Una breve rassegna delle dichiarazoni dei redditi di impresa o di lavoro autonomo degli studi di settore (2012, anno di imposta 2011), resi noti ieri dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia, non lascia dubi su chi è che in questo paese non paga le tasse e strarompe “i cabbasisi” con la favoletta del “costo del lavoro troppo alto” .
Ecco nel dettaglio i dati, a partire dai “più poveri”:
Noleggio di autovetture 5.300
Negozi abbigliamento e scarpe 6.500
Istituiti di bellezza 7.200
Tintorie e lavanderie 9.100
Negozi giocattoli 9.800
Autosaloni 10.100
Parrucchieri 13.200
Servizi di ristorazione 15.400
Taxi 15.600
Macellerie 16.700
Gioiellieri 17.300
Bar e gelaterie 17.800
Alberghi e affittacamere 18.300
Veterinari 21.000
Imbianchini e muratori 23.600
Architetti 29.100
Avvocati 58.700
Studi medici 69.500
Farmacie 103.400
Notai 315.600
Chi l’avrebbe mai detto che l’imbianchino era quasi un mestiere da vip… E teniamo conto che la media dei redditi (certi, non “dichiarati”) dei dipendenti “regolarizzati” di questi settori oscilla intorno al 20.000 euro annui (lordi, naturalmente).
E teniamo conto che – bontà loro – nel 2012 queste categorie hanno deciso di ridurre il margine di ignominia che li separa dal resto della popolazione. Hanno fatti dichiarato addirittura l’1,3% in più dell’anno precedente, facendo probabilmente violenza su stessi. Il reddito totale è stato infatti pari a 106,2 miliardi di euro.
I professionisti sembrano avere un briciolo di vergogna in più dei commercianti ed esercenti vari. Dichiarano infatti un reddito medio di 49.900 euro, mentre il reddito medio dichiarato più basso si è registrato nel commercio (20.000 euro).
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