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Krugman: “l’austerità non può funzionare”

Quasi non ci sembra il caso di commentare. Certo, Krugman critica dal punto di vista keynesiano, ma non è questo il punto. Perché – pur sapendo tutta l'”accademia” che questa “ricetta”, sostenuta a palle incatenate per tre anni su tutti i media mainstream, non sta in piedi dal punto di vista pratico – è stata comunque imposta? Perché Bersani, MOnti, Casini, Montezemolo e frattaglie reazionarie varie insistono con l'”agenda Monti”?
Ci viene in mente lo stesso Krugman, quando, nel 1991, mentre l’euro veniva progettato, se ne uscì con un parola impronunciabile ma illuminante: “meridionalizzazione dell’Europa”.
Come per l’unità d’Italia, quando la fusione tra regioni diverse venne pilotata secondo gli interessi immediati di quelle più forti (politicamente e militarmente, in quel caso, non  ancora economicamente) e trasformò il Sud del paese in un deserto industriale.
E’ da allora che ci trasciniamo dietro una “questione meridionale”. Ora la si sta riproducendo su scala continentale. Bel progetto… davvero “equo”.

Krugman sul Nyt: Europa salassata, roba da Medioevo: l’austerità non funziona e l’Italia di Monti lo dimostra

L’austerità non funziona e la partenza anticipata di Mario Monti ne è l’ennesima prova. Nel suo blog sul New York Times, l’economista Paul Krugman porta avanti la sua crociata contro la linea europea che lui considera tutta sacrifici e niente crescita. Sotto il titolo “Bleeding Europe”, il popolare opinionista parla di un’Europa sanguinante, salassata inutilmente come i malati nel Medioevo, curati con salassi che li facevano ammalare ancora di più.

L’Europa “mi ha sorpreso” con la sua resilienza politica, esordisce Krugman, ricordando le “pene apparentemente senza fine “ che i Paesi debitori sono disposti a sopportare e “l’abilità della Bce a fare appena quanto basta, all’ultimissimo minuto”, per calmare i mercati quando la situazione finanziaria sembra sul punto di esplodere.

Ma l’economia dell’austerità ha seguito “il copione Keynesiano”: “Ripetutamente i tecnocrati ‘responsabili” inducono le loro nazioni ad accettare l’amara medicina dell’austerità; e ripetutamente non riescono a ottenere risultati”, osserva Krugman.

Il premio Nobel per l’Economia cita il caso dell’Italia, dove Mario Monti “un brav’uomo, profondamente sincero”, se ne va in anticipo, “sostanzialmente perché le sue politiche stanno consegnando l’Italia alla depressione”. Questo significa, aggiunge l’economista, che l’Italia non avrà tutto quanto Monti (ovvero il “full Monti”, gioco di parole con l’espressione inglese “full monty”).

La risposta degli eurocrati – continua Krugman – è di mantenere la rotta. “Prima o poi funzionerà – la fatina della fiducia arriverà”, ironizza. “L’Europa sta diventando il continente dove i tempi felici sono sempre dietro l’angolo”.

La conclusione è davvero poco lusinghiera per i policymaker europei: “E’ proprio come la medicina medievale: salassavano i pazienti per curare i loro malanni, e quando il sanguinamento li faceva star peggio, li salassavano ancora di più”.

Ecco il testo di Krugmann
L’Europa sanguinante. Articolo di Paul Krugman sul suo blog [inglese]


Ho sempre rispettato Mr. Monti come commissario europeo e saggio osservatore degli affari europei, ma sono più scettico circa la sua performance come capo del governo in Italia. L’adulazione acritica di cui a volte ha goduto era basata sull’idea che si potessero risolvere i problemi dell’Italia mettendo da parte la politica, imponendo alcune riforme e molta austerità. In Italia vi era consenso sul fatto che solo un governo tecnocratico avrebbe potuto consegnare questo tipo di politiche.

La magia Monti è sembrata funzionare per un po’ – molto più a lungo di quanto mi aspettassi. I rendimenti sui titoli italiani a 10 anni sono scesi a circa 200 punti base durante il suo mandato, perché gli investitori, alla disperata ricerca di buone notizie, volevano credere alla magia.

Ma l’anno di Monti è stato una bolla, buona per gli investitori finché è durata, ma che ora si è sgonfiata. E probabilmente gli italiani e gli investitori stranieri non ci metteranno molto a capire che ben poco è cambiato nel corso dell’ultimo anno, ad eccezione del fatto che l’economia è caduta in una profonda depressione.

Ora ci sono due cose che devono essere sistemate in Italia, entrambe profondamente politiche e oltre la portata dei tecnocrati

La prima è quella di invertire immediatamente l’austerità – essenzialmente smantellare il lavoro di Monti. Gli aumenti delle tasse e i tagli alla spesa hanno un effetto controproducente. Riducendo sia il debito che la crescita, il rapporto debito-PIL nel breve periodo è aumentato, e dubito che nel lungo si ridurrà di molto. Il peggioramento nella sostenibilità del debito pubblico Italiano diventerà molto più chiaro il prossimo anno, quando avremo più dati statistici sugli effetti calamitosi dell’austerità.

Gli effetti si fanno già sentire, anche prima che il bilancio 2013 entri in esecuzione. Il carico fiscale sulle famiglie italiane è quasi raddoppiato questo mese – a seguito dell’introduzione di un nuovo sistema di tasse sulla proprietà che ha avuto l’effetto immediato di stroncare le vendite pre-natalizie. Confcommercio, un’organizzazione di imprese dei servizi, stima una caduta dei consumi del 13 per cento.

La seconda priorità è quella di scendere in campo contro Angela Merkel. Una cosa che Mr. Monti non voleva – e non era capace – di fare. Ha provato un po’ a farsi sentire in occasione del vertice europeo di giugno, ma non è mai riuscito ad affrontare il cancelliere tedesco sull’unica cosa che conta: che senza una qualche forma di mutualizzazione del debito – come un eurobond – sarebbe stato difficile che un paese con un rapporto debito-PIL del 130 per cento e una crescita praticamente a zero potesse rimanere all’interno dell’eurozona, e continuare a rinnovare il suo debito per sempre. Solo un leader eletto è in grado di forzare una scelta. Non si può pretendere da un primo ministro tecnocratico di minacciare una contro-mossa credibile se la risposta è no.

Spesso mi viene chiesto cosa farebbe la Germania di fronte alla scelta tra un eurobond e un’ uscita dell’Italia. Io credo che Berlino reagirebbe in un batter d’occhio a una tale situazione di stallo. La ragione per cui Monti era così popolare in Germania era che la sua bolla e la sua austerità e facevano buon gioco al cancelliere nel ritardare le decisioni difficili sulla risoluzione del debito e la riforma istituzionale a dopo le elezioni tedesche del prossimo anno.

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1 Commento


  • Morlia

    Non c’è bisogno di essere economisti per arrivarci, l’ho scritto nei miei commenti sui quotidiani on line: purghe e salassi mentre ci vorrebbero delle trasfusioni continue, poi si meravigliano che crollano i consumi e i lavoratori ( quando hanno un posto) non arrivano alla fine del mese , se dobbiamo anche mantenere una classe politica corrotta e parassita ….

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