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La crisi dell’euro secondo Krugman

Dedicato a chi si fida ciecamente degli annunci governativi (“la crescita sta per ripartire!”). Una semplice ma spietata analisi della situazione dell’euro e della dinamica del debito, qui proposta dal premio Nobile per l’economia – il keynesiano Paul Krugman – spiega che in realtà stiamo solo “tirando il fiato” (grazie alla “mossa di Draghi”, nell’agosto 2012). Mentre i costi dell’austerità stanno distruggendo la coesione sociale. Con i relativi richi (o opportunità di “rottura”).

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Felice Anno Nuovo! Sto cercando di organizzare i miei pensieri e i dati sulle questioni europee, e penso che mi sia venuto in mente un modo utile per riassumere ciò che sta accadendo nella zona euro. Nella figura qui sotto metto a confronto il rapporto tra debito pubblico e PIL (dal numero di fine anno del FMI) con il tasso di interesse a 10 anni (dalla BCE) per un certo numero di nazioni europee. Vi mostro nel grafico due dati: il picco della crisi dell’euro nel 2011 e una osservazione relativamente recente:

Quello che vedete qui è che gli oneri finanziari per i paesi della zona euro in difficoltà sono scesi molto. Ma questo non accade non perché le politiche di austerità abbiano riportato il loro debito sotto controllo – le percentuali di debito sono tranquillamente in aumento, in gran parte a causa della contrazione delle economie e la deflazione. Invece c’è stato un drammatico appiattimento del rapporto tra debito e tassi di interesse.
Perché è successo ? La tempistica suggerisce fortemente che si tratti di un effetto dell’azione di Draghi – il segnale della BCE ha fatto vuole, per un po’, agire come prestatore di ultima istanza sovrano, ha rimosso gran parte della paura che si potesse scatenare un panico auto-avverantesi per la scarsità di liquidità. E possibile che ci sia stato quindi anche una riduzione del premio di rischio politico, perché le nazioni europee si stanno dimostrando incredibilmente determinate a rimanere nell’euro quasi ad ogni costo.
È perciò finita la crisi dell’euro? No, non è finita fin quando dura la dinamica del debito, o forse fin quando la dinamica del debito canta un duetto con la svalutazione interna. Dobbiamo ancora vedere uno dei paesi in crisi raggiungere un punto in cui la caduta dei salari relativi riesca a generare una netta ripresa trainata dalle esportazioni, o in cui l’austerità stia attualmente ripagando con una caduta degli oneri del debito.
Ma come europessimista, devo ammettere che è ora possibile vedere come questo potrebbe funzionare. Il costo – economico, umano e politico – sarà enorme . E il tutto potrebbe ancora tranquillamente spezzarsi. Ma la volontà della BCE di intensificare la sua azione e fare il suo lavoro ha dato all’Europa po’ di respiro .

dal New York Times, traduzione redazionale

 

 

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