L’agenzia Reuters ha un alto indice di attendibilità. E riporta in questo modo la notizia:
Alitalia ha solo pochi giorni per trovare una soluzione alla crisi di liquidità che la attanaglia prima di essere costretta al fallimento.
Lo riferisce una fonte governativa, dopo che un incontro di ieri tra azienda, governo e banche si è concluso con un nulla di fatto ed è stato aggiornato a oggi.
“Alitalia rischia di portare i libri in tribunale se nel giro di un paio di settimane non si trova una soluzione sull’aumento di capitale”, ha detto la fonte.
La compagnia aerea italiana è alla ricerca di 500 milioni di euro di capitali freschi dopo aver accumulato perdite per più di 1,1 miliardi e debiti per circa un miliardo da quando nel 2009 è stata rilevata da un gruppo di imprenditori italiani e al 25% da Air France-Klm.
I fornitori sono in subbuglio per i mancati pagamenti e ieri l’amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni ha detto da New York che se Alitalia “non riscuote la fiducia degli azionisti non possiamo tenerla in vita noi con il carburante”.
“In 4 o 5 giorni Alitalia rischia di non poter più volare”, ha aggiunto la fonte.
Alitalia ed Air France-Klm stanno negoziando le forme di una eventuale ascesa dei franco-olandesi nel capitale del gruppo italiano ma come ha detto ieri il ministro dei Trasporti francese Frederic Cuvillier una fusione richiederebbe tempo e “non so se Alitalia ne ha”.
Enrico Letta, quindi, sta cercando un soggetto pubblico in grado di sostenere finanziariamente la compagnia italiana, che occupa 14.000 persone, in vista del matrimonio con i francesi.
“Il governo sta valutando come supportare e aiutare Alitalia verso l’ipotesi più realistica che è l’integrazione con il socio francese di Air France-Klm: si sta valutando qual è il soggetto pubblico che può aiutare Alitalia in questo percorso”, ha raccontato ieri sera una fonte a conoscenza del dossier.
Il governo si è rivolto anche alle Ferrovie dello Stato ma il piano dell’amministratore delegato Mauro Moretti non deve aver convinto se ieri sera il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha negato di aver chiesto l’ingresso di Fs in Alitalia.
Da più parti si è chiesto l’intervento di Cassa depositi e prestiti e delle sue controllate, tra cui Fsi, Sace e Fintecna che però per statuto non possono assumere partecipazioni in aziende decotte.
“L’ipotesi Cdp, Fintecna e controllate è stata esclusa già settimane fa”, ha detto ancora la fonte oggi.
In qualsiasi paese, un fallimento così sonoro e rapido di una delle privatizzazioni più importanti e mediatizzate comporterebbe una revisione drastica delle scelte fatte in proposito. Si ri-nazionalizzarebbe in modo rapido e anche indolore, lasciando ai “privati” le loro perdite e riassumendo il vettore a “compagnia di bandiera”.
In Italia invece si cincischia, per non smentire le scelte fatte. Ma si cerca anche un “socio pubblico” (con risorse pubbliche) per rimettere in moto per un po’ di tempo lo stesso meccanismo criminoso che non ha funzionato fin qui. Ovvero per far guadagnare qualche altro soldo agli ex “capitani coraggiosi” che vogliono lasciare la nave che affonda, a meno che “il pubblico” non provveda a colmare le perdite. A quel punto si ripresentebbero pretendendo il timone, perché “solo i provati lo sanno fare meglio”… il naufragio a là Schettino.
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