Ci sono due modi opposti di guardare al futuro – perlomeno a medio termine – dell’economia. Il primo è quello preferito dai giornalisti “embedded” o semplicemnte pigri: si pendono le dichiarazioni di tizio o caio, preferivilmente ministri o “esperti” dei vari organismi internazionali – e li si riporta senza un briciolo di riflessione. Non diciamo nemmeno di “critica”, altrimenti saltano su i “professioisti” dell’informazione a urlare che loro fanno i “cronisti”, non gli analisti. Che è poi un modo di ammetere che loro sono e si sentono parte attiva della propaganda di regime.
Il secondo modo è guardare quel che fanno i policy makers dell’economia, in questo caso continentale. Perché i fatti stanno lì, mentre le dichiarazioni di circostanza (come quelle di Saccomanni secondo cui il “non peggioramento” trimestrale dell’economia italiana è già un “annuncio di ripresa”) saranno dimenticate o smentite già domani.
E allora guardiamo a Mario Draghi, il presidente della Bce cui indubbiamente spetta il merito di aver bloccato un anno fa la speculazione sull’euro, brandendo il famoso “bazooka” che ha spaventato la finanza corsara. Nella conferenza stampa di ieri ha spiegato che l’istituto da lui diretto terrà i tassi di interesse base al livello attuale ancora a lungo. Questo è un “fatto”, non una dichiarazione. Perché il presidente della Bce ha un ruolo operativo, prende decisioni con effetti globali; quindi i suoi “annunci” devono essere credibili, ovvero parole e fatti si devono corrispondere quasi al millimetro.
Cosa significa che i tassi base resteranno allo 0,5% per molto tempo? In primo luogo che l’economia è debolissima. La strombazzata “uscita dalla recessione” non esiste. Ma va spiegato perché.
I dati economici vengono elaborati e resi noti con cadenza mensile o trimestrale, e gli osservatori – giornalisti e/o analisti – guardano per prima cosa il segno davanti al numero. Se c’è il “meno” ci sono chiaramente problemi seri, se non c’è nulla (per convenzione aritmetica) il dato è positivo. Poi si passa a vedere il “quanto” sia l’una o l’altra cosa.
In questo modo piuttosto miope di leggere i dati accade perciò che un segno “più”, o addirittura uno zero, dopo una lunga sfilza di segni “meno”, sia interpretabile come “la svolta”, “la ripresa”, “la fine del tunnel”. Non è così.
Se, come nel caso dell’economia italiana, sono andati perduti oltre 8 punti percentuali di Pil rispetto al 2007, il fatto che si interrompa – e non è ancora avvenuto – la serie di dati negativi non significa affatto “ora si cresce”. A meno che non si passi da un -1% a un + 3% (esercizio teorico), non c’è insomma alcune “recupero”. Al massimo un “non peggioramento”. Per l’occupazione, fra l’altro, visto lo sviluppo tecnologico che riduce costantemente la necessità di forza-lavoro, questa è comunque una pessima notizia.
Quindi, se il presidente della Bce continua a tenere bassi i tassi di interesse – ben sotto il livello dell’inflazione attesa – significa che c’è necessità di “pompare” denaro in un’economia che non dà cenni di ripresa. Se c’è bisogno di prendere le medicine, insomma, significa che non sei ancora guarito. I giornali lo chiamano “paracadute”, ma cambiare metafora non cambia il senso. In fondo hai bisogno di un paracadute solo quando stai precipitando da grandi altezze…
Ma c’è possibilità di “guarigione”? Qui le ricette ufficiali della Bce sono una compoenente fondamentale del programma della Troika: “riforme strutturali”, eliminazione del welfare, scardinamento delle regole del mercato del lavoro, abbassamento dei livelli salariali. Una logica da “concorrenza internazionale fra macro-aree monetarie” che mostra già dei limiti consistenti nei “paesi emergenti”; ma che applicata a quelli avanzati significa impoverimento generalizzato, contrazione dei consumi interni e quindi recessione prolungata.
Perché si ha un bel dire che “la ripresa” verrà dall’aumento della “competitività”, ovvero dalla capacità di esportare le merci prodotte sotto una determinata moneta (soprattutto i beni capitali, ossia le merci che servono a produrre, come i macchinari, ecc), ma se tutto il mondo funziona nello stesso modo, a chi mai potremo esportare tutte le merci-consumo? A nessuno.
Il riassunto della conferenza stampa di Draghi nella versione de IlSole24Ore.
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Draghi: tassi a lungo a questo livello (0,5%) o più bassi. Pronti ad agire sulla liquidità. Il Bund balza oltre il 2%
La politica monetaria della Bce «resterà accomodante finché necessario, secondo quanto indicato nella guidance di luglio». Pertanto «i tassi di interesse resteranno allo 0,5% o a livelli più bassi ancora a lungo». Lo ha dichiarato il presidente della Bce, Mario Draghi, in conferenza stampa. Lo stesso ha avvertito che restano «rischi al ribasso sulla crescita», alimentati da nuove tensioni geopolitiche. Chiaro il riferimento alle tensioni per la Siria.
Crescita 2014 rivista al ribasso
Gli economisti della Bce hanno migliorato le stime sul Pil dell’Eurozona per il 2013, che é ora previsto in calo dello 0,4% (contro il -0,6% calcolato a giugno) e rivisto al ribasso quelle per il 2014, con una crescita attesa che passa dall’1,1% all’1%. Lo ha riferito il presidente della Bce, Mario Draghi, in conferenza stampa. Il tasso di inflazione é invece visto all’1,5% (una revisione al rialzo rispetto all’1,4% delle scorse previsioni) nel 2013 e all’1,3% nel 2014 (stima immutata rispetto a giugno).
Inflazione
Nei prossimi mesi secondo Draghi l’inflazione resterà bassa in ragione del calo dei prezzi dell’energia.
Disoccupazione elevata, pesa austerity
La disoccupazione nell’Eurozona rimane elevata e l’aggiustamento dei bilanci pubblici continuerà a pesare sull’attività economica.
Aggiustamento bilancia non colpisca crescita
I governi devono proseguire con le riforme strutturali e con gli aggiustamenti di bilancio, che devono però essere svolti con misure che non minaccino la crescita, puntando «sull’efficienza e la qualità dei servizi pubblici e minimizzando gli effetti distorsivi sulla tassazione».
Su Grecia: nuovi aiuti solo a nuove condizioni
Se dovesse emergere la necessità di nuovi aiuti alla Grecia, si renderebbero necessarie anche «nuove condizioni» al governo di Atene.
Liquidità banche
«Restiamo pronti ad agire» sul fronte della liquidità in eccesso delle banche, che continua a scendere. Così Draghi, in un accenno alla possibilità di nuove misure nonostante il miglioramento delle prospettive di crescita.
Tassi invariati
La Banca centrale europea non tocca i tassi di interesse della zona euro. L’Eurotower ha deciso di lasciare quello di riferimento allo 0,50%, il minimo storico a cui si trova dal maggio scorso. La decisione di non modificare il costo del denaro era attesa dalla maggior parte degli analisti, nonostante diversi dati mostrino un miglioramento della situazione economica. La Bce ha inoltre deciso di lasciare invariati all’1% il tasso marginale sulle operazione di rifinanziamento e allo 0 quello sui depositi presso lo sportello overnight della Banca centrale europea. Draghi ha sottolineato in conferenza: abbiamo discusso anche di un nuovo taglio dei tassi.
Supervisione unica
«Sulla supervisione unica bancaria è in corso una discussione con il Parlamento Europeo, con progressi considerevoli: arriveranno notizie positive nei prossimi giorni».
Volano i tassi tedeschi
Vendite sui titoli di stato tedeschi, con il rendimento del Bund decennale che salgono al 2,04% (+11 punti base rispetto a ieri). Nelle sale operative, la brusca impennata dei tassi tedeschi viene attribuita a quanto detto dal presidente della Bce, Mario Draghi, nel corso del’odierna conferenza stampa.
«La pur modesta revisione al rialzo delle previsioni economiche sul Pil dell’Eurozona, da parte della Bce, significa che un nuovo taglio dei tassi d’interesse non è dietro l’angolo. Quello che viene garantito è solo un basso livello dei tassi di interesse della politica monetaria, ma questa non è una novita e non é detto che freni la salita dei tassi a lungo termine«, commenta un trader.
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