sembra al fulicotone: «Quella di Moody’s è una decisione difficile da capire», afferma Klaus Regling, numero uno del fondo salva stati. Ma la mossa era in realtà attesa, dopo lo storico downgrade della Francia, anch’essa privata della tripla A. La stessa agenzia internazionale aveva ammonito su un «effetto Parigi» che si sarebbe potuto abbattere su Esm ed Efsf, di cui i francesi sono i principali contributori insieme alla Germania.
Del resto – spiegano ora gli analisti di Moody’s – il declassamento della Francia riflette la convinzione dell’agenzia che ci troviamo di fronte a una «diminuzione delle certezze» per quel che riguarda il rispetto degli impegni finanziari assunti dagli Stati, tra cui quello di garantire i meccanismi di stabilità messi in piedi per venire incontro ai Paesi in difficoltà dell’Eurozona. E – avverte l’agenzia – nello scenario pur «improbabile» che Parigi non riesca a far fronte ai suoi obblighi sul fronte del finanziamento dell’Esm e dell’Efsf, «c’è una ragionevole possibilità che altri Paesi senza la ‘tripla A’ seguano la stessa strada».
Per Moody’s, quindi, ci sono dei «rischi» inevitabilmente legati all’evoluzione della crisi dei debiti sovrani nel Vecchio Continente. E come risultato di questi rischi – si sottolinea – il rating dei due fondi salva-Stati non può che essere allineato a quello dei loro principali contributori. Una decisione che viene definita «coerente» con la situazione europea.
Con l’outlook negativo – ricorda l’agenzia – che riguarda anche la Germania, l’Olanda e la stessa Francia. L’agenzia spiega comunque come il rating di Esm ed Efsf resti «estremamente elevato». Questo per la «bassa capacità finanziaria» (prestiti fino a 500 miliardi di euro) e per la capacità di credito dei loro membri che resta importante, seppur deteriorata negli ultimi tempi.
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