Ma i giornali padronali lo hanno assunto subito come “il nuovo Verbo” (le dimissioni di Ratzinger cominciano a farsi sentire, quanto a “verità rivelate” sostitutive…).
Sul piano fiscale, infatti, l’Ocse raccomanda la riduzione delle “alte aliquote fiscali”, perché incentiverebbero l’evasione. Una tesi berlusconiana, da sempre, ma nemmeno Repubblica prova a indicarla come tale.
Al contrario, secondo l’organizzazione dei 30 paesi più industrializzati, andrebbe tassata “una più ampia gamma di esternalità ambientali”, mentre – e ci mancherebbe pure – si consiglia ai governi nazionali di “riaffermare la volontà di evitare i condoni”.
Tra le le misure consigliate per “migliorare l’efficienza del sistema tributario”, l’Ocse indica la riduzione del “cuneo fiscale sui lavoratori a basso reddito”, perché troppo “elevato, il codice fiscale è estremamente complicato e l’evasione è alta”. Gli aumenti delle tasse tollerati dall’organizzazione sono “soprattutto le imposte indirette” (che pesano sui consumi, quindi abbassano il livello di vita dei ceti popolari) e benedice perciò l’introduzione dell’Imu.
Oltre alle riforme fiscali, l’Ocse chiede anche all’Italia di “ridurre le barriere alla concorrenza”, proseguendo con “le privatizzazioni ed eliminando i legami di proprietà tra governi locali e fornitori di servizi”. Necessario anche ridurre i tempi delle cause civili.
Secondo lo studio, si fa per dire, l’Italia dovrebbe “proseguire la riforma del mercato del lavoro rendendo più flessibili le assunzioni e i licenziamenti e accorciando i tempi dei procedimenti giudiziari, realizzando contemporaneamente la rete universale di protezione sociale già in programma”. Una sponsorizzazione piena della “riforma Fornero”, che anzie andrebbe – come Monti ripete ogni giorno – implementata.
L’organizzazione invita infatti il governo di Roma a “proseguire il riequilibrio della tutela del lavoro, spostandola dalla protezione del posto di lavoro a quella del reddito del lavoratore”. Un “riequilibrio” che in realtà disegna uno squilibrio mortale, visto che in Italia la perdita del posto del lavoro è diventata altamente probabile e frequente, mentre per la “protezione del reddito” si ripete continuamente che “non ci sono i soldi”. E, notoriamente, togliere una protezione senza poterne dare un’altra non è un “riequilibrio”, ma una perdita secca. E drammatica, quando riguarda il lavoro.
Secondo l’Ocse, “l’eccessiva tutela del posto di lavoro per alcune forme contrattuali e una rete di protezione sociale piuttosto frammentata hanno creato un mercato del lavoro duale che ostacola una distribuzione efficiente della forza lavoro”. Bisogna essere mentalmente maiali per non vedere che, almeno qui in Italia, prima è stata distrutta l’unicità del mercato del lavoro con il “pacchetto Treu” e la “legge 30” che hanno legalizzato forme di precariato fin lì esistenti solo nell’economia “sommersa”; e poi si è cominciato a dire che “il mercato del lavoro è duale”, che qualcuno aveva “protezioni eccessive” e altri assolutamente nulla, e quindi andava “riequilibrato” togliendo le protezioni residue in modo da avere soltanto precari, ovvero tutti precari.
Naturalmente questo, secondo l’Ocse (e quindi anche Monti, Bersani, Casini, Berlusconi, ecc), consentirebbe invece di “migliorare la produttività in quanto favorirebbe una migliore distribuzione della forza lavoro verso utilizzi più produttivi”. Inoltre “una migliore formazione professionale e un migliore sostegno ai programmi di apprendistato possono aiutare ad incrementare il capitale umano e migliorare la distribuzione del reddito aumentando le prospettive per i lavoratori scarsamente qualificati”. Parlano di un altro paese, non certo di questo.
La promessa è sempre la stessa, da anni, nonostante le evidenze contrarie (la crisi si è aggravata e anche il debito pubblico è di conseguenza aumentato): “Politiche strutturali migliori consentiranno di raggiungere la sostenibilità finanziaria e lasceranno più ampio margine di manovra alle politiche monetarie”. Le riforme potranno infine ‘rafforzare la fiducia’. Di chi?
Infine l’infamia più evidente.
Per l’Ocse banno aumentate le tasse universitarie, introducendo “un sistema di prestiti per studenti con rimborso condizionato al reddito”. Creare degli indebitati fin da scuola o dall’università, insomma, “migliorerebbe l’efficienza” degli istituti di formazione. Paradossale, quindi, che l’organizzazione indichi come essenziale il “miglioramento dell’equità e dell’efficienza del sistema scolastico” attuale, che “produce scarsi risultati nonostante l’elevato livello di spesa e dovrebbe fare di più per offrire migliori opportunità di formazione alle persone scarsamente qualificate”.
Se invece consegnamo gli studenti alle banche e alle università private, vedrai che risultati che si ottengono…
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