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L’unica “crescita” è quella dei disoccupati

Il rapporto Istat completo: Le serie storiche (formato Excel): xls201210_serie_storiche.xls192 KB

A ottobre 2012 gli occupati sono 22 milioni 930 mila, sostanzialmente stabili rispetto a settembre. Su base annua, invece, si registra un calo dello 0,2% (-45 mila unità). Va sottolineato con forza che questa “tenuta” è da attribuire soltanto all’esistenza della cassa integrazione. La quale, oltre a garantire un reddito comunque ridotto, formalmente “conserva” il posto di lavoro. Per cui un cassintegrato non è ufficialmente un disoccupato fin quando non interviene il licenziamento vero e proprio, con la messa in “mobilità”.
Il tasso di occupazione è pari al 56,9%, in aumento di 0,1 punti percentuali nel confronto congiunturale, invariato rispetto a dodici mesi prima. Anche in questo caso, per capire le dinamiche statistiche, altrimenti ingannevoli, bisogna ricordare che il numero di anziani che lascia il lavoro è in genere molto più alto di quello dei giovani che arrivano all'”età lavorativa”. Questo fa sì che il “tasso di occupazione” (la percentuale degli occupati fra quanti sono in età da lavoro) risulti stabile aanche se gli occupati diminuiscono in termini assoluti.

Il numero di disoccupati, pari a 2 milioni 870 mila, aumenta del 3,3% rispetto a settembre (+93 mila unità). La crescita della disoccupazione riguarda sia la componente maschile sia quella femminile. Su base annua si registra una crescita del 28,9% (+644 mila unità). e’ questo il dato che non subisce “distorsioni” statistiche in nessun caso. Il numero assoluto di senza lavoro è in aumento verticale, dunque; a un ritmo insostenibile e per cui non si prevede inversione di tendenza.

Il tasso di disoccupazione si attesta quindi all’11,1%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto a settembre e di ben 2,3 punti nei dodici mesi. Un dato, ricordiamo, che non comprende (non può neppure farlo, secondo le regole Eurostat valide per tutte le rilevazioni europee) né i cassintegrati, né i precari (che anzi sono considerati “occupati” a tutti gli effetti), né i cosiddetti “scoraggiati” che il lavoro hanno smesso pure di cercarlo.

Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni, infine, diminuisce dello 0,7% rispetto al mese precedente (-95 mila unità). Il tasso di inattività si attesta al 36,0%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 1,5 punti su base annua. Vale la notazione fatta prima: se (per ragioni banalmente anagrafiche) escono dall’età lavorativa – per esempio – 200.000 anziani e diventano “potenzialmente attivi” 100.000 ragazzi, la percentuale di “inattivi” diminuisce.
Tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 639 mila e rappresentano il 10,6% della popolazione in questa fascia d’età. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero l’incidenza dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 36,5%, in aumento di 0,6 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 5,8 punti nel confronto tendenziale. Sono dati pesanti, perché dicono chiaramente che gli ultimi governi hanno sempre mentito spudoratamente quando toglievano diritti ai “garantiti” in nome dell'”occupazione giovanile”. Hanno bastonato sanguinosamente i padri e tengono disoccupati i figli:  questa è la verità, anche statistica.

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