Era stata uno dei principali nemici nell’immaginario dei movimenti antiglobalizzazione, ma da almeno dieci anni ha cessato di funzionare e produrre risultati. La fine della globalizzazione e l’entrata nell’epoca della competizione globale (un dettaglio sfuggito a molti intellettuali e attivisti no global) ha reso l’Organizzazione Mondiale Commercio uno strumento alquanto desueto. A Bali in Indonesia si è aperto ieri il vertice della Wto ma già si stanno manifestando le inevitabili contraddizioni tra i vari Stati, con l’India che tiene duro e Stati Uniti ed Unione Europea che puntano a isolarla.
A Bali ieri i movimenti sociali insieme alla rete “La Via Campesina” hanno portato in piazza alcune centinaia di attivisti, sindacalisti e studenti a protestare all’apertura del vertice della Wto contro quello che definiscono “un accordo terribile per i Paesi in via di sviluppo”
Ma è oggi la prima giornata di negoziato a Bali, della Conferenza Ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) che durerà fino a venerdi 6 dicembre. Si è manifestata immediatamente la differenziazione delle posizioni che ormai da dieci hanno “svuotato” questa camera di compensazione tra le maggiori potenze capitaliste e i paesi emergenti. La prima è la divaricazione tra l’India e gli altri grandi esportatori, che mette a rischio il risultato finale del vertice. ”Il continuo stallo dei negoziati Wto ha creato cinismo nei suoi membri – ha attaccato nel suo intervento in plenaria il ministro al commercio indiano Anand Sharma – Il Pacchetto di Bali deve essere solido, deve risolvere il disequilibrio tra le diverse regole commerciali. Fate che Bali sia ricordata per aver riportato lo sviluppo al centro. La sicurezza alimentare non e’ negoziabile”. L’attuale testo in discussione sull’agricoltura, vorrebbe impedire all’India di continuare a sostenere con acquisti pubblici e sussidi i contadini e le fasce sociali piu’ povere innescando prevedibili e durissimi conflitti sociali (esplosi per misure analoghe in altri paesi in via di sviluppo) E’ questo uno dei motivi per cui l’India sta resistendo all’approvazione del “Bali Act”,contando sul fatto che se anche un solo membro obietta su uno dei temi del negoziato, visto che la Wto procede per consenso, non potra’ esserci nessun accordo a Bali.
Gli Stati Uniti, si sono ovviamente opposti frontalmente alla richiesta indiana. Il negoziatore statunitense Michael Froman, intervendo ha affermato che ”in un modo o nell’altro la Wto entrera’ in una nuova era. La decisione finale e’ a portata di mano – ha sottolineato Froman, ricordando che, se si arrivera’ ad un risultato positivo a Bali – avremo provato ad un mondo scettico che la Wto e’ un’organizzazione funzionante capace di portare importanti risultati positivi per il commercio e lo sviluppo”. Al contrario, ha avvisato, si verifichera’ ”un flusso debilitante in uscita dal sistema commerciale multilaterale”. L’Unione Europea rappresentata dal Commissario Karel De Gutch, ha puntato il dito contro ”la motivazione politica” che e’ alla radice dell’obiezione all’accordo di Bali, nonostante ci sia ”consenso nel restituire alla Wto centralita’ nelle politiche commerciali”.La Cina, è apparsa come al solito molto prudente dichiarandosi ”di ampie vedute su gli altri forum multilaterali per i temi commerciali”, ma ammettendo il bisogno ”di affrontare il moltiplicarsi dei trattati bilaterali”. La mediazione offerta dal governo indonesiano, è al centro delle discussioni di corridoio.
Dopo dieci anni di stallo, la strategia, dei maggiori stati capitalisti e’ quella di premere sul bisogno di portare a casa almeno qualche risultato, per mettere l’India nell’angolo e costringerla a capitolare
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