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Napoli. La politica liberista e il pareggio di bilancio del Comune

Dal fondo “salva-stati” al fondo “salva-comuni” ovvero la procedura del piano di riequilibrio finanziario pluriennale come applicazione a livello locale della politica liberista del pareggio di bilancio: il caso del Comune di Napoli

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SOMMARIO: – Premessa pag. 2 ;

I ) Il piano di riequilibrio finanziario pluriennale, l’ allargamento

delle tipologie di EE.LL. in grave difficoltà finanziaria.

L’ istituto del pre-dissesto prima e dopo il d-l 174/2012.

La trasformazione del ruolo dei controlli esterni e l’ applicazione

a livello locale della politica liberista del pareggio

di bilancio “ 2;

 

II) Le modifiche normative intervenute nel corso del 2013 e nei primi

mesi del 2014 con particolare riferimento a quelle più direttamente

riguardanti il piano di riequilibrio del Comune di Napoli “ 4;

 

III) La deliberazione n. 16/2012 della Sezione delle Autonomie e

le successive integrazioni (deliberazioni nn.11 e 22 del 2013).

Le fasi della nuova procedura di riequilibrio e l’esigenza di

una semplificazione della stessa “ 6;

 

IV) L’ applicazione del “pre-dissesto”: il caso del Comune

di Napoli “ 11;

 

V) La deliberazione n. 12/2014 della Corte dei conti-Sezione

Regionale di controllo per la Campania sul diniego di approva-

zione del piano di riequilibrio del Comune di Napoli “ 14;

 

VI) Le conseguenze dell’ adesione al piano di riequilibrio finanziario

e il “fondo di rotazione”: critiche e proposte.

Il D.M. sui criteri per l’ accesso al Fondo e i primi gruppi di

EE.LL. richiedenti “ 16;

 

VII) Rapporto del piano di riequilibrio finanziario pluriennale col

dissesto finanziario e col “dissesto guidato” “ 19;

 

VIII) Il ricorso davanti alle SS.RR. in “composizione speciale” “ 20;

 

IX) Spunti conclusivi: per la costruzione di una piattaforma

antiliberista di svolta nella politica economica verso

gli Enti Locali “ 21.

Premessa

Il presente documento ha lo scopo di fornire una sorta di guida tecnico-politica per tentare di orientarsi meglio rispetto alla bocciatura del piano finanziario di riequilibrio del Comune di Napoli da parte della Corte dei conti Sezione Regionale di controllo per la Campania.

Esso è anche un tentativo di mettere alcune competenze professionali al servizio della nostra intelligenza collettiva.

I primi tre paragrafi, hanno un valore introduttivo in quanto ricostruiscono il quadro normativo e fanno riferimento ad alcune deliberazioni della Sezione delle Autonomie che hanno orientato l’ attività istruttoria e deliberativa della competente Sezione Regionale di controllo.

Il quarto e il quinto paragrafo, ricostruiscono le vicende del piano di riequilibrio pluriennale che, ormai, hanno abbondantemente superato l’ anno e, allo stato, non sono ancora concluse;

nel quarto paragrafo, si espone soprattutto il punto di vista del Comune, nel quinto le osservazioni della Corte dei conti campana contenute nella deliberazione n. 12/2014.

Il tentativo è quello di andare aldilà delle notizie giornalistiche ricavabili dalla stampa locale.

Il sesto paragrafo, è sulle conseguenze dell’ adesione al piano di adesione al piano di riequilibrio finanziario;

da esse, si può dedurre che per i Comuni, come quello di Napoli, che oltre ad aderire alla procedura in commento chiedono anche l’ accesso all’ anticipazione di liquidità proveniente dall’ apposito Fondo di rotazione ci sono conseguenze molto simili a quelle del dissesto vero e proprio.

Pertanto, per chi scrive, uno dei motivi in base al quale occorre pronunciarsi politicamente contro il dissesto anche formale del Comune non è certo quello di evitare le conseguenze normativamente previste per il ceto politico della città o di impedire ricadute negative per i cittadini, già in buona misura materializzatesi, ma è quello di evitare che la gestione del “risanamento” non sia gestito da una Giunta democraticamente eletta perché sostituita da una Commissione di burocrati ministeriali – l’ organismo di liquidazione – che non avendo problemi di consenso farebbe una gestione ancora più ragionieristica dei tagli.

Altro motivo di estrema importanza è che, quindi, sia il piano di riequilibrio che il dissesto fanno parte della medesima impostazione recessiva e liberista verso gli EE.LL. per cui l’ uno non è migliore dell’ altro, mentre la questione di fondo è una svolta nella politica per la finanza locale su cui, nel paragrafo nono, forniamo una prima proposta di piattaforma.

Nel settimo paragrafo, illustriamo più specificamente il rapporto tra il piano di riequilibrio e il dissesto coatto che dal Comune passa al circuito Sezione Regionale di controllo – Prefetto.

L’ ottavo paragrafo, spiega quali sono i criteri di composizione del tipo di Collegio delle Sezioni Riunite della Corte dei conti competente a decidere sui ricorsi contro il diniego di approvazione dei piani di riequilibrio, inoltre si fornisce qualche cenno sulla giurisprudenza della Magistratura contabile in materia.

 

 

 

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  1. Il piano di riequilibrio finanziario pluriennale, l’ allargamento delle tipologie di EE.LL. in grave difficoltà finanziaria. – L’ istituto del pre-dissesto prima e dopo il d-l 174/2012. – La trasformazione del ruolo dei controlli esterni e l’ applicazione a livello locale della politica liberista del pareggio di bilancio.

 

Per comprendere meglio la nuova procedura di riequilibrio finanziario, fatta per quei Comuni con “squilibri strutturali del bilancio” che sono “in grado di provocarne il dissesto finanziario”, occorre esaminare brevemente quanto accaduto in seguito all’ intreccio tra taglio dei trasferimenti e politica di pareggio del bilancio:

uno dei risultati di questo tipo di politica verso la finanza locale, è stato il progressivo allargamento delle tipologie di Enti in gravi difficoltà finanziarie.

Infatti, fino al 2011, c’ erano gli Enti strutturalmente deficitari e quelli in dissesto;

in seguito al decreto legislativo sui premi e sanzioni (uno dei decreti sul Federalismo fiscale) è stata creata la categoria degli enti in “dissesto guidato”1 (rectius coatto) dove l’ iniziativa del dissesto non è più del Comune2 ma, nei fatti, del circuito Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti- Prefetto.

Nel 2012, si aggiungono altre due categorie: la quarta, oggetto del presente scritto e gli enti sciolti per infiltrazione mafiosa con gravi squilibri finanziari.

L’inserimento degli Enti in “pre-dissesto”3 da parte del d-l 174, convertito con modifiche nella legge n. 213/2012, è stato non casualmente accompagnato da modifiche o da esigenze di coordinamento con le disposizioni riguardanti tutte le tipologie di Enti Locali in grave difficoltà finanziarie. – E’ stato da più parti rilevato, inoltre, che la nuova procedura di riequilibrio è stata istituita anche per evitare il più possibile le gravi conseguenze per gli amministratori in caso di dichiarazione del dissesto finanziario introdotte dall’ art. 6, co.1, del decreto legislativo “premi e sanzioni”4.

 

LE DIVERSE TIPOLOGIE DI EE.LL. IN GRAVI DIFFICOLTA’ FINANZIARIE DOPO LE MODIFICHE DI CUI AL D-L N. 174/2012

Enti strutturalmente deficitari:

articoli 242 e 243 TUEL, modificato il documento contabile cui allegare la tabella relativa alla rilevazione dei parametri di deficitarietà (al rendiconto e non più al certificato sul rendiconto). – Il D.M. del Ministro dell’ Interno in cui sono fissati i parametri diventa di natura non regolamentare e prevede il concerto col Ministro dell’ Economia e delle Finanze.5

 

Enti in dissesto “guidato”:

alternatività tra la procedura di cui all’ art. 6, co. 2, d-lgs n. 149/2011 e procedura di riequilibrio finanziario (si veda più avanti il paragrafo VII)

 

 

Enti in “pre-dissesto”:

inserimento nel TUEL degli articoli dal 243-bis al 243-quater

Enti in dissesto:

da un lato, si chiarisce che pre-dissesto e dissesto non sono alternativi (si veda più avanti il citato paragrafo VII) dall’ altro, con l’ art. 3, co.1, lett. i-bis) viene alzato il tetto previsto per le anticipazioni di tesoreria da tre dodicesimi a cinque dodicesimi per quegli enti in dissesto con grave indisponibilità di cassa;

con l’ art. 3-bis del d-l 174, si interviene sull’ incremento della massa attiva.

Enti sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso:

L’ art. 243-quinquies prevede misure per garantire la stabilità finanziaria degli enti locali sciolti per fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso permettendo alla Commissione Straordinaria entro 6 mesi dal suo insediamento di richiedere anticipazioni di cassa, qualora si sia in presenza di squilibri strutturali di bilancio in grado di provocare il dissesto e destinando la stessa esclusivamente al pagamento delle retribuzioni del personale, delle rate dei mutui e prestiti obbligazionari, nonché all’ espletamento dei servizi locali indispensabili.

 

Com’ è noto, il termine pre-dissesto non si trova all’ interno del TUEL e ha una sua prima elaborazione normativa nel citato art. 6,co.2, del d-lgs n. 149/2011 tanto che la definizione di “squilibri strutturali di bilancio dell’ Ente Locale in grado di provocarne il dissesto finanziario” di cui all’ art. 243-bis, co.1, del TUEL è mutuata proprio dalla disposizione del citato decreto legislativo sui premi e le sanzioni.

Insomma, l’ espressione, i contenuti e gli indicatori del pre-dissesto sono opera, soprattutto, di quella che impropriamente viene definita la “giurisprudenza” del controllo (le deliberazioni della Sezione delle Autonomie6 e quelle delle Sezioni Regionali di controllo).

Di pari passo con l’ allargamento delle tipologie di Enti Locali in grave difficoltà finanziaria, s’ è progressivamente provveduto a trasformare il ruolo delle Sezioni Regionali di controllo della Corte dei conti che da “collaborativo” è diventato repressivo7 anche con un intreccio tra funzioni di controllo e giurisdizionali all’ interno di una politica economica basata su una rigida linea di pareggio di bilancio che, come sappiamo, ha avuto la sua costituzionalizzazione con la modifica dell’ art. 81 di cui alla legge costituzionale n. 1/2012.

Se sul piano internazionale la politica economica liberista allarga progressivamente le aree di crisi con delle “riprese” che ridefiniscono i rapporti di forza tra le classi a favore dei gruppi della speculazione finanziaria, sul piano interno, si allargano, come nel nostro caso, le aree “meridionalizzate” tanto che nel 2012 fece un certo scalpore il dissesto del Comune di Alessandria;

tuttavia, come vedremo dai dati riportati nel paragrafo VI, al Sud resta un triste primato anche per quanto riguarda la procedura di riequilibrio in argomento.

L’Ente Locale che adotta il piano di riequilibrio non è “formalmente” commissariato, ma lo è nei fatti proprio come la Grecia o altri Paesi sotto il ferreo controllo della Troika e del Fondo Monetario Europeo che continuano ad aver un proprio Parlamento, un proprio Primo Ministro, ecc.;

al posto della Commissione Europea i controllori sono la Sezione Regionale della Corte dei conti, il Ministero dell’ Interno e il MEF.

Perciò, la filosofia di quello che eufemisticamente dai mass-media è stato definito il fondo “salva-Comuni” è la stessa del fondo “salva-Stati” soltanto che invece di smantellare il welfare nazionale ci si prefigge di smantellare quello locale.

 

 

  1. Le modifiche normative intervenute nel corso del 2013 e nei primi mesi del 2014 con particolare riferimento a quelle più direttamente riguardanti il piano di riequilibrio del Comune di Napoli.

 

Dal giorno dell’ entrata in vigore della legge n. 213/2012 di conversione con modifiche del d-l n. 174 (8 dicembre 2012) ad oggi ci sono state almeno sei modifiche normative di cui una è in corso.

Ciò, s’ è verificato sia per la “novità” della procedura di riequilibrio – che ha avuto bisogno della sua fase d’ assestamento – sia per la fretta emergenziale da cui è nato il d-l 1748 scarsamente discusso in Parlamento anche per la fine anticipata della precedente legislatura con la crisi del Governo Monti.

Alcune delle modifiche (tre)9 hanno influito direttamente anche sul piano di riequilibrio del Comune di Napoli.

La prima modifica è stata apportata dal d-l n. 35/201310, convertito dalla L. 34/2013, che ha fatto parte degli Enti richiedenti l’ anticipazione di liquidità alla Cassa Depositi e Prestiti per pagare debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31/12/2012 e, in questi casi, l’ art. 1, co. 15, del citato d-l ha previsto la conseguente modifica del piano di riequilibrio entro 60 gg. dalla concessione dell’ anticipazione da parte della Cassa Depositi e Prestiti.

La seconda modifica, è contenuta nella legge n. 9/201411 – di conversione del d-l n. 145/2013 – all’ art. 13, co. 9, è previsto che il Comune di Napoli è autorizzato a contrarre mutui necessari al perfezionamento dei finanziamenti di propria competenza per la realizzazione della linea 1 della metropolitana in deroga a quanto previsto dalle disposizioni sul piano di riequilibrio pluriennale in materia d’ indebitamento.

L’ ultima modifica è quella in corso e consiste nell’ estensione d’ un meccanismo analogo a quanto previsto nella citata disposizione della legge di stabilità 2014, ora previsto nel d-l “salva-Roma”12 dove si contempla, all’ art. 3, co.2, la possibilità nel 2014 di ripresentazione del Piano, previa deliberazione consiliare, anche per gli Enti Locali che nel 2013 abbiano avuto il diniego di approvazione da parte della Sezione Regionale di controllo della Corte, in questi casi è prevista la possibilità di ripresentare il piano entro il termine perentorio di 90 gg. dalla comunicazione del diniego a condizione che sia avvenuto un miglioramento nel risultato d’ amministrazione dell’ ultimo rendiconto approvato.

Dietro questa possibilità di “ripresentazione” dei piani di riequilibrio spesso si nasconde una delle solite mistificazioni in quanto viene fatta passare come una disposizione che va nell’ interesse del Comune che, in questo modo, ha un’ altra opportunità per evitare il dissesto, in realtà, si tratta di spingere l’ Ente a presentare piani di rientro ancora più “lacrime e sangue” per ottenere ai “tempi supplementari” l’ approvazione del piano da parte della Sezione Regionale di controllo.

 

 

  1. La deliberazione n. 16/2012 della Sezione delle Autonomie e le successive integrazioni (deliberazioni nn. 11 e 22 del 2013) – Le fasi della nuova procedura di riequilibrio e l’ esigenza di una semplificazione della stessa.

 

Con la deliberazione n. 16, adottata nell’ adunanza del 13 dicembre 2012, la Sezione delle Autonomie ha approvato le “linee-guida per l’ esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza13 cui segue un articolato “schema istruttorio” suddiviso in due Sezioni, la prima dedicata ai “fattori e cause dello squilibrio”, la seconda sul “risanamento”.

Comprendere bene lo schema delle “linee-guida” è essenziale perché sia il piano presentato dal Comune che la successiva deliberazione della Sezione Regionale di controllo si basano su di esso.

 

 

INDICE SCHEMA ISTRUTTORIO

 

In tutto 2 Sezioni e 24 punti. – Il presente indice è diviso in due parti:

la prima, è il vero e proprio indice, la seconda è relativa ai punti di corrispondenza tra le due Sezioni che debbono avere, ovviamente, un forte rapporto di coerenza.

  1. INDICE

SEZIONE PRIMA – FATTORI E CAUSE DELLO SQUILIBRIO

Sez. I 15 punti

  1. Pronunce della Sezione Regionale di Controllo della Corte dei conti e misure correttive adottate dall’ ente locale.

  2. Patto di stabilità (verifica rispetto o meno PSI nell’ ultimo triennio).

  3. Andamenti di cassa.

  4. Analisi sugli equilibri di bilancio di parte corrente e di parte capitale.

  5. Risultato d’ amministrazione.

  6. Risultato di gestione (ultimo triennio).

  7. Analisi della capacità di riscossione nel triennio.

  8. Analisi dei residui.

  9. Debiti fuori-bilancio e passività potenziali.

  10. Analisi sulle modalità di gestione dei servizi per conto terzi.

  11. Indebitamento.

  12. Tributi locali e servizi a domanda individuale (indicazione andamento entrate per l’ accertamento e la riscossione e grado di copertura nel triennio).

  13. Spese per il personale ( Andamento spesa nell’ ultimo triennio).

  14. Organismi partecipati .

  15. Spesa degli organi politici istituzionali (15.1 – Andamento nell’ ultimo triennio).

 

SEZIONE SECONDA – RISANAMENTO

Sez. II 9 punti

  1. Misure di riequilibrio economico-finanziario.

  2. Ripiano del disavanzo di amministrazione

  3. Ripiano debiti fuori-bilancio.

  4. Revisione dei residui.

  5. Debiti di funzionamento

  6. Tributi locali.

  7. Copertura dei costi dei servizi a domanda individuale

  8. Incremento delle entrate correnti

  9. Revisione della spesa.

 

  1. TABELLA DI CORRISPONDENZA

 

Sezione I

Sezione II

  1. Pronunce Sezione Regionale di controllo

 

  1. P.S.I.

 

  1. Andamento di cassa

 

  1. Equilibri di bilancio

  1. Misure di riequilibrio finanziario

  1. Risultato d’ amministrazione

  1. Ripiano disavanzo d’ amm.; 7. Copertura costi servizi a domanda individuale; 9. Revisione della spesa

  1. Risultato di gestione

 

  1. Capacità di riscossione

 

  1. Analisi residui

  1. Revisione residui

  1. Dfb e passività potenziali

  1. Ripiano dfb

  1. Modalità di gestione conto terzi

 

  1. Indebitamento

  1. Debiti di funzionamento

  1. Tributi locali

  1. Tributi locali

  1. Spese personale

  1. Revisione della spesa

  1. Organismi partecipati

9.5 Riduzione spese di gestione organismi partecipati

  1. Spese organi politici istituzionali

9.7 Riduzione di spesa organi politici

 

 

Nella citata deliberazione della Sezione delle Autonomie, si parte da una sintetica disamina della normativa sul nuovo istituto di riequilibrio finanziario, si fanno alcune specificazioni su quanto previsto per i contenuti obbligatori del piano di riequilibrio, si evidenziano alcune differenze con la procedura del dissesto, si ribadisce la necessità del raccordo con le linee-guida su bilancio di previsione e rendiconto di cui all’ art. 1, co. 166 e seguenti, della L. 266/2005 già espressa con la precedente deliberazione n. 15/2012, si invita sia a considerare gli elementi di contesto dell’ ente locale14 che a valutare l’ allineamento con i dati contabili degli organismi partecipati, così come si evidenzia l’ importanza di eventuali oneri latenti non adeguatamente considerati dall’ Ente e, infine, si segnala il pericolo che la nuova procedura “potrebbe rivelarsi un dannoso escamotage per evitare il trascinamento verso una situazione di dissesto…diluendo in un ampio arco di tempo soluzioni che andrebbero immediatamente attuate”.15

In coerenza con questa considerazione, nello specificare uno dei contenuti obbligatori del piano di cui all’ art. 242-bis, co 6 lett. d)16, del TUEL la citata Sezione della Corte sostiene che la graduazione della percentuale del ripiano del disavanzo di amministrazione e degli importi da prevedere per il finanziamento dei debiti fuori-bilancio deve privilegiare un maggior peso delle misure nei primi anni del medesimo piano e, preferibilmente, negli anni residui di attività della consiliatura e, comunque, nei primi 5 anni.

Si tratta di un aspetto particolarmente delicato perché se è vero che l’ indicazione della Corte può servire, ad es., anche ad evitare la “tentazione” che si scarichi sull’ Amministrazione successiva a quella che ha richiesto il piano di riequilibrio il maggior peso dello stesso, è altrettanto vero che l’ allungamento a dieci anni del piano di rientro può dare un maggior respiro all’ Ente che richiede la nuova procedura.

Quelle contenute nella citata deliberazione n. 16/2012 vengono definite dalla Sezione delle Autonomie come “il primo schema di linee-guida” che “può essere suscettibile di adattamenti” che, in parte, sono avvenuti con la successiva deliberazione presa in data 6 marzo 2013 riguardante “Linee di indirizzo in merito a questioni interpretativo-applicative concernenti le norme che regolano la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale” (pubblicata sulla G.U. n. 90 del 17/04/2013) dove si affrontano problematiche applicative concernenti:

  1. La collocazione dell’ adempimento relativo alla rideterminazione della dotazione organica di cui all’ art. 259, co.6, TUEL all’ interno della procedura del riequilibrio finanziario pluriennale;

  2. Sul carattere di perentorietà del termine per la presentazione del piano di riequilibrio;

  3. Sulla presenza o meno del vincolo di destinazione dell’ anticipazione dal fondo di rotazione ex- art. 4, co. 5, d-l n. 174 come conv. dalla legge n. 213/2012.

Per come i magistrati contabili hanno risolto le tre questioni interpretative suelencate rinviamo al box sottostante e a successivi richiami alla deliberazione n. 11 del 6 marzo 2013, così come per altri indirizzi interpretativi contenuti nella successiva deliberazione n. 22 presa nell’ adunanza del 13/9/2013.

 

LA PROCEDURA DEL RIEQUILIBRIO FINANZIARIO PLURIENNALE INTEGRATA DA ALCUNE INDICAZIONI DI CUI ALLE DELIBERAZIONI DELLA SEZIONE DELLE AUTONOMIE N. 16/2012, NN. 11 E 22 DEL 2013 E DAL D.M. 11/01/201317

 

I FASE: RICORSO ALLA PROCEDURA, STESURA DEL PIANO DI RIEQUILIBRIO, SUA TRASMISSIONE

Questa fase è articolata in quattro passaggi che vanno dall’ atto iniziale (deliberazione consiliare) alla trasmissione della deliberazione alla competente Sezione Regionale di controllo della Corte, al Ministero dell’ Interno e, pur in assenza di un’ esplicita previsione normativa, alla tesoreria comunale per l’ effetto sospensivo delle procedure esecutive che ne consegue (combinato disposto dell’ art. 243-bis, co. 4, e art. 159, co.1, TUEL). – Secondo la Sezione delle Autonomie, a differenza del dissesto, l’ istanza di ricorso alla procedura in argomento è revocabile18 e questa facoltà dovrebbe, comunque, essere esercitata non oltre i 60 gg. previsti per la presentazione del piano.

Successivamente alla trasmissione della deliberazione consiliare, entro il termine perentorio di 60 gg. dalla data di esecutività 19, il Consiglio dell’ Ente Locale delibera il piano di riequilibrio finanziario pluriennale che entro 10 gg. è trasmesso alla competente Sezione Regionale di controllo e alla Commissione per la stabilità finanziaria degli EE.LL.-La Sezione delle Autonomie ha precisato, con la deliberazione del 6 marzo 2013, che il termine dei 10 gg., a differenza di quello dei 60 gg., non è perentorio, pertanto, qualora non si rispetti non scatta automaticamente il dissesto coatto ex-art. 6, co.2, d-lgs n. 149/2011 e vanno verificate “le ragioni dell’ eventuale ritardo” nella trasmissione della deliberazione consiliare contenente l’ approvazione del piano.

Per questa fase sono previsti 75 gg. (2 mesi e mezzo) che possono lievemente aumentare qualora non si rispetti il termine dei 10 gg. per la trasmissione della deliberazione del piano di riequilibrio.

Questa fase può avere anche un altro tipo di prolungamento nel caso di Amministrazioni ad inizio mandato che, in base a quanto previsto dall’ art. 49-quinquies del d-l n. 69/2013, convertito dalla legge n. 98/2013 può rimodulare il piano presentato dall’ Amministrazione uscente, qualora non sia intervenuta la pronuncia della Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti.

 

II FASE: ISTRUTTORIA SUL PIANO DI RIEQUILIBRIO E RELATIVA APPROVAZIONE O DINIEGO

Questa fase è articolata in tre passaggi di cui uno eventuale:

il primo, di 60 gg., in cui un’ apposita sottocommissione20 della predetta Commissione svolge l’ istruttoria sul piano, all’ esito della quale redige una relazione finale che è trasmessa alla Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti competente per territorio.

Il secondo passaggio, è di tipo eventuale e riguarda la possibilità, da parte della sottocommissione, di formulare rilievi o richieste istruttorie cui l’ Ente è tenuto a rispondere entro trenta giorni.- Secondo la Sezione delle Autonomie il termine di 60 gg. per la sottocommissione può essere oggetto di sospensione per il periodo che impiega l’ Ente per fornire risposte e, comunque, non oltre i 30 gg.

Il terzo passaggio, avviene entro 30 gg. dalla data di ricezione della documentazione da parte dell’ organo regionale della Corte che delibera l’ approvazione o il diniego del piano. – E’ da notare che la Sezione delle Autonomie con deliberazione n. 22/2013 ha precisato che la Sezione Regionale di controllo dispone di “ordinari poteri cognitivi ed istruttori propri”. – Ciò significa che qualora ci siano esigenze di approfondimento ulteriore da parte dei magistrati contabili i termini si allungano (ad es., nel caso del piano del Comune di Napoli, dalla relazione conclusiva della Commissione alla data di convocazione dell’ adunanza pubblica sono passati più di 60 gg.). – In caso di approvazione, la Sezione Regionale vigila sull’ esecuzione dello stesso, adottando in sede di controllo apposita pronuncia.- La delibera della Sezione Regionale della Corte di accoglimento o di diniego del piano è comunicata al Ministero dell’ Interno.

Per questa fase, quindi sono previsti 90 gg. (tre mesi) o 120 giorni in caso di sospensione dei termini per richieste istruttorie da parte della sola Commissione che possono diventare più di 150 se ci sono ulteriori esigenze istruttorie da parte della Sezione Regionale competente.

 

III FASE: POSSIBILITA’ DI RICORSO CONTRO L’ APPROVAZIONE O IL DINIEGO DEL PIANO

Si tratta di una fase eventuale e se è chiaro il soggetto che può ricorrere in caso di diniego (il Comune) non lo è altrettanto quello che può ricorrere in caso di approvazione anche se secondo il Procuratore Generale della Corte la delibera di approvazione del piano potrebbe essere impugnata proprio dal P.M. contabile21 – Il ricorso può essere esperito entro 30 gg. dalla deliberazione della Sezione Regionale innanzi alle SS.RR. della Corte in sede giurisdizionale e in speciale composizione. – I 30 gg., come precisato nella citata deliberazione n. 22/2013, non decorrono dalla notifica del dispositivo, ma dalla data di pubblicazione della deliberazione della Sezione Regionale di diniego di approvazione con le relative motivazioni (nel caso del Comune di Napoli sono passati 30 gg. dall’ adunanza pubblica al deposito in segreteria e pubblicazione delle motivazioni). – Le SS.RR. hanno 30 gg. dal deposito del ricorso per pronunciarsi.

Pertanto, complessivamente, per le tre fasi antecedenti all’ approvazione o al diniego del piano i tempi possono oscillare da 165 gg. (cinque mesi e mezzo) a 315 (10 mesi e mezzo) nel caso in cui ci siano richieste istruttorie da parte della sottocommissione, della Sezione Regionale di controllo, non siano coincidenti il dispositivo e il deposito delle motivazioni e ci sia il ricorso alle SS.RR.

 

IV FASE: POSSIBILITA’ DI ACCESSO AL “FONDO DI ROTAZIONE PER ASSICURARE LA STABILITA’ FINANZIARIA DEGLI ENTI LOCALI”

A questo punto della procedura e soltanto in caso di approvazione del piano di riequilibrio, è possibile accedere al “Fondo di rotazione”, tuttavia in sede di prima applicazione è possibile, in presenza di eccezionali motivi di urgenza, ottenere con DPCM, su proposta del Ministro dell’ Interno di concerto col Ministro dell’ Economia, un’ anticipazione da riassorbire in sede di predisposizione e attuazione del piano di riequilibrio. – La Sezione delle Autonomie, con la citata deliberazione del 6 marzo 2013, ha precisato che anche la somma anticipata è soggetta al vincolo di destinazione ex-art. 4, co. 5, del d-l n. 174 che, per lo stanziamento relativo alla dotazione del Fondo di rotazione, prevede la possibilità di utilizzo da parte degli Enti soltanto per il pagamento di spese del personale, produzione di servizi in economia e acquisizione di servizi e forniture già impegnate e, comunque, non derivanti da riconoscimento di debiti fuori-bilancio. – In caso di diniego del piano o di mancata previsione nel predetto piano delle prescrizioni per l’ accesso al Fondo, le somme anticipate sono recuperate secondo tempi e modalità stabiliti nel citato DPCM.

Sulla tempistica della fase in esame il decreto del Ministro dell’ Interno, emanato di concerto col Ministro dell’ Economia, prevede che essa inizia contestualmente alla presentazione della deliberazione consiliare di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario.- Entro 10 giorni dalla ricezione della suddetta deliberazione e della domanda di accesso al Fondo di rotazione il Ministero dell’ Interno comunica all’ ente locale la quota massima attribuibile. – Entro i 60 gg. previsti per l’ approvazione consiliare del piano di riequilibrio insieme allo stesso è inoltrata dall’ Ente Locale la richiesta dell’ anticipazione a valere sul fondo di rotazione, nei limiti dell’ importo precedentemente comunicato, al Ministero dell’ Interno-Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali. – La concessione dell’ anticipazione è disposta dal Ministero dell’ Interno, previa approvazione del piano di riequilibrio finanziario da parte della competente Sezione Regionale della Corte dei conti che, per quanto previsto in precedenza, fa parte della seconda fase che dura dai 90 ai 120 gg. ed entro 15 gg. dall’ adozione del piano di riparto, ossia entro il 30 giugno ed entro il 30 novembre di ogni anno.- Pertanto, ad es., un Ente che inizia la procedura di accesso al Fondo agli inizi dell’ esercizio finanziario se “salta” la scadenza del 30 giugno slitta direttamente a quella del 30 novembre, considerando i problemi di liquidità degli Enti che chiedono l’ accesso al Fondo, sarebbero state preferibili tre scadenze annuali (ad es., 30 giugno, 30 settembre, 15 dicembre) in modo da accorciare al massimo il tempo tra eventuale approvazione del piano di riequilibrio e concessione dell’ anticipazione.

 

V FASE: MONITORAGGIO SULL’ ATTUAZIONE DEL PIANO

Questa fase, ha due tipi di adempimenti:

il primo, semestrale, consistente nell’ invio di una relazione al Ministero dell’ Interno, al Ministero dell’ economia e alla competente Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti da parte dell’ organo di revisione economico-finanziaria dell’ Ente;

nella citata relazione, si ragguaglia soprattutto sul raggiungimento degli obiettivi intermedi fissati nel piano di riequilibrio. – Nel caso del Comune di Napoli il Collegio dei revisori ha steso la prima relazione semestrale a luglio 2013 per il periodo 28 gennaio-28 luglio 2013.

E’ chiaro che la relazione semestrale in argomento va coordinata con l’ altra relazione semestrale di cui all’ art. 148, co. 1, del TUEL, come sostituito dall’ art. 3, co.1, lett. e) del d-l n. 174/2012 come modificato dalla legge di conversione n. 213/2012 (non a caso nel questionario allegato alla deliberazione n. 4/2013 della Sezione delle Autonomie contenente le “linee-guida per il referto semestrale del Sindaco per i Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e del Presidente della provincia sulla regolarità della gestione e sull’ adeguatezza ed efficacia del sistema dei controlli interni” c’è una domanda per gli Enti che abbiano fatto eventualmente ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale).

Il secondo adempimento della fase di monitoraggio avviene entro il 31 gennaio dell’ anno successivo alla scadenza del periodo di durata decennale ed è la relazione finale sulla completa attuazione del piano di riequilibrio e sugli obiettivi raggiunti.

 

VI FASE: EVENTUALE DICHIARAZIONE DI DISSESTO

Questa eventualità può scattare in momenti temporalmente diversi riguardanti tutte le cinque fasi precedenti:

  1. Mancata presentazione del piano entro il termine perentorio di 60 gg.;

  2. Diniego di approvazione del piano22 da parte del Consiglio Comunale o dalla Sezione Regionale di controllo e mancata ripresentazione dello stesso;

  3. Accertamento del grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi fissati dal piano;

  4. Mancato raggiungimento del riequilibrio finanziario al termine di durata del piano.

 

 

Una delle fasi in cui va operata una semplificazione23 è sicuramente la terza:

eliminare il “ricorso”, prevedere, in caso di mancata approvazione, che la Sezione Regionale chieda all’ Ente le dovute “azioni correttive”, altrimenti scatterebbe la procedura di cui all’ art. 6, co. 2, del d-lgs n. 149/2011 riportando il ruolo della Corte all’ interno dello schema collaudato del controllo di regolarità, previsto dalla finanziaria 2006, ed evitando un’ irragionevole asimmetria con la procedura del dissesto finanziario dove, in caso di diniego dell’ ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, non è prevista la procedura giurisdizionale innanzi alle SS. RR. della Corte24.

Da tener presente, a proposito di complicazioni, che una possibile fase giurisdizionale è prevista anche per gli Enti che accedono al “Fondo di rotazione” con la medesima competenza delle SS.RR. e questo è un punto anche abbastanza oscuro perché si presuppone che l’ Ente che vuole accedere al suddetto Fondo formuli il piano di riequilibrio in modo da potervi accedere e, quindi, se viene approvato il piano dovrebbe essere approvato anche l’ accesso al Fondo.- E’ probabile che il riferimento sia al modo in cui siano stati applicati i criteri per la determinazione dell’ anticipazione attribuibile a ciascun Ente Locale o, anche in questo caso, ad un’ impugnativa da parte della Procura contabile.

Comunque, è da notare che per piccoli Comuni in gravi difficoltà finanziarie le “tutele” attualmente previste resterebbero, probabilmente, sulla carta per le notevoli difficoltà ad affrontare una difesa che, nella maggior parte dei casi, sarebbe presso un organo giurisdizionale fuori dalla Regione di appartenenza.

 

 

  1. L’ applicazione del “pre-dissesto”: il caso del Comune di Napoli.

 

Il 30 novembre dello scorso anno, il Consiglio Comunale di Napoli con deliberazione n. 58 ha deciso di ricorrere alla “procedura di riequilibrio finanziario pluriennale” (ex-art. 3, co.1, lett. r) della legge n. 213/2012 su parere conforme sia del dirigente del servizio bilancio che del Collegio dei revisori.

Com’ è stato osservato dal Presidente pro-tempore della Corte Luigi Giampaolino “le procedure del pre-dissesto…sono state occasionate proprio dalla situazione finanziaria del Comune di Napoli”.25

Del resto, gli Amministratori della città hanno seguito molto da vicino il dibattito parlamentare sulla conversione in legge del d-l 174 strappando alcune modifiche al testo originario come l’ allungamento del periodo di rientro del piano pluriennale da 5 a 10 anni26 o il maggior importo del possibile finanziamento del fondo di rotazione.

Da un punto di vista formale, il Comune di Napoli, al momento dell’ adesione alla procedura in commento, non era un ente strutturalmente deficitario in quanto i parametri non rispettati erano meno della metà di quelli previsti, eppure27, aveva un disavanzo di amministrazione al 31/12/2011 di € 850.209.816,9928.

Ciò significa che il legislatore col nuovo istituto del “pre-dissesto” ha voluto ancora di più evidenziare la situazione effettiva della finanza locale soprattutto quando gli indici di scostamento da alcuni parametri di deficitarietà sono molto rilevanti come nel caso in questione29 dove, per quanto riguarda la gestione dei residui attivi, lo scostamento è del 34,27%, per la gestione di quelli passivi è addirittura del 97,89%, mentre per i debiti fuori-bilancio lo sforamento è più del doppio.

Del resto, una maggiore veridicità del bilancio si riflette anche sull’ elaborazione dei parametri di deficitarietà strutturale come messo in evidenza da una deliberazione della Sezione Regionale di controllo per la Calabria sul Comune di Locri dove, dall’ esame del rendiconto 2010, ci sarebbe stata la violazione di quattro parametri e, invece, la Corte ha accertato una situazione finanziaria ben più grave che ha fatto attivare la procedura del “dissesto guidato” di cui al citato art. 6, co.2, del d-lgs n. 149/2011.30

Per il Comune di Napoli, dopo la maggior “pulizia” del bilancio al 31/12/2012 i parametri di deficitarietà strutturale non rispettati da tre sono diventati cinque, quantunque sia da considerare che col Decreto Ministero dell’ Interno del 18/2/2013 sono stati approvati nuovi parametri.31

Infatti, non a caso, la Sezione delle Autonomie, nella citata deliberazione n. 16/2012, fa riferimento al fatto che “la procedura di riequilibrio presuppone una situazione di evidente deficitarietà strutturale prossima al dissesto” che, ovviamente, va aldilà del numero di parametri apparentemente o effettivamente violati.

Il 28 gennaio 2013, il Consiglio Comunale, entro il termine perentorio dei 60 gg. previsti, ha deliberato il vero e proprio piano di riequilibrio tempestivamente trasmesso alla Commissione per la stabilità finanziaria e alla competente Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti.

Pertanto, l’ Ente ha terminato quella che, nella tabella relativa ai vari passaggi della procedura, è stata definita la “prima fase”.

Nella premessa del parere del Collegio dei revisori32, si precisa subito che ci si è attenuti, nella trattazione degli argomenti, allo schema istruttorio allegato alla deliberazione n. 16/2012 della Sezione delle Autonomie.

Pertanto, dopo delle valutazioni preliminari, si analizzano le cause che hanno determinato lo squilibrio tra cui si segnala la mancata implementazione del nuovo sistema di controllo interno e la mancata adozione di una concreta procedura di monitoraggio della riscossione delle entrate che “ha comportato una dilatazione insostenibile tra liquidazione e pagamenti dei servizi che hanno uno scostamento di oltre 57 mesi”.

Rispetto alle valutazioni specifiche richieste dalle “linee guida” di particolare interesse ci sembrano quelle relative alla rilevazione della massa passiva, di notevole entità.

Infatti, è calcolata in 3,163 miliardi di euro (850 milioni disavanzo di gestione, 105 milioni debiti fuori-bilancio, 53 milioni passività potenziali, 500 milioni per contenzioso, decremento pressioni entrate per 220 milioni di euro, 280 milioni per minori entrate erariali, 1,2 miliardi di euro per impossibilità di continuare a compensare il disavanzo di parte corrente con le plusvalenze da alienazioni di beni patrimoniali, 240 milioni di euro come previsione per il rimborso dell’ anticipazione dal Fondo di rotazione).

Nella parte finale del parere, il Collegio fa delle osservazioni che, in realtà, costituiscono parte del lavoro istruttorio da parte degli organi competenti e del successivo monitoraggio qualora il Piano fosse stato approvato.

Si tratta di considerazioni rispetto all’ attendibilità e veridicità del Piano che, secondo i Revisori è legato a quattro fattori:

  1. Concrete azioni di riscossione delle entrate correnti affinchè le stime effettuate in sede di redazione del Piano siano verificate;

  2. Monitorare genesi ed evoluzione dei debiti fuori-bilancio e delle passività potenziali;

  3. Vigilanza sui piani di dismissione delle quote di partecipazione detenute negli Organismi Partecipati;

  4. Vigilanza sui piani di dismissione del patrimonio immobiliare33 “in quanto, in relazione agli importi previsti nel Piano, il Collegio ne ha potuto riscontrare il solo quantitativo numerico non essendo stato posto nelle condizioni di conoscere nel dettaglio le procedure e le metodologie previste per tali dismissioni”.

Rispetto all’ ultimo punto dell’ elencazione – quello delle dismissioni del patrimonio immobiliare – da notizie di stampa si apprende che è uno dei punti in comune a vari piani di riequilibrio presentati e, secondo alcuni studiosi, è anche uno dei punti che suscita maggiori perplessità.34

Successivamente, con deliberazione consiliare n. 33 del 15/07/2013 il Comune ha aggiornato il Piano in ossequio a quanto previsto dal d-l n. 35/2013 una delle disposizioni richiamate nel secondo paragrafo e facenti parte di una delle sei modifiche sinora intervenute sui piani di riequilibrio.

La citata deliberazione è stata divisa in due parti:

la prima, contenente il vero e proprio aggiornamento del piano di riequilibrio, la seconda costituita da un’ integrazione relativa all’ esatta individuazione del costo del personale in relazione al rapporto percentuale con l’ insieme delle spese correnti.35

Dalla deliberazione di aggiornamento del piano emerge che il disavanzo scaturente dal rendiconto 2011 di € 850 milioni si riduce di € 67.022,659,93 in seguito ad una revisione straordinaria dei residui attivi e passivi, pertanto, dal rendiconto 2012 il disavanzo scende a 783.187.157,06 e tenuto conto dell’ anticipazione di liquidità concessa dalla Cassa Depositi e Prestiti, la cui prima erogazione è stata € 296.570.063,89, il disavanzo scende ulteriormente a 486.617.094,06 che si riduce ancora ad € 266.617.094,06 in virtù dell’ anticipazione proveniente dal Fondo di rotazione pari ad 220.000.000.

Questo modo di calcolare la riduzione del disavanzo, come vedremo nel paragrafo successivo, sarà uno dei punti contestati dalla Sezione Regionale della Corte dei conti nel diniego di approvazione del piano.

Nella “seconda parte” della deliberazione consiliare, nel calcolo della spesa del personale, fatto includendo anche quella relativa al personale delle Società Partecipate, viene esclusa l’ ANM in quanto, secondo il Comune, non rientrante nel concetto di “società in house”, ossia di società che vive prevalentemente di risorse proveniente dall’ ente locale (anche su questo punto si rinvia al paragrafo successivo)36;

inoltre, vengono escluse dal calcolo anche le collaborazioni coordinate e continuate.

Ciò, ha provocato un’ osservazione critica del Collegio dei Revisori del Comune che nel parere sull’ aggiornamento del Piano di riequilibrio osserva che l’ esclusione delle collaborazioni coordinate e continuative contrasta con quanto previsto dalla deliberazione delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 27/2011.37

Sulla base delle modalità di calcolo adoperate dal Comune il costo del personale non supera il 50% della spesa corrente e si attesta al 49,11%.

L’ altro aspetto importante della manovra di risanamento del Comune si fonda sulla riorganizzazione del sistema delle Società Partecipate sia prevedendo una nuova holding costituita dall’ accorpamento di alcune Società38 che puntando alla collocazione sul mercato, mediante procedura ad evidenza pubblica, del 40% del capitale sociale di ANM e di Napoli Servizi, mentre per Terme di Agnano Spa, altre partecipata al 100% e da anni in perdita, si prevede un secondo esperimento di gara per l’ affitto d’ azienda.

 

 

V) – La deliberazione n. 12/2014 della Corte dei conti-Sezione Regionale di controllo per la Campania sul diniego di approvazione del piano di riequilibrio del Comune di Napoli.

 

La deliberazione con cui la Sezione campana della Corte ha valutato la “non congruenza” del piano di riequilibrio presentato dal Comune è particolarmente voluminosa ed articolata:

conta ben 111 pagine, è divisa in due parti, nella prima ricostruisce le vicende che hanno portato al pre-dissesto del Comune richiamando anche precedenti deliberazioni, nella seconda, la più consistente, c’ è la vera e propria analisi del piano con otto gruppi di osservazioni39 riepilogati in delle considerazioni conclusive, a loro volta suddivise in “osservazioni giuridiche” e “considerazioni tecnico-contabili”.

Nella deliberazione in commento ci sono sia affermazioni di grande interesse che considerazioni meno condivisibili.

Alla prima categoria, ad es., appartengono i richiami normativi sull’ impossibilità di poter utilizzare prevalentemente a fini di riequilibrio le eventuali entrate provenienti dalla vendita di immobili appartenenti all’ Edilizia Residenziale Pubblica, considerazione che, per la verità, emerse anche nel dibattito consiliare del gennaio 2013 di approvazione del primo piano di riequilibrio.

Infatti la normativa nazionale prevede che il 75% di questo tipo d’ introiti deve essere reinvestito nei programmi di edilizia sociale.

Altra considerazione d’ indubbia validità sembra quella riguardante la definizione dell’ anticipazione di liquidità ricevuta dal Comune che può essere vista soltanto come una nuova forma d’ indebitamento e, quindi, non può essere portata a riduzione del disavanzo.

Del resto, la logica del “fondo salva-Stati”, cui facevamo riferimento nella parte finale del primo paragrafo, è proprio la sostituzione dei vecchi debiti con nuove forme d’ indebitamento.

Meritano attenta riflessione anche le osservazioni sulle modalità di calcolo dell’ incidenza della spesa del personale sull’ insieme della spesa corrente del Comune per valutare il rispetto o meno del tetto del 50%.

La Corte si sofferma soprattutto sull’ esclusione dal calcolo dell’ ANM Spa, mentre c’ è anche il problema del calcolo della spesa per le collaborazioni coordinate e continuate.

Sul mancato inserimento dell’ ANM si osserva che non è stata applicata correttamente una deliberazione della Sezione delle Autonomie, la n. 14/2011.

Di estremo interesse è anche l’ affermazione secondo cui “ai fini di una sostanziale nonché strutturale operazione di risanamento, occorre in primo luogo valorizzare la ristrutturazione della spesa corrente e l’ efficientamento della riscossione delle entrate proprie, relegando le operazioni straordinarie, in particolare le dismissioni patrimoniali, ad elemento residuale ed eccezionale di consolidamento del risanamento”.

Pensiamo che le considerazioni sulle “operazioni straordinarie” vadano estese anche alla vendita di quote minoritarie di azioni delle Società Partecipate che in una fase di crisi economica come l’ attuale corrono il rischio di essere delle vere e proprie svendite.

 

Al contrario, affermazioni che non sembrano condivisibili sono:

  1. quelle relative ad un uso strumentale da parte del Comune della procedura di riequilibrio vista come “escamotage” per sfuggire alle sanzioni per gli amministratori in caso di dissesto;

  2. strettamente legato al punto precedente è l’ interpretazione restrittiva del significato dell’ arco decennale di durata del piano di riequilibrio;

  3. il sostanziale rifiuto da parte della Corte della logica del controllo “dinamico” del piano di riequilibrio.

Sul primo punto, ridurre tutto ad una sorta di “escamotage” ci sembra non riconoscere gli sforzi del Comune verso una maggiore “pulizia” ed attendibilità del bilancio che per quanto ancora non sufficienti ci sono comunque stati.

Rispetto alla distribuzione nell’ arco del decennio dello sforzo di risanamento la Corte ritiene che vada concentrato soprattutto nei primi anni e, comunque, nel primo quinquennio. – Ciò sembra un eccessivo elemento di rigidità considerato che la norma già prevede che in seguito alla richiesta di accesso al Fondo di rotazione nei primi tre anni ci sia la riduzione di voci di spesa corrente come quelle destinate alla “prestazione di servizi” o ai “trasferimenti” come accennato nel paragrafo successivo, inoltre svuota quella che, come abbiamo visto è stata una specifica modifica parlamentare.

Sul controllo “dinamico” varie modifiche normative al d-l 174 sono andate in direzione di una ripresentazione dei piani di riequilibrio proprio per cogliere l’ evoluzione della situazione economico-finanziaria dell’ Ente come, da ultimo, quanto previsto nel richiamato decreto-legge “salva-Roma”, pertanto su questo punto la posizione della Sezione Regionale si può considerare superata.

 

 

 

VI – Le conseguenze dell’ adesione al piano di riequilibrio finanziario e il “fondo di rotazione”: critiche e proposte. – Il D.M. sui criteri di accesso al Fondo e i primi gruppi di EE.LL. richiedenti.

 

Naturalmente, anche nel Piano di riequilibrio del Comune di Napoli, sono inseriti quei provvedimenti relativi alle conseguenze dell’ adesione al piano finanziario pluriennale e dell’ accesso al collegato “Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli Enti Locali” e che qui di seguito, schematicamente, elenchiamo:

  1. Riduzione delle spese di personale con particolare riferimento all’ eliminazione di alcune voci della retribuzione accessoria40, si tratta di un punto che si inserisce in un contesto che vede il blocco dei contratti del pubblico impiego da alcuni anni;

  2. Entro tre anni riduzione di quelle voci di spesa corrente destinate alla “prestazione di servizi” o ai “trasferimenti”. – La riduzione di entrambe le voci si tradurrà in taglio o in aumento del prezzo dei servizi;

  3. Blocco dell’ indebitamento salvo che per la copertura di debiti fuori-bilancio pregressi.- Ciò determinerà un ulteriore caduta degli investimenti, finanziati, in buona parte, proprio con il ricorso all’ indebitamento perché un Comune in difficoltà non può certo ricorrere alle risorse proprie. – Su questo punto, come abbiamo visto al paragrafo due, s’è cercato di mettere una sorta di “toppa” con una delle modifiche normative ai contenuti del piano di riequilibrio prevedendo una deroga “ad hoc” per le opere riguardanti la linea 1 della Metropolitana ;

  4. Deliberazione delle aliquote o tariffe dei tributi locali nella misura massima anche in deroga ad eventuali limitazioni disposte dalla legislazione vigente41. – Si tratta di un punto che, essendo formulato a “maglie larghe”, può avere pesanti ricadute sui cittadini, mentre l’ analoga previsione per gli enti dissestati è più circostanziata;

  5. Rideterminazione della dotazione organica sulla base del parametro medio dipendenti/popolazione che, per il Comune di Napoli, è di 1 a 7542. – Si tratta di un aspetto che, tra l’ altro, andrebbe coordinato con la normativa più recente in tema di ridefinizione delle dotazioni organiche nelle Pubbliche Amministrazioni. – Sulla rideterminazione della dotazione organica, la Sezione delle Autonomie nella citata deliberazione del 6 marzo 2013 ha precisato che si tratta di un adempimento che ha una propria “autonomia funzionale” e “non costituisce una condizione di avvio dell’ istruttoria del piano di riequilibrio che, per gli aspetti non condizionati da questa specifica valutazione, potrà essere avviata e proseguita”.

Insomma, un aggravamento a livello locale della politica recessiva con una conseguente caduta delle capacità di autonoma programmazione finanziaria di quella che è la prima “Azienda” della città e del Mezzogiorno.

Un ulteriore elemento di gravità può essere rappresentato dallo strumento finanziario adoperato per “salvare” i Comuni: il “fondo di rotazione”.

Si tratta di uno strumento che, com’è noto, fa parte delle discutibilissime “gestioni fuori-bilancio” che generano delle “contabilità speciali” distinte da quelle ordinarie;

attualmente, ce ne sono una trentina, dal fondo per la formazione professionale, a quello per l’ attività di microcredito per l’ area balcanica, a quello per la ricerca applicata, o a quello per l’ imprenditoria cinematografica, ecc.

Nel passato questi tipi di gestioni sono state più volte criticate perché non rispecchiano principi fondamentali del bilancio pubblico come quello dell’ universalità, dell’ unità e della pubblicità, un esempio “storico”, di gestioni fuori-bilancio fu quello dei fondi per la ricostruzione del dopo-terremoto del novembre ’80 a Napoli e in Campania e, purtroppo, sappiamo come vennero gestiti quei fondi tanto che vi fu l’ istituzione di una Commissione Parlamentare d’ Inchiesta.

La maggior parte dei “fondi di rotazione” sono gestiti dai principali istituti bancari dalla BNL, all’ Intesa-San Paolo, all’ UNICREDIT.

Quindi, ci si augura che sia nell’ immediato che nel prossimo futuro non si configuri un’ altra occasione per le Banche con la costituzione del nuovo Fondo nello stato di previsione del Ministero dell’ Interno, avvenuta con lo spostamento di crescenti somme da altri stanziamenti:

90 milioni per il 2013, 190 milioni per il 2014 e 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020 (ex- art. 4, co.1, L. 213/2012).

Pertanto, si predetermina la politica finanziaria verso una fetta non trascurabile di EE.LL. almeno fino al 2020 dopo che se n’ è favorita la crisi con il perverso scambio tra “aiuti” e perdita dell’ autonomia.

Una conferma ulteriore del carattere recessivo contenuto nella manovra verso gli Enti Locali in difficoltà finanziaria si ha dal fatto che la copertura del “fondo di rotazione” si avrà attingendo in buona misura dal Fondo speciale per le spese in conto capitale.

I “fondi speciali” sono tra i mezzi di copertura previsti dalla legislazione vigente (ex-art. 18 legge 196 del 2009 e successive modd. e integrazioni) e l’ utilizzo di parte dell’ accantonamento di quello in conto capitale per sanare le situazioni deficitarie ha il significato evidente di diminuire ulteriormente le risorse finanziarie per eventuali nuovi investimenti, ossia per una politica economica effettivamente di crescita.

La questione dei criteri di funzionamento del Fondo è stata chiarita con l’ uscita del decreto del Ministro dell’ Interno adottato di concerto col Ministro dell’ Economia e pubblicato sulla G.U. n. 33 dell’ 8/2/201343.

Coi criteri fissati dal decreto, i Comuni ben difficilmente potranno giungere al tetto massimo di 300 milioni in seguito ai vari “paletti” messi.

Infatti, si prevede una media-base costituita dall’ 80% del citato tetto massimo che può salire o scendere a seconda della severità del piano che viene proposto, insomma le Amministrazioni locali si troveranno di fronte alla drammatica scelta se avere qualche decina di milioni di euro in più elevando la riduzione nelle spese per prestazione di servizi sino al 15% e sino al 30% quelle per trasferimenti, oppure attestarsi su importi più bassi per l’ anticipazione dal Fondo di rotazione secondo i già impegnativi tetti percentuali “minimi” previsti dalla normativa nel taglio delle suddette spese.

Non a caso il Comune di Napoli ha rinunziato alla “premialità” “per non aumentare la percentuale dei tagli alla spesa per servizi e trasferimenti” che, nel caso specifico, ammontava a circa 40 milioni.44

Sul punto dell’ effettiva entità dell’ erogazione alcuni studiosi hanno rilevato che ciò determina un elemento d’ incertezza dei piani di rientro proposti dagli Enti perché ritengono difficile la realizzazione di un “progetto basato su un’ anticipazione maggiore di quella che sarà erogata”45.

Sia nel decreto (art. 4, co. 10) che nella successiva circolare della Ragioneria Generale dello Stato46 del 7/2/2013 s’è chiarito che la concessione dell’ anticipazione, disposta dal Ministero dell’ Interno, previa approvazione del piano di riequilibrio da parte della competente Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti non rileva ai fini dei limiti d’ indebitamento di cui all’ art. 204 del TUEL, né, secondo la citata circolare, ai fini del patto di stabilità.

Il piano di riparto delle risorse del Fondo avviene due volte l’ anno (entro il 15 giugno ed entro il 15 novembre);

in sede di prima applicazione del decreto in argomento il riparto è avvenuto nello scorso dicembre.

L’ art. 7 del decreto, inserito dietro richiesta UPI, prevede che il Ministro dell’ Interno entro 30 giorni del riparto del Fondo informa la Conferenza Stato-Città ed Autonomie Locali sulle richieste pervenute e gli importi corrisposti.

Il primo gruppo di richieste pervenute a tutto il 2012 riguarda 44 Comuni e tre Province.

I Comuni richiedenti sono concentrati soprattutto in tre Regioni meridionali (37 su 44): 16 in Sicilia, 11 in Calabria e 10 in Campania47, delle tre Province due appartengono a Regioni meridionali (Sicilia e Basilicata) e una ad una Regione dell’ Italia centrale (Abruzzo).

 

 

Al maggio del 2013, gli Enti richiedenti sono giunti a 75 (28 in più rispetto al 2012) e di essi buona parte ha richiesto l’ anticipazione prevista dal fondo di rotazione;48

anche per i primi cinque mesi del 2013 si conferma la tendenza ad una concentrazione nelle Regioni di Calabria (11 Comuni) Sicilia (5 Comuni) e Campania (3 Comuni) che comprendono 19 Enti richiedenti su 28.

 

La critica al meccanismo del Fondo andrebbe collegata ad un ripensamento del ruolo della Cassa Depositi e Prestiti puntando ad una sua ripubblicizzazione all’ interno di un’ impostazione che miri a far partire delle politiche anticicliche con un ruolo importante proprio da parte degli EE.LL, inoltre una parte dei fondi della lotta all’ evasione o dall’ istituzione di una patrimoniale dovrebbe andare ai Comuni in gravi difficoltà finanziarie per evitare di ridurre il Fondo speciale per le spese in conto capitale perché gli investimenti pubblici vanno rilanciati e non bloccati.

 

 

VII – Rapporto del Piano di riequilibrio finanziario col dissesto finanziario e col dissesto “guidato”.

 

Il ricorso al piano di riequilibrio non è alternativo al dissesto finanziario.

Uno dei motivi che ha spinto verso l’ adesione alla richiesta di attivazione della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale è costituito dal fatto che servirebbe ad evitare il dissesto.

Ciò non è vero in quanto la possibilità/necessità di dichiarazione del dissesto continua per vari motivi esplicitamente previsti dalla norma e che abbiamo descritto nella tabella di riepilogo del primo paragrafo all’ interno di quella che abbiamo individuato come “sesta fase” della procedura in argomento.

Pertanto, anche se il piano venisse approvato, il pericolo di dissesto permane e l’ adesione al piano può servire soltanto a spostare nel tempo il dissesto.

Ciò, rafforza il fatto che la vera alternativa non è tra procedura di riequilibrio e dissesto, ma in un radicale cambiamento della politica economica che non si basi più su una presunta riduzione del debito (aumentato nell’ ultimo anno) ma su una stabilizzazione dello stesso almeno per alcuni anni per rilanciare effettive politiche di crescita dimostratesi inconciliabili col rigore a senso unico.

 

Con deliberazioni nn. 1/2013 e 13/2013/QMIG, la Sezione delle Autonomie s’è pronunciata su due “questioni di massima” poste rispettivamente dalla Sezione Regionale di controllo per la Calabria e da quella per la Sicilia.

Nel primo caso, s’è trattato di stabilire, in fase di prima applicazione, quale sia il rapporto tra l’ adesione da parte dell’ Ente Locale alla procedura di riequilibrio e l’ eventuale avvio della procedura del dissesto “guidato” (o coatto). – Ciò, per alcune evidenti similitudini nella definizione normativa delle due procedure cui abbiamo fatto un breve riferimento nel primo paragrafo.

La Corte s’è pronunciata affermando che la procedura di ricorso al piano di riequilibrio sospende temporaneamente la citata procedura del dissesto guidato49 salvo che quest’ ultima non sia giunta alla sua fase finale con l’ adozione, da parte della competente Sezione Regionale di controllo, della delibera di accertamento del perdurante inadempimento dell’ Ente Locale delle misure correttive richieste e della sussistenza delle condizioni per la dichiarazione del dissesto finanziario con relativa trasmissione degli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.50

Nel secondo caso, si trattava di chiarire se la mancata presentazione del piano di riequilibrio entro il termine perentorio di 60 gg. dall’ adesione alla procedura di riequilibrio comporti la ripetizione dei passaggi procedimentali del dissesto guidato oppure l’ applicazione letterale dell’ art. 243-quater, co. 7, del TUEL (assegnazione al Consiglio dell’ ente da parte del Prefetto del termine non superiore a 20 giorni per la deliberazione del dissesto).

Al verificarsi della descritta fattispecie la Sezione delle Autonomie ha ritenuto che il procedimento di dissesto guidato riprende il suo iter completando i passaggi successivi come disciplinati dalla legge.

 

 

VIII – Il ricorso davanti alle SS.RR. in “composizione speciale”.

In questo paragrafo, riprendiamo quanto accennato nello schema descrittivo della procedura del riequilibrio dove abbiamo collocato il ricorso davanti alle SS.RR. nella terza fase che, com’ è noto è quella in cui si trova attualmente il Comune di Napoli.

In “composizione speciale”, come già accennato, vengono emessi i giudizi sui ricorsi contro l’ approvazione o il diniego dei piani di riequilibrio, si tratta di una nuova tipologia di ricorsi attivabili ad istanza di parte nelle forme contenziose, quindi, con l’ intervento obbligatorio del P.M. contabile51.

Quella della “composizione speciale” è una delle modalità con cui vengono composte le SS.RR. che hanno diversi collegi:

in sede giurisdizionale, in sede di controllo, in sede consultiva, in sede deliberante.

La sede della “composizione speciale” è quella più recente e significa una composizione mista tra giudici delle SS.RR. in sede di controllo e giudici delle SS.RR. in sede giurisdizionale e rappresenta uno degli esempi più evidenti di quell’ intreccio tra funzioni di controllo e giurisdizionali cui abbiamo fatto riferimento nel primo paragrafo attraverso cui è passato il nuovo ruolo di “cane da guardia” della linea liberista del pareggio di bilancio da parte delle Sezioni Regionali della Corte.

I criteri per la composizione dei Collegi delle SS.RR. in composizione speciale per il 2014 sono stati fissati dall’ ordinanza presidenziale n. 16 del 18/12/2013 che, al punto 4, prevede che detti Collegi siano presieduti dal Presidente della Corte dei conti o da un Presidente di Sezione da lui delegato scelto tra i due Presidenti di Sezione con funzioni di coordinamento delle SS.RR. in sede giurisdizionale e composti da sei consiglieri di cui tre delle SS.RR. in sede giurisdizionale e tre delle SS.RR. in sede di controllo.

La sede giurisdizionale è composta da 26 magistrati (da cui vanno scelti i tre per la composizione speciale);

la sede di controllo è composta da 34 magistrati (da cui ne vanno scelti altri tre).

Con la “composizione speciale” il legislatore ha voluto risolvere i conflitti di competenza con altre magistrature, in particolare con quella amministrativa che aveva sospeso più di una deliberazione di Sezioni Regionali di controllo in seguito a ricorsi di Comuni52 “risolvendo” il problema della giustiziabilità delle deliberazioni delle Sezioni Regionali di controllo.

Pertanto, da quanto s’è potuto comprendere, la sede della “composizione speciale” è giovane e la prima sentenza delle SS.RR. sui ricorsi avverso il diniego di approvazione di un piano di riequilibrio è soltanto del giugno 2013. – Nel caso citato la sentenza n. 2/2013 è stata favorevole al Comune di Belcastro e sono state respinte le motivazioni della Sezione Regionale competente (quella per la Calabria). – Nella sentenza in questione le Sezioni Riunite hanno, tra l’ altro, sostenuto che la Sezione Regionale di controllo, prima di pronunciarsi sui piani di riequilibrio debba, comunque, aspettare l’ esito dell’ istruttoria della Commissione ministeriale.

Nel corso del 2013, ci sono state altre tre sentenze: la n. 5, riguardante il Comune di Ispica (provincia di Ragusa) dove le SS.RR. hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal Sindaco pro-tempore contro la deliberazione consiliare di bocciatura del piano di riequilibrio finanziario che, di conseguenza, aveva attivato le procedure per il dissesto guidato;

la n. 6, riguardante fattispecie diversa dall’ approvazione/diniego del piano di riequilibrio in quanto concernente l’ eventuale elusione dei vincoli del patto di stabilità da parte del Comune di Montecchio Maggiore dove, da un lato, è stato accolto il ricorso del Comune e, dall’ altro, s’è affermata la competenza delle SS.RR. in composizione speciale a giudicare anche su fattispecie diverse da quelle del piano di riequilibrio;

la n. 9, più simile, come casistica, al caso del Comune di Napoli in quanto concernente il ricorso da parte del Comune di Porto Azzurro contro il diniego del piano di riequilibrio deliberato dalla Sezione Regionale di controllo per la Toscana e, in questo caso, è stato respinto il ricorso dell’ Ente.

In questa circostanza, la difesa del Comune ha osservato, tra l’ altro, che c’è stata la mancanza d’ un contraddittorio soddisfacente, ristrettezza di tempi per la risposta, non s’è tenuto in considerazione l’ esito positivo dell’ istruttoria svolta dalla Commissione del Ministero dell’ Interno.

 

 

IX – Spunti conclusivi: per la costruzione di una piattaforma antiliberista di svolta nella politica economica verso gli Enti Locali.

 

E’ sicuramente difficile trarre delle conclusioni su delle problematiche complesse come quelle qui affrontate e, in buona misura, in corso di definizione.

Perciò, ci limiteremo a ribadire alcune esigenze.

Da quanto sin qui sostenuto, appare chiaro che sulla legge 213 occorrerà ritornarci sia per il ruolo della Corte dei conti, che, ad es., per i meccanismi di finanziamento.

L’ ottica emergenziale da cui è nata anche la procedura del piano di riequilibrio sta mostrando le sue prime crepe come dimostrano anche alcune sentenze della Corte Costituzionale che hanno dichiarato l’ illegittimità costituzionale di alcune disposizioni del d-l 174 quantunque in riferimento alle Regioni53.

Da quanto sinora affermato, si evince con chiarezza che l’ ottica della maggior parte dei piani di riequilibrio compreso, purtroppo, quello del Comune di Napoli è quella di vendere i “gioielli di famiglia” alienando patrimonio immobiliare e smantellando progressivamente il sistema della partecipate obiettivo, quest’ ultimo, ribadito anche nel recente “salva-Roma” per la capitale.

Non a caso uno dei “focus” del Commissario alla spending review Cottarelli è sulle Società Partecipate che, a livello nazionale, ha individuato ben 2.023 società in rosso per 2,2 miliardi.

Col “nuovo” Governo Renzi s’ è fatta più forte la pressione della Confindustria che in un recente rapporto del suo Centro Studi afferma che ci sarebbero risparmi per circa 13 miliardi se si mettessero le mani sull’ appetitoso “capitalismo municipale”.

Del resto, com’ è noto, l’ attuale Presidente del Consiglio da Sindaco ha portato avanti la privatizzazione dell’ azienda di trasporto pubblico fiorentina (ATAF).

Sappiamo che il sistema delle Partecipate non è esente da lati opachi (il Comune di Napoli, con vari livelli di partecipazioni, è arrivato addirittura sino a 22 partecipate) tuttavia non riteniamo che si debba “gettare il bambino insieme all’ acqua sporca”.

Non vorremmo trovarci in una situazione simile a quella del 1993 quando, per via referendaria, venne abolito il Ministero delle Partecipazioni Statali (pascolo di clientele e finanziamenti per la DC e i partiti di Governo ma anche presidio d’ intervento pubblico nell’ economia soprattutto nel Mezzogiorno).

Allora, ci fu una sostanziale svendita di pacchetti azionari pubblici e in varie zone di Napoli e della Campania oggi, al posto delle aziende pubbliche, c’è da anni la de-industrializzazione e la camorra ha recuperato in termini di governo del territorio.

PER CONCLUDERE, pensiamo che, per ovvi motivi, il nostro orizzonte non può essere quello della “leggina” o del paracadute per evitare l’ immediato stato di dissesto anche formale del Comune (così il citato d-l n. 6/2014) ma quello della costruzione di una vertenza nazionale che parta proprio dalle aree di maggior sofferenza economico-finanziaria per una svolta antiliberista nella politica della finanza locale.

In questo senso, nel caso del Comune di Napoli, occorre anche recuperare un ruolo più attivo del Consiglio, delle forze politiche e di quelle sindacali superando la delega di fatto che c’ è stata verso il Sindaco nella gestione della partita riequilibrio finanziario e ciò a partire dall’ eventuale ripresentazione del piano in caso di nuova bocciatura dello stesso da parte delle SS.RR. della Corte dei conti.

 

Proposta di piattaforma antiliberista in 14 punti

  1. Semplificazione dell’ attuale procedura di piano di riequilibrio pluriennale (mirando, tra l’ altro, ad eliminare l’ intreccio tra la funzione di controllo e quella giurisdizionale della Corte dei conti per recuperarne, almeno in parte, un ruolo “collaborativo” della stessa e cercando di coinvolgere anche l’ ANCI che ha fatto un’ esplicita richiesta di semplificazione procedurale durante il dibattito parlamentare sulla conversione in legge del d-l 174);

 

  1. Possibilità per i Comuni che riequilibrano le proprie finanze prima della scadenza prevista dal piano presentato di uscire dalla procedura controllata anche prima del suddetto termine (ad es., se un Comune presenta un piano di riequilibrio della durata di otto anni e, successivamente, raggiunge gli obiettivi al sesto anno può uscire due anni prima di quanto previsto dalle procedure controllate) ;

 

  1. Maggiori specificazioni per quanto riguarda le modalità di aumento dei tributi su cui anche il Servizio Studi del Senato, a suo tempo, ha mosso delle obiezioni, in quanto l’ attuale normativa è così generica che può esserci l’ ulteriore rischio di aumenti indifferenziati, indipendentemente dalle fasce reddituali seppure, nel caso del Comune di Napoli, s’è cercato di superare questo problema;

 

 

  1. NO all’ eventuale intermediazione bancaria sia nell’ immediato che nel prossimo futuro per evitare occasioni speculative per l’ accesso al “Fondo di rotazione” e progressivo superamento del meccanismo “opaco” delle gestioni fuori-bilancio di cui al citato Fondo;

 

  1. Ripensamento del ruolo della Cassa Depositi e Prestiti per una  sua ripubblicizzazione (non a caso è stata trasformata in Spa nel 2003 durante uno dei Governi Berlusconi);

 

 

  1. Rinegoziazione dei mutui con la Cassa Depositi e Prestiti a tasso agevolato per il Comune di Napoli e per tutti gli EE.LL. in grave difficoltà finanziaria per tutto il periodo di riequilibrio/risanamento (non si comprende perché la BCE dà soldi ad un tasso irrisorio alle Banche private e, poi, gli Enti Pubblici debbano pagare tassi di mercato per investimenti pubblici, né si comprende perché, nei fatti, la Cassa riconosce la “finalità sociale” a gruppi privati come Benetton o Carnival e non ai Comuni);

 

  1. Rinegoziazione del debito di provenienza speculativa (ad es. gli swap che riguardano anche il Comune di Napoli);

 

  1. Collegamento delle politiche di riequilibrio finanziario degli Enti Locali alle fasi del ciclo economico, dando una chiara interpretazione estensiva a quanto previsto dalla legge “rinforzata” d’ attuazione del “riformato” art. 81 della Costituzione . – Infatti, non sfugge a nessuno che l’ applicazione delle norme sia sul riequilibrio finanziario che sul dissesto finanziario aggraverebbero la recessione. – Ciò, è, ovviamente, soprattutto in relazione al previsto blocco degli investimenti per gli Enti in gravi difficoltà finanziarie;

 

  1. Impedire che le risorse per gli enti in grave difficoltà finanziarie provengano dal Fondo Speciale investimenti e non, invece, da una quota della lotta all’ evasione fiscale, o dall’ istituzione di una patrimoniale;

 

 

  1. Nell’ approvazione dei piani di riequilibrio/risanamento, vanno considerati elementi di contesto come l’ indice di disoccupazione del territorio coinvolto dal riequilibrio finanziario integrando degli “spiragli” che sono vagamente previsti anche nella deliberazione n. 16/2012 della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, oppure valutare  la situazione contrattuale dei lavoratori dell’ Ente (non è la stessa cosa fare dei tagli alla retribuzione accessoria in una fase di blocco pluriennale dei rinnovi contrattuali come l’ attuale o in periodi di “vacche grasse”). –In particolare, va ribaltata l’ attuale visione della retribuzione accessoria come uno dei punti su cui tagliare; invece, lavoratori e OO.SS. possono essere, attraverso la contrattazione integrativa, una fonte di recupero di risorse finanziarie per l’ Ente soprattutto nel campo dell’ evasione tributaria. – Nelle modifiche al piano di riequilibrio, quindi, vanno previsti specifici contributi della contrattazione, naturalmente sta alle RR.SS.UU. e alle OO.SS. formulare articolate e concrete proposte in merito.

 

  1. Sempre in rapporto all’ attuale fase recessiva, che vive gran parte dell’ Europa e il nostro Paese, uscita dal Patto di stabilità (o forte allentamento dello stesso) degli EE.LL. in difficoltà finanziarie per i primi tre anni del riequilibrio o del dissesto finanziario estendendo a questi Enti le disposizioni già in vigore per alcuni Enti in difficoltà finanziarie di zone terremotate (o in misura diversa la deroga vigente al PSI per i Comuni sciolti per infiltrazioni malavitose che sono esentati per tutto il periodo del Commissariamento e il primo anno di rielezione degli organi ordinari);

 

 

  1. Coordinamento della normativa sulla rideterminazione delle dotazioni organiche per evitare duplicazioni anche indirette dei tagli (ad es., la legge sulla “spending review” prevede l’ uscita di un DPCM sulla riduzione delle dotazioni organiche degli EE.LL. che non è ancora avvenuta e che come parametro prioritario adopererà sempre quello del  rapporto dipendenti/popolazione residente);

 

  1. Prolungamento al quinquennio , invece dell’ attuale termine triennale, della riduzione di almeno il 10% della spesa corrente per prestazioni di servizi e di almeno il 25% della spesa per trasferimenti.

 

  1. Disincentivare le operazioni di finanza straordinaria a favore di quella ordinaria e strutturale, in particolare va vietata l’ alienazione di beni del patrimonio disponibile adibiti a finalità sociali.

 

 

Rosario Marra

del Circolo Luigi Esca-Vincenzo Obermayer di

Stella-San Carlo all’ Arena.

 

 

NA 13/03/2014

 

 

 

 

 

 

1 Francesco Albo nota come “l’ espressione gergale di “dissesto guidato” risulta ormai utilizzata anche nelle deliberazioni della Corte dei conti. – Cfr. Sezione delle Autonomie delibera n. 16/2012; Sezione Regionale di controllo per la Calabria, delibere n. 309/2012 e 310/2012” (da “La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale e la prevenzione del dissesto” in LexItalia.it, nota n.8). – La Sezione Regionale di controllo per la Calabria, rispetto al tipo di competenza in esame, in qualche deliberazione usa anche l’ espressione “procedura di accertamento assistito dei presupposti del dissesto” (cfr. deliberazione n. 294 del 15/11/2012).

 

2 E’ ovvio che nell’ attuale quadro normativo non è data discrezionalità all’ Ente sulla deliberazione dello stato di dissesto, tanto che anche nella precedente stesura dell’ art. 247 TUEL era prevista una sorta di “dissesto guidato” su iniziativa del CO.RE.CO.- Il carattere “vincolato” della dichiarazione di dissesto emerge pure dalla giurisprudenza amministrativa: “La decisione di dichiarare lo stato di dissesto finanziario non è, pertanto, frutto di una scelta discrezionale dell’ ente, rappresentando piuttosto una determinazione vincolata (ed ineludibile) in presenza dei presupposti di fatto fissati dalle legge, la “valutazione” richiamata dall’ art. 246, riguarda soltanto le cause che hanno determinato la situazione di deficit finanziario economico” (Cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 143/2012).

 

3 Sono poche le deliberazioni delle Sezioni Regionali della Corte, antecedenti il d-l 174, che adoperano il termine “pre-dissesto”. – Ad es., nelle deliberazioni della Sezione regionale di controllo per il Piemonte nn. 414 e 415 del 2012 si usa l’ espressione “disequilibrio strutturale”; nella n. 260/2012, sul Comune di Alessandria, si usa l’ espressione “sussistenza di numerose criticità, ritenute indice di uno squilibrio finanziario strutturale tale da poter preludere alla dichiarazione di dissesto finanziario”; la Sezione Regionale calabrese, nella deliberazione n. 294/2012, sul Comune di Reggio Calabria fa riferimento a “gravi profili di criticità ed irregolarità idonei a provocare il dissesto finanziario dell’Ente”.

Nelle deliberazioni nn. 76 e 103 del 2011 adottate dalla Sezione Regionale di controllo per la Liguria sul Comune di Cogorno, invece, compare il termine “pre-dissesto”: “La Sezione Regionale di controllo per la Liguria:

accerta la sussistenza, per il bilancio di previsione 2011, di profili di criticità strutturali in termini di tenuta dell’ equilibrio di parte corrente , essendo l’ equilibrio influenzato da entrate aventi carattere non ripetitivo non correlate a spese aventi le medesime caratteristiche, con effetti pregiudizievoli sul patto di stabilità interno e sulla salvaguardia degli equilibri di bilancio sugli esercizi 2012 e 2013 compresi nel bilancio pluriennale 2011-2013 in atto in situazione di squilibrio o di equilibrio condizionato all’ acquisizione di entrate del tutto ipotetiche e dunque in stato di pre-dissesto economico e finanziario” (dalla cit. deliberazione n. 103 del 30 dicembre 2011).

 

4 Il riferimento è alle disposizioni relative alla “Responsabilità politica del Presidente di Provincia e del Sindaco” di cui all’ art. 6, co.1, del d-lgs n. 149/2011 dove si prevede che qualora la Corte dei conti riconosca come responsabili, anche in primo grado, gli amministratori che con dolo o colpa grave hanno provocato il dissesto finanziario non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, revisore dei conti di enti locali e di rappresentanti di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati. –I Sindaci e i Presidenti di Provincia, inoltre, non sono candidabili per dieci anni alle cariche di Sindaco, Presidente di provincia, Presidente di Giunta Regionale, nonché di membro di consigli comunali, provinciali, regionali, del Parlamento nazionale ed europeo, né possono ricoprire, per il medesimo periodo, la carica di assessore comunale, provinciale, regionale, né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici.

 

5 I parametri per il triennio 2013/2015 sono stati individuati, secondo le modifiche apportate all’ art. 242, co.2, del TUEL, con Decreto del Ministro dell’ Interno di concerto col Ministro dell’ economia e delle Finanze del 18/2/2013, pubblicato sulla G.U. –Serie Generale n. 55 del 6/03/2013.

 

6 La Sezione delle Autonomie, riprendendo una precedente deliberazione, ha indicato nell’ adunanza del 20/11/2011 come “cause principali e ricorrenti, che portano al dissesto dell’ Ente, nelle seguenti fattispecie: squilibri nella gestione dei residui, mantenimento in bilancio di residui attivi sopravvalutati, risalenti ed inesigibili, crisi irreversibile di liquidità con ricorso sistematico ad anticipazioni di tesoreria di notevole entità, ingenti debiti fuori bilancio, sopravvalutazione di entrate, sottovalutazione di spese” (dalla deliberazione n. 2/2012 della Sezione delle Autonomie). Ulteriori indicatori e un’ articolazione di quelli elencati in precedenza si trovano nelle varie deliberazioni di Sezioni Regionali citate nel presente scritto.

 

7 In questa direzione, va ad es., il “Protocollo d’ intesa relativo ai rapporti di collaborazione tra la Corte dei conti nell’ esercizio delle sue funzioni di controllo e la Guardia di Finanza” firmato lo scorso 4 marzo; nell’ originaria stesura del d-l 174 si prevedeva un uso ancora più ampio della Guardia di Finanza per l’ attività di controllo della Corte.

 

8 Ci sono stati esperti che di fronte ai cambiamenti dell’ originaria normativa del piano di riequilibrio hanno parlato di “disposizioni caotiche” (così Ettore Jorio su “IL SOLE-24 ORE” del 27 gennaio 2014.

 

9 Le altre tre modifiche sono state apportate:

  1. dall’ art. 49-quinquies del d-l n. 69/2013, convertito nella legge n. 98/2013 che ha aggiunto al co. 5 dell’ art. 243-bis del TUEL la previsione, nel caso di inizio mandato, di una rimodulazione del piano presentato dall’ Amministrazione uscente, qualora non sia ancora intervenuta la pronuncia della Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti;

  2. dall’ art. 10-ter del d-l n. 35/2012 che, sostituendo il co.1 dell’ art. 243-quater del TUEL ha limitato la competenza all’ adozione degli indirizzi istruttori alla Sezione delle Autonomie evitando che in questa fase intervenisse anche la Sezione Regionale (nel caso del Comune di Napoli ciò non s’è verificato in quanto la Sezione campana è intervenuta anche nella fase istruttoria della Commissione del Ministero dell’ interno, com’ era previsto prima della modifica normativa);

  3. dall’ art. 1, co. 573, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) che anticipa una delle possibilità di ripresentazione del piano di riequilibrio finanziario qualora ne sia stata bocciata la proposta dal Consiglio Comunale e a patto che l’ Ente riesca a dimostrare dinnanzi alla competente Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti di aver migliorato la condizione di ente strutturalmente deficitario.

 

10 Si tratta del decreto-legge contenente “disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali. – Disposizioni per il rinnovo del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria”.

 

11 E’ la legge concernente “interventi urgenti di avvio del piano “Destinazione Italia” per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC auto, per l’ internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di OO.PP. ed Expò 2015”

 

12 Si tratta del d-l 6 marzo 2014 n. 6 contenente “disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure atte a garantire la funzionalità delle istituzioni scolastiche”.

 

13 La citata deliberazione è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 7 del 9 gennaio.

 

14 Ad es., al punto 7 della Sezione I dello “schema istruttorio” per quanto attiene all’ “analisi della capacità di riscossione nel triennio” si afferma che “L’ Ente deve dar conto delle eventuali difficoltà di riscossione illustrando il contesto economico-sociale-territoriale, le difficoltà operative ed organizzative sofferte ed ogni altra concausa”.

 

15 Questo concetto, come vedremo nel successivo paragrafo V, è stato ripreso, in maniera forse un po’ troppo meccanicistica, dalla Sezione Regionale di controllo nella deliberazione n. 12/2014.

 

16 La norma citata cosi recita:

d) l’ indicazione, per ciascuno degli anni del piano di riequilibrio, della percentuale di ripiano del disavanzo di amministrazione da assicurare e degli importi previsti o da prevedere nei bilanci annuali e pluriennali per il finanziamento dei debiti fuori-bilancio.

 

17 Lo schema che segue riguarda la procedura-tipo del piano di riequilibrio incluse le modifiche procedurali inserite per vari casi specifici dalla normativa successivamente intervenuta e brevemente analizzata nel paragrafo II) del presente saggio.

 

18 Casi di successiva revoca della deliberazione consiliare di adesione alla procedura di riequilibrio sono quelli costituiti da due comuni calabresi, Monasterace e Anoia entrambi in provincia di Reggio Calabria.

 

19 Si suppone che, trattandosi di Comuni con l’ “acqua alla gola”, venga deliberata l’ immediata esecutività.

 

20 Il decreto di costituzione della sottocommissione, prevista dall’ art. 3, co. 1 lett. r del d-l 174 come convertito dalla legge 213, è stato emanato in data 27/02/2013;

sono previsti 12 componenti equamente ripartiti tra Ministero dell’ Economia e Finanze, Ministero dell’ Interno e ANCI.

 

21 Si veda in proposito quanto affermato alla pag. 13 della relazione scritta del Procuratore Generale della Corte dei conti Salvatore Nottola all’ inaugurazione dell’ anno giudiziario 2014 riportata sul sito della Magistratura contabile.

 

22 Si rinvia a quanto osservato alla precedente nota n. 8 dove si citano le disposizioni in base alle quali l’ Ente ha la facoltà di ripresentare il Piano di riequilibrio in caso di bocciatura dello stesso.

 

23 Proposte di semplificazione della nuova procedura in esame sono state fatte anche dall’ ANCI e inviate nel novembre 2012 alle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio.

 

24 Critiche a quest’ aspetto della procedura e sotto diversa angolazione, emergono anche in F. Albo (op. cit.) dove si osserva che “Al di là della configurabilità di un giudizio di appello rispetto ad atti – quali le delibere delle Sezioni Regionali di controllo- aventi natura non giurisdizionale, che merita separato approfondimento in altra sede, perplessità desta l’ assenza di parametri legislativi predefiniti circa la “speciale composizione” del collegio giudicante, ai fini della nomina dello stesso da parte del Presidente della Corte” (articolo citato pag. 9 in n. 1/2013 di LexItalia.it).

Per quanto ci riguarda, pensiamo che la Corte abbia voluto il tipo di procedura in esame anche per evitare che si ripetessero casi di ricorso al TAR, come avvenuto, in un primo momento, nella procedura di “dissesto guidato” del Comune di Alessandria (deliberazione GC n. 85/0950 del 28/03/2012 revocata dall’ Amministrazione Comunale subentrante a quella nella cui consiliatura s’è verificata la situazione di pre-dissesto). – Per ulteriori approfondimenti sul punto rinviamo al paragrafo VIII.

 

25 Dalle dichiarazioni rese alla stampa dal Presidente della Corte dei conti in occasione delle celebrazioni dei 150 anni della costituzione della magistratura contabile tenutesi anche a Napoli lo scorso 15 dicembre 2012.

 

26 Si veda in proposito l’ emendamento del Senatore Oliva, 3.108, approvato durante la trattazione in Commissione dell’ allora ddl n. 3.570.

 

27 Esiste agli atti anche una relazione del Servizio Ispettivo di Finanza della Ragioneria Generale dello Stato che ha avuto un certo risalto sulla stampa cittadina che esamina le gestioni degli ultimi anni del Comune che sembra delineare un quadro ancora più critico e attualmente oggetto della risposta dell’ Amministrazione.

 

28 Il dato sul disavanzo, come altri dati cui si fa riferimento nel prosieguo, è ripreso dalla relazione al rendiconto 2011 del Collegio di revisione del Comune di Napoli pubblicata sul sito istituzionale dell’ Ente.

 

29 I tre parametri non rispettati al 2011 sono:

  1. Quello relativo ai residui attivi da riportare provenienti da gestioni dei residui (tit. I e III) in rapporto agli accertamenti delle entrate del titolo I e III superiori al 65%: nel caso del Comune di Napoli il suddetto rapporto è al 99,27%;

  2. Volume dei residui passivi di fine esercizio delle spese correnti (tit. I) superiori al 40% degli impegni di cui al titolo I: il Comune di Napoli è al 137,89%;

  3. Debiti fuori-bilancio rapportati alle entrate correnti (titoli I, II e III) superiori all’ 1% riferito agli ultimi tre anni: il Comune di Napoli è al 3,52%.

 

30 Cfr. deliberazione n. 310/2012 della Corte dei conti-Sezione Regionale di controllo per la Calabria dove, tra l’ altro, si afferma: “Appare altamente probabile che l’ Ente attualmente si trovi in stato di deficitarietà strutturale ai sensi dell’ art. 242 TUEL, seppur i parametri di riscontro elaborati…riportino esclusivamente la ricorrenza di 4 violazioni su 10.- Com’ è stato evidenziato nella precedente deliberazione di questa Sezione n. 295/2012, l’ Ente ha verosimilmente violato anche il parametro inerente ai debiti fuori-bilancio e potrebbe altresì non aver conseguito il rispetto del parametro inerente alla spesa del personale proprio in ragione della consistente eliminazione di poste attive ritenute insussistenti”. – Impostazione simile, è quella seguita dalla Sezione Regionale di controllo per il Piemonte rispetto alla situazione finanziaria del Comune di Alessandria, dove, nella deliberazione n. 260/2012 si osserva che “I parametri di deficitarietà costituiscono unicamente un indice della situazione di squilibrio finanziario ma non sono necessario presupposto di una situazione di grave squilibrio finanziario che può manifestarsi anche in base ad altri indici” (dalla pag. 60 della citata deliberazione).

 

31 Dalla tabella dei parametri di deficitarietà strutturale riportata nella relazione dei revisori dei conti al rendiconto 2012, si evince che i parametri non rispettati sono:

  1. volume dei residui attivi di nuova formazione provenienti dalla gestione di competenza e relativi ai titoli I e III;

  2. volume dei residui attivi provenienti dalla gestione dei residui attivi di cui al titolo I e III superiori al 65% degli accertamenti della gestione di competenza delle entrate dei medesimi titoli;

  3. volume dei residui passivi complessivi provenienti provenienti dal titolo I superiori al 40% degli impegni della medesima spesa corrente;

  4. esistenza di procedimenti di esecuzione forzata superiore allo 0,5% delle spese correnti anche se non hanno prodotto vincoli a seguito delle disposizioni di cui all’ art. 159 TUEL;

  5. consistenza dei debiti fuori-bilancio riconosciuti nel corso dell’ esercizio superiore all’ 1% rispetto ai valori di accertamento delle entrate correnti.

 

32 Anche in questo caso, il parere è stato pubblicato nelle pagine del Collegio dei revisori sul sito istituzionale del Comune di Napoli.

 

33 Quello della vigilanza sui piani di dismissione del patrimonio immobiliare è stato uno dei punti che ha animato anche il breve dibattito consiliare concentrato nella sola seduta del 28/01/2013 soprattutto con riferimento alla dismissione di alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica.- Su questo punto, in relazione alle azioni correttive messe in atto per ripianare il disavanzo del Comune di Reggio Calabria, la competente Sezione Regionale della Corte ha ricordato, citando un parere della Sezione Regionale della Lombardia, che, secondo “l’ art. 1, co. 5, della legge n. 560/1993 “L’ alienazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica è consentita esclusivamente per la realizzazione di programmi finalizzati allo sviluppo di tale settore” ( cfr. deliberazione n. 294 del 15/11/2012).

 

34 Cfr. in proposito quanto affermato da E. Jorio: “Per non parlare delle paventate alienazioni degli immobili comunali.- Facili ad incrementare le speranze sociali.- Difficili da realizzare per due ordini di motivi. .Il primo perché “affetti” da estimi non propriamente attualizzati.- Del tipo, l’ immobile interessante al ribasso, quello poco attraente, invece, sull’ esagerato. – Il secondo che è rappresentato dalla più generale penuria di acquirenti, atteso un mercato immobiliare che non c’è e che non ci sarà per chissà quanto tempo” (da “Troppo ottimismo senza responsabilità” su “IL SOLE-24 ORE” del 25/02/2013).

 

35 Sulla “bipartizione” della proposta di deliberazione, nel dibattito della seduta consiliare del 15/7/2013, non sono mancate perplessità da parte di alcuni Consiglieri che hanno espresso anche riserve sul metodo di calcolo adoperato dal Comune per giungere all’ individuazione della percentuale esatta dell’ incidenza della spesa del personale rispetto all’ insieme della spesa corrente.

 

36 Le Società Partecipate complessivamente inserite nel calcolo della spesa del personale sono state, in tutto, sette:

A.S.I.A., NAPOLIPARK, NAPOLISOCIALE, METRONAPOLI, ELPIS, NAPOLISERVIZI, ARIN. (tutte partecipate al 100%).

 

37 Nella citata deliberazione si osserva: “…costituiscono spese di personale anche quelle sostenute per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all’ articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, nonché per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all’ ente”.

 

38 Si tratta della New Company per la mobilità della città di Napoli costituita da ANM Spa, Metronapoli Spa e Napoli park srl

 

39 Le osservazioni riguardano: le modalità di determinazione del disavanzo d’ amministrazione, il piano di dismissioni immobiliari, la situazione delle Società Partecipate, le modalità di contabilizzazione dell’ anticipazione del Fondo di rotazione, la capienza del Fondo Svalutazione Crediti, l’ andamento negativo dei flussi di cassa, le modalità di formazione del Fondo risorse decentrate e il metodo adoperato per determinare l’ incidenza delle spese per il personale rispetto all’ insieme delle spese correnti, la situazione debitoria.

 

40 La legge 213, ai sensi del nuovo art. 243-bis del TUEL, fa riferimento all’ art. 15, co.5, del CCNL 1/4/1999 per il personale delle categorie e all’ art. 26, co. 3, del CCNL 21/12/1999 per la dirigenza del comparto Regioni/Autonomie Locali.

L’ art. 15 è sulle “Risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività”, l’ art. 26 del CCNL dirigenza è relativo al “finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato”.

 

41 A tale proposito, il Servizio Studi del Senato,, nel dossier n. 405 sull’ allora ddl n. 3570 ha osservato:

La facoltà riconosciuta agli Enti locali, di rilevante impatto sui soggetti passivi dei tributi e delle tariffe locali, non sembra circostanziata rispetto alla portata delle eventuali deroghe alla legislazione vigente consentite agli Enti Locali che accedano alla procedura di riequilibrio in relazione alle diverse fattispecie impositive e tariffarie azionabili dagli enti medesimi” (dossier cit. pag. 177).

 

42 Per il triennio 2011-2013, il rapporto medio dipendenti/popolazione è contenuto nel D.M. 16/03/2011; il Comune di Napoli è inserito nella fascia demografica superiore ai 249.999 abitanti con un rapporto di 1 a 75.- Dalla citata relazione dei revisori (pag. 165) emerge un rapporto di 91.

 

43 Lo schema di decreto al passaggio in Conferenza Stato-Città Autonomie Locali ha visto una diversificazione nel parere reso nella seduta del 20 dicembre 2012 dalle Associazioni delle Autonomie in quanto l’ ANCI ha dato una valutazione positiva e l’ UPI, invece, negativa perché ha ritenuto che il tetto di 20 euro ad abitante per le Province è sperequato rispetto a quello previsto per i Comuni. – E’ chiaro che sulla differenza tra i due tetti hanno inciso sia le disponibilità finanziarie che il diverso peso politico-istituzionale dei due tipi di Enti.

 

44 Così l’ Assessore al Bilancio Palma nel dibattito consiliare del 15/7/2013 sull’ aggiornamento del piano di riequilibrio del Comune.

 

45 Si veda in proposito l’ intervento del prof. Ettore Iorio su “IL SOLE-24 ORE” dell’ 11/02/2013.

 

46 Cfr. Circolare n. 5 concernente il Patto di stabilità interno per il triennio 2013-2015 per le Province e i Comuni con popolazione superiore ai 1.000 abitanti. – Il punto riguardante il Fondo di rotazione è al paragrafo D punto D.3

 

47 Un elenco dettagliato dei Comuni e delle Province che hanno chiesto di accedere alla procedura del piano di riequilibrio si trova nel numero dell’ 1/02/2013 del settimanale “IL MONDO” nell’ articolo dal titolo: “Un crack molto Comune”, altri dati si trovano nella “Relazione sulla gestione finanziaria degli Enti Locali” per gli esercizi finanziari 2011-2012” della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti (deliberazione n. 21/2013) pagg. 529-30.

 

48 Questi dati sono riportati nell’ articolo “Comuni in crisi: cura schock” su “IL SOLE-24 0RE” del 25/02/2013

 

49 In realtà, anche la procedura di “dissesto guidato” non è alternativa a quella del dissesto finanziario come chiarisce la Sezione Regionale di controllo per la Calabria che, ad es., in relazione all’ avviata procedura di cui all’ art. 6,co.2, del d-lgs n. 149 per il Comune di Locri afferma che “In ogni caso, si rappresenta che la procedura in atto non impedisce all’ Ente, ove ritenga sussistenti le condizioni di cui all’ art. 244 del d-lgs 267/2000, di procedere autonomamente e doverosamente alla dichiarazione di dissesto finanziario secondo le modalità previste dall’ art. 246 del d-lgs 267/2000, attesa l’ obbligatorietà della dichiarazione dello stato di dissesto nella ricorrenza dei relativi presupposti” (dalla deliberazione n. 295/2012).

 

50 La procedura di dissesto “guidato” (ex-art. 6, co. 2, d-lgs n. 149/2011) è dettagliatamente descritta nella deliberazione n. 2/2012 della Sezione delle Autonomie e prevede tre fasi:

  1. Una prima deliberazione della Sezione Regionale di controllo che assegna un termine per le misure correttive;

  2. Una seconda deliberazione emanata allo scadere del termine assegnato e, qualora persista l’ inadempimento c’è la trasmissione degli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente ;

  3. Una terza deliberazione se entro 30 gg. dalla predetta trasmissione la competente Sezione Regionale accerta l’ ulteriore inadempimento, il Prefetto assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore ai 20 gg. per la deliberazione del dissesto.- Questa terza fase non viene presa in considerazione dalla deliberazione n. 1/2013 della Sezione delle Autonomie che, quindi fa riferimento alla fine o meno della seconda fase per stabilire l’ eventuale sospensione temporanea del dissesto guidato.

 

51 La procedura per i giudizi ad istanza di parte è contenuta negli artt. 52-58 del R.D. del 13/08/1933 n. 1038/33 concernente l’ “approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti”.

 

52 Citiamo i casi dei ricorsi al TAR dei Comuni siciliani di Cefalù e Scaletta Zanclea o di quello del Comune calabrese di Vibo Valentia.

 

 

53 Cfr. sentenza Corte Costituzionale n. 39/2014 che ha dichiarato l’ illegittimità costituzionale di alcune disposizioni dell’ art. 1 del d-l 174.

dal fondo “salva-stati” al fondo “salva-comuni” ovvero la procedura del piano di riequilibrio finanziario pluriennale come applicazione a livello locale della politica liberista del pareggio di bilancio: il caso comune di napoli

 

 

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SOMMARIO: – Premessa pag. 2 ;

 

I ) Il piano di riequilibrio finanziario pluriennale, l’ allargamento

delle tipologie di EE.LL. in grave difficoltà finanziaria.

L’ istituto del pre-dissesto prima e dopo il d-l 174/2012.

La trasformazione del ruolo dei controlli esterni e l’ applicazione

a livello locale della politica liberista del pareggio

di bilancio “ 2;

 

II) Le modifiche normative intervenute nel corso del 2013 e nei primi

mesi del 2014 con particolare riferimento a quelle più direttamente

riguardanti il piano di riequilibrio del Comune di Napoli “ 4;

 

III) La deliberazione n. 16/2012 della Sezione delle Autonomie e

le successive integrazioni (deliberazioni nn.11 e 22 del 2013).

Le fasi della nuova procedura di riequilibrio e l’esigenza di

una semplificazione della stessa “ 6;

 

IV) L’ applicazione del “pre-dissesto”: il caso del Comune

di Napoli “ 11;

 

V) La deliberazione n. 12/2014 della Corte dei conti-Sezione

Regionale di controllo per la Campania sul diniego di approva-

zione del piano di riequilibrio del Comune di Napoli “ 14;

 

VI) Le conseguenze dell’ adesione al piano di riequilibrio finanziario

e il “fondo di rotazione”: critiche e proposte.

Il D.M. sui criteri per l’ accesso al Fondo e i primi gruppi di

EE.LL. richiedenti “ 16;

 

VII) Rapporto del piano di riequilibrio finanziario pluriennale col

dissesto finanziario e col “dissesto guidato” “ 19;

 

VIII) Il ricorso davanti alle SS.RR. in “composizione speciale” “ 20;

 

IX) Spunti conclusivi: per la costruzione di una piattaforma

antiliberista di svolta nella politica economica verso

gli Enti Locali “ 21.

 

 

 

Premessa

 

Il presente documento ha lo scopo di fornire una sorta di guida tecnico-politica per tentare di orientarsi meglio rispetto alla bocciatura del piano finanziario di riequilibrio del Comune di Napoli da parte della Corte dei conti Sezione Regionale di controllo per la Campania.

Esso è anche un tentativo di mettere alcune competenze professionali al servizio della nostra intelligenza collettiva.

I primi tre paragrafi, hanno un valore introduttivo in quanto ricostruiscono il quadro normativo e fanno riferimento ad alcune deliberazioni della Sezione delle Autonomie che hanno orientato l’ attività istruttoria e deliberativa della competente Sezione Regionale di controllo.

Il quarto e il quinto paragrafo, ricostruiscono le vicende del piano di riequilibrio pluriennale che, ormai, hanno abbondantemente superato l’ anno e, allo stato, non sono ancora concluse;

nel quarto paragrafo, si espone soprattutto il punto di vista del Comune, nel quinto le osservazioni della Corte dei conti campana contenute nella deliberazione n. 12/2014.

Il tentativo è quello di andare aldilà delle notizie giornalistiche ricavabili dalla stampa locale.

Il sesto paragrafo, è sulle conseguenze dell’ adesione al piano di adesione al piano di riequilibrio finanziario;

da esse, si può dedurre che per i Comuni, come quello di Napoli, che oltre ad aderire alla procedura in commento chiedono anche l’ accesso all’ anticipazione di liquidità proveniente dall’ apposito Fondo di rotazione ci sono conseguenze molto simili a quelle del dissesto vero e proprio.

Pertanto, per chi scrive, uno dei motivi in base al quale occorre pronunciarsi politicamente contro il dissesto anche formale del Comune non è certo quello di evitare le conseguenze normativamente previste per il ceto politico della città o di impedire ricadute negative per i cittadini, già in buona misura materializzatesi, ma è quello di evitare che la gestione del “risanamento” non sia gestito da una Giunta democraticamente eletta perché sostituita da una Commissione di burocrati ministeriali – l’ organismo di liquidazione – che non avendo problemi di consenso farebbe una gestione ancora più ragionieristica dei tagli.

Altro motivo di estrema importanza è che, quindi, sia il piano di riequilibrio che il dissesto fanno parte della medesima impostazione recessiva e liberista verso gli EE.LL. per cui l’ uno non è migliore dell’ altro, mentre la questione di fondo è una svolta nella politica per la finanza locale su cui, nel paragrafo nono, forniamo una prima proposta di piattaforma.

Nel settimo paragrafo, illustriamo più specificamente il rapporto tra il piano di riequilibrio e il dissesto coatto che dal Comune passa al circuito Sezione Regionale di controllo – Prefetto.

L’ ottavo paragrafo, spiega quali sono i criteri di composizione del tipo di Collegio delle Sezioni Riunite della Corte dei conti competente a decidere sui ricorsi contro il diniego di approvazione dei piani di riequilibrio, inoltre si fornisce qualche cenno sulla giurisprudenza della Magistratura contabile in materia.

 

 

 

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  1. Il piano di riequilibrio finanziario pluriennale, l’ allargamento delle tipologie di EE.LL. in grave difficoltà finanziaria. – L’ istituto del pre-dissesto prima e dopo il d-l 174/2012. – La trasformazione del ruolo dei controlli esterni e l’ applicazione a livello locale della politica liberista del pareggio di bilancio.

 

Per comprendere meglio la nuova procedura di riequilibrio finanziario, fatta per quei Comuni con “squilibri strutturali del bilancio” che sono “in grado di provocarne il dissesto finanziario”, occorre esaminare brevemente quanto accaduto in seguito all’ intreccio tra taglio dei trasferimenti e politica di pareggio del bilancio:

uno dei risultati di questo tipo di politica verso la finanza locale, è stato il progressivo allargamento delle tipologie di Enti in gravi difficoltà finanziarie.

Infatti, fino al 2011, c’ erano gli Enti strutturalmente deficitari e quelli in dissesto;

in seguito al decreto legislativo sui premi e sanzioni (uno dei decreti sul Federalismo fiscale) è stata creata la categoria degli enti in “dissesto guidato”1 (rectius coatto) dove l’ iniziativa del dissesto non è più del Comune2 ma, nei fatti, del circuito Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti- Prefetto.

Nel 2012, si aggiungono altre due categorie: la quarta, oggetto del presente scritto e gli enti sciolti per infiltrazione mafiosa con gravi squilibri finanziari.

L’inserimento degli Enti in “pre-dissesto”3 da parte del d-l 174, convertito con modifiche nella legge n. 213/2012, è stato non casualmente accompagnato da modifiche o da esigenze di coordinamento con le disposizioni riguardanti tutte le tipologie di Enti Locali in grave difficoltà finanziarie. – E’ stato da più parti rilevato, inoltre, che la nuova procedura di riequilibrio è stata istituita anche per evitare il più possibile le gravi conseguenze per gli amministratori in caso di dichiarazione del dissesto finanziario introdotte dall’ art. 6, co.1, del decreto legislativo “premi e sanzioni”4.

 

LE DIVERSE TIPOLOGIE DI EE.LL. IN GRAVI DIFFICOLTA’ FINANZIARIE DOPO LE MODIFICHE DI CUI AL D-L N. 174/2012

Enti strutturalmente deficitari:

articoli 242 e 243 TUEL, modificato il documento contabile cui allegare la tabella relativa alla rilevazione dei parametri di deficitarietà (al rendiconto e non più al certificato sul rendiconto). – Il D.M. del Ministro dell’ Interno in cui sono fissati i parametri diventa di natura non regolamentare e prevede il concerto col Ministro dell’ Economia e delle Finanze.5

 

Enti in dissesto “guidato”:

alternatività tra la procedura di cui all’ art. 6, co. 2, d-lgs n. 149/2011 e procedura di riequilibrio finanziario (si veda più avanti il paragrafo VII)

 

 

Enti in “pre-dissesto”:

inserimento nel TUEL degli articoli dal 243-bis al 243-quater

Enti in dissesto:

da un lato, si chiarisce che pre-dissesto e dissesto non sono alternativi (si veda più avanti il citato paragrafo VII) dall’ altro, con l’ art. 3, co.1, lett. i-bis) viene alzato il tetto previsto per le anticipazioni di tesoreria da tre dodicesimi a cinque dodicesimi per quegli enti in dissesto con grave indisponibilità di cassa;

con l’ art. 3-bis del d-l 174, si interviene sull’ incremento della massa attiva.

Enti sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso:

L’ art. 243-quinquies prevede misure per garantire la stabilità finanziaria degli enti locali sciolti per fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso permettendo alla Commissione Straordinaria entro 6 mesi dal suo insediamento di richiedere anticipazioni di cassa, qualora si sia in presenza di squilibri strutturali di bilancio in grado di provocare il dissesto e destinando la stessa esclusivamente al pagamento delle retribuzioni del personale, delle rate dei mutui e prestiti obbligazionari, nonché all’ espletamento dei servizi locali indispensabili.

 

Com’ è noto, il termine pre-dissesto non si trova all’ interno del TUEL e ha una sua prima elaborazione normativa nel citato art. 6,co.2, del d-lgs n. 149/2011 tanto che la definizione di “squilibri strutturali di bilancio dell’ Ente Locale in grado di provocarne il dissesto finanziario” di cui all’ art. 243-bis, co.1, del TUEL è mutuata proprio dalla disposizione del citato decreto legislativo sui premi e le sanzioni.

Insomma, l’ espressione, i contenuti e gli indicatori del pre-dissesto sono opera, soprattutto, di quella che impropriamente viene definita la “giurisprudenza” del controllo (le deliberazioni della Sezione delle Autonomie6 e quelle delle Sezioni Regionali di controllo).

Di pari passo con l’ allargamento delle tipologie di Enti Locali in grave difficoltà finanziaria, s’ è progressivamente provveduto a trasformare il ruolo delle Sezioni Regionali di controllo della Corte dei conti che da “collaborativo” è diventato repressivo7 anche con un intreccio tra funzioni di controllo e giurisdizionali all’ interno di una politica economica basata su una rigida linea di pareggio di bilancio che, come sappiamo, ha avuto la sua costituzionalizzazione con la modifica dell’ art. 81 di cui alla legge costituzionale n. 1/2012.

Se sul piano internazionale la politica economica liberista allarga progressivamente le aree di crisi con delle “riprese” che ridefiniscono i rapporti di forza tra le classi a favore dei gruppi della speculazione finanziaria, sul piano interno, si allargano, come nel nostro caso, le aree “meridionalizzate” tanto che nel 2012 fece un certo scalpore il dissesto del Comune di Alessandria;

tuttavia, come vedremo dai dati riportati nel paragrafo VI, al Sud resta un triste primato anche per quanto riguarda la procedura di riequilibrio in argomento.

L’Ente Locale che adotta il piano di riequilibrio non è “formalmente” commissariato, ma lo è nei fatti proprio come la Grecia o altri Paesi sotto il ferreo controllo della Troika e del Fondo Monetario Europeo che continuano ad aver un proprio Parlamento, un proprio Primo Ministro, ecc.;

al posto della Commissione Europea i controllori sono la Sezione Regionale della Corte dei conti, il Ministero dell’ Interno e il MEF.

Perciò, la filosofia di quello che eufemisticamente dai mass-media è stato definito il fondo “salva-Comuni” è la stessa del fondo “salva-Stati” soltanto che invece di smantellare il welfare nazionale ci si prefigge di smantellare quello locale.

 

 

  1. Le modifiche normative intervenute nel corso del 2013 e nei primi mesi del 2014 con particolare riferimento a quelle più direttamente riguardanti il piano di riequilibrio del Comune di Napoli.

 

Dal giorno dell’ entrata in vigore della legge n. 213/2012 di conversione con modifiche del d-l n. 174 (8 dicembre 2012) ad oggi ci sono state almeno sei modifiche normative di cui una è in corso.

Ciò, s’ è verificato sia per la “novità” della procedura di riequilibrio – che ha avuto bisogno della sua fase d’ assestamento – sia per la fretta emergenziale da cui è nato il d-l 1748 scarsamente discusso in Parlamento anche per la fine anticipata della precedente legislatura con la crisi del Governo Monti.

Alcune delle modifiche (tre)9 hanno influito direttamente anche sul piano di riequilibrio del Comune di Napoli.

La prima modifica è stata apportata dal d-l n. 35/201310, convertito dalla L. 34/2013, che ha fatto parte degli Enti richiedenti l’ anticipazione di liquidità alla Cassa Depositi e Prestiti per pagare debiti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31/12/2012 e, in questi casi, l’ art. 1, co. 15, del citato d-l ha previsto la conseguente modifica del piano di riequilibrio entro 60 gg. dalla concessione dell’ anticipazione da parte della Cassa Depositi e Prestiti.

La seconda modifica, è contenuta nella legge n. 9/201411 – di conversione del d-l n. 145/2013 – all’ art. 13, co. 9, è previsto che il Comune di Napoli è autorizzato a contrarre mutui necessari al perfezionamento dei finanziamenti di propria competenza per la realizzazione della linea 1 della metropolitana in deroga a quanto previsto dalle disposizioni sul piano di riequilibrio pluriennale in materia d’ indebitamento.

L’ ultima modifica è quella in corso e consiste nell’ estensione d’ un meccanismo analogo a quanto previsto nella citata disposizione della legge di stabilità 2014, ora previsto nel d-l “salva-Roma”12 dove si contempla, all’ art. 3, co.2, la possibilità nel 2014 di ripresentazione del Piano, previa deliberazione consiliare, anche per gli Enti Locali che nel 2013 abbiano avuto il diniego di approvazione da parte della Sezione Regionale di controllo della Corte, in questi casi è prevista la possibilità di ripresentare il piano entro il termine perentorio di 90 gg. dalla comunicazione del diniego a condizione che sia avvenuto un miglioramento nel risultato d’ amministrazione dell’ ultimo rendiconto approvato.

Dietro questa possibilità di “ripresentazione” dei piani di riequilibrio spesso si nasconde una delle solite mistificazioni in quanto viene fatta passare come una disposizione che va nell’ interesse del Comune che, in questo modo, ha un’ altra opportunità per evitare il dissesto, in realtà, si tratta di spingere l’ Ente a presentare piani di rientro ancora più “lacrime e sangue” per ottenere ai “tempi supplementari” l’ approvazione del piano da parte della Sezione Regionale di controllo.

 

 

  1. La deliberazione n. 16/2012 della Sezione delle Autonomie e le successive integrazioni (deliberazioni nn. 11 e 22 del 2013) – Le fasi della nuova procedura di riequilibrio e l’ esigenza di una semplificazione della stessa.

 

Con la deliberazione n. 16, adottata nell’ adunanza del 13 dicembre 2012, la Sezione delle Autonomie ha approvato le “linee-guida per l’ esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza13 cui segue un articolato “schema istruttorio” suddiviso in due Sezioni, la prima dedicata ai “fattori e cause dello squilibrio”, la seconda sul “risanamento”.

Comprendere bene lo schema delle “linee-guida” è essenziale perché sia il piano presentato dal Comune che la successiva deliberazione della Sezione Regionale di controllo si basano su di esso.

 

 

INDICE SCHEMA ISTRUTTORIO

 

In tutto 2 Sezioni e 24 punti. – Il presente indice è diviso in due parti:

la prima, è il vero e proprio indice, la seconda è relativa ai punti di corrispondenza tra le due Sezioni che debbono avere, ovviamente, un forte rapporto di coerenza.

  1. INDICE

SEZIONE PRIMA – FATTORI E CAUSE DELLO SQUILIBRIO

Sez. I 15 punti

  1. Pronunce della Sezione Regionale di Controllo della Corte dei conti e misure correttive adottate dall’ ente locale.

  2. Patto di stabilità (verifica rispetto o meno PSI nell’ ultimo triennio).

  3. Andamenti di cassa.

  4. Analisi sugli equilibri di bilancio di parte corrente e di parte capitale.

  5. Risultato d’ amministrazione.

  6. Risultato di gestione (ultimo triennio).

  7. Analisi della capacità di riscossione nel triennio.

  8. Analisi dei residui.

  9. Debiti fuori-bilancio e passività potenziali.

  10. Analisi sulle modalità di gestione dei servizi per conto terzi.

  11. Indebitamento.

  12. Tributi locali e servizi a domanda individuale (indicazione andamento entrate per l’ accertamento e la riscossione e grado di copertura nel triennio).

  13. Spese per il personale ( Andamento spesa nell’ ultimo triennio).

  14. Organismi partecipati .

  15. Spesa degli organi politici istituzionali (15.1 – Andamento nell’ ultimo triennio).

 

SEZIONE SECONDA – RISANAMENTO

Sez. II 9 punti

  1. Misure di riequilibrio economico-finanziario.

  2. Ripiano del disavanzo di amministrazione

  3. Ripiano debiti fuori-bilancio.

  4. Revisione dei residui.

  5. Debiti di funzionamento

  6. Tributi locali.

  7. Copertura dei costi dei servizi a domanda individuale

  8. Incremento delle entrate correnti

  9. Revisione della spesa.

 

  1. TABELLA DI CORRISPONDENZA

 

Sezione I

Sezione II

  1. Pronunce Sezione Regionale di controllo

 

  1. P.S.I.

 

  1. Andamento di cassa

 

  1. Equilibri di bilancio

  1. Misure di riequilibrio finanziario

  1. Risultato d’ amministrazione

  1. Ripiano disavanzo d’ amm.; 7. Copertura costi servizi a domanda individuale; 9. Revisione della spesa

  1. Risultato di gestione

 

  1. Capacità di riscossione

 

  1. Analisi residui

  1. Revisione residui

  1. Dfb e passività potenziali

  1. Ripiano dfb

  1. Modalità di gestione conto terzi

 

  1. Indebitamento

  1. Debiti di funzionamento

  1. Tributi locali

  1. Tributi locali

  1. Spese personale

  1. Revisione della spesa

  1. Organismi partecipati

9.5 Riduzione spese di gestione organismi partecipati

  1. Spese organi politici istituzionali

9.7 Riduzione di spesa organi politici

 

 

Nella citata deliberazione della Sezione delle Autonomie, si parte da una sintetica disamina della normativa sul nuovo istituto di riequilibrio finanziario, si fanno alcune specificazioni su quanto previsto per i contenuti obbligatori del piano di riequilibrio, si evidenziano alcune differenze con la procedura del dissesto, si ribadisce la necessità del raccordo con le linee-guida su bilancio di previsione e rendiconto di cui all’ art. 1, co. 166 e seguenti, della L. 266/2005 già espressa con la precedente deliberazione n. 15/2012, si invita sia a considerare gli elementi di contesto dell’ ente locale14 che a valutare l’ allineamento con i dati contabili degli organismi partecipati, così come si evidenzia l’ importanza di eventuali oneri latenti non adeguatamente considerati dall’ Ente e, infine, si segnala il pericolo che la nuova procedura “potrebbe rivelarsi un dannoso escamotage per evitare il trascinamento verso una situazione di dissesto…diluendo in un ampio arco di tempo soluzioni che andrebbero immediatamente attuate”.15

In coerenza con questa considerazione, nello specificare uno dei contenuti obbligatori del piano di cui all’ art. 242-bis, co 6 lett. d)16, del TUEL la citata Sezione della Corte sostiene che la graduazione della percentuale del ripiano del disavanzo di amministrazione e degli importi da prevedere per il finanziamento dei debiti fuori-bilancio deve privilegiare un maggior peso delle misure nei primi anni del medesimo piano e, preferibilmente, negli anni residui di attività della consiliatura e, comunque, nei primi 5 anni.

Si tratta di un aspetto particolarmente delicato perché se è vero che l’ indicazione della Corte può servire, ad es., anche ad evitare la “tentazione” che si scarichi sull’ Amministrazione successiva a quella che ha richiesto il piano di riequilibrio il maggior peso dello stesso, è altrettanto vero che l’ allungamento a dieci anni del piano di rientro può dare un maggior respiro all’ Ente che richiede la nuova procedura.

Quelle contenute nella citata deliberazione n. 16/2012 vengono definite dalla Sezione delle Autonomie come “il primo schema di linee-guida” che “può essere suscettibile di adattamenti” che, in parte, sono avvenuti con la successiva deliberazione presa in data 6 marzo 2013 riguardante “Linee di indirizzo in merito a questioni interpretativo-applicative concernenti le norme che regolano la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale” (pubblicata sulla G.U. n. 90 del 17/04/2013) dove si affrontano problematiche applicative concernenti:

  1. La collocazione dell’ adempimento relativo alla rideterminazione della dotazione organica di cui all’ art. 259, co.6, TUEL all’ interno della procedura del riequilibrio finanziario pluriennale;

  2. Sul carattere di perentorietà del termine per la presentazione del piano di riequilibrio;

  3. Sulla presenza o meno del vincolo di destinazione dell’ anticipazione dal fondo di rotazione ex- art. 4, co. 5, d-l n. 174 come conv. dalla legge n. 213/2012.

Per come i magistrati contabili hanno risolto le tre questioni interpretative suelencate rinviamo al box sottostante e a successivi richiami alla deliberazione n. 11 del 6 marzo 2013, così come per altri indirizzi interpretativi contenuti nella successiva deliberazione n. 22 presa nell’ adunanza del 13/9/2013.

 

LA PROCEDURA DEL RIEQUILIBRIO FINANZIARIO PLURIENNALE INTEGRATA DA ALCUNE INDICAZIONI DI CUI ALLE DELIBERAZIONI DELLA SEZIONE DELLE AUTONOMIE N. 16/2012, NN. 11 E 22 DEL 2013 E DAL D.M. 11/01/201317

 

I FASE: RICORSO ALLA PROCEDURA, STESURA DEL PIANO DI RIEQUILIBRIO, SUA TRASMISSIONE

Questa fase è articolata in quattro passaggi che vanno dall’ atto iniziale (deliberazione consiliare) alla trasmissione della deliberazione alla competente Sezione Regionale di controllo della Corte, al Ministero dell’ Interno e, pur in assenza di un’ esplicita previsione normativa, alla tesoreria comunale per l’ effetto sospensivo delle procedure esecutive che ne consegue (combinato disposto dell’ art. 243-bis, co. 4, e art. 159, co.1, TUEL). – Secondo la Sezione delle Autonomie, a differenza del dissesto, l’ istanza di ricorso alla procedura in argomento è revocabile18 e questa facoltà dovrebbe, comunque, essere esercitata non oltre i 60 gg. previsti per la presentazione del piano.

Successivamente alla trasmissione della deliberazione consiliare, entro il termine perentorio di 60 gg. dalla data di esecutività 19, il Consiglio dell’ Ente Locale delibera il piano di riequilibrio finanziario pluriennale che entro 10 gg. è trasmesso alla competente Sezione Regionale di controllo e alla Commissione per la stabilità finanziaria degli EE.LL.-La Sezione delle Autonomie ha precisato, con la deliberazione del 6 marzo 2013, che il termine dei 10 gg., a differenza di quello dei 60 gg., non è perentorio, pertanto, qualora non si rispetti non scatta automaticamente il dissesto coatto ex-art. 6, co.2, d-lgs n. 149/2011 e vanno verificate “le ragioni dell’ eventuale ritardo” nella trasmissione della deliberazione consiliare contenente l’ approvazione del piano.

Per questa fase sono previsti 75 gg. (2 mesi e mezzo) che possono lievemente aumentare qualora non si rispetti il termine dei 10 gg. per la trasmissione della deliberazione del piano di riequilibrio.

Questa fase può avere anche un altro tipo di prolungamento nel caso di Amministrazioni ad inizio mandato che, in base a quanto previsto dall’ art. 49-quinquies del d-l n. 69/2013, convertito dalla legge n. 98/2013 può rimodulare il piano presentato dall’ Amministrazione uscente, qualora non sia intervenuta la pronuncia della Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti.

 

II FASE: ISTRUTTORIA SUL PIANO DI RIEQUILIBRIO E RELATIVA APPROVAZIONE O DINIEGO

Questa fase è articolata in tre passaggi di cui uno eventuale:

il primo, di 60 gg., in cui un’ apposita sottocommissione20 della predetta Commissione svolge l’ istruttoria sul piano, all’ esito della quale redige una relazione finale che è trasmessa alla Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti competente per territorio.

Il secondo passaggio, è di tipo eventuale e riguarda la possibilità, da parte della sottocommissione, di formulare rilievi o richieste istruttorie cui l’ Ente è tenuto a rispondere entro trenta giorni.- Secondo la Sezione delle Autonomie il termine di 60 gg. per la sottocommissione può essere oggetto di sospensione per il periodo che impiega l’ Ente per fornire risposte e, comunque, non oltre i 30 gg.

Il terzo passaggio, avviene entro 30 gg. dalla data di ricezione della documentazione da parte dell’ organo regionale della Corte che delibera l’ approvazione o il diniego del piano. – E’ da notare che la Sezione delle Autonomie con deliberazione n. 22/2013 ha precisato che la Sezione Regionale di controllo dispone di “ordinari poteri cognitivi ed istruttori propri”. – Ciò significa che qualora ci siano esigenze di approfondimento ulteriore da parte dei magistrati contabili i termini si allungano (ad es., nel caso del piano del Comune di Napoli, dalla relazione conclusiva della Commissione alla data di convocazione dell’ adunanza pubblica sono passati più di 60 gg.). – In caso di approvazione, la Sezione Regionale vigila sull’ esecuzione dello stesso, adottando in sede di controllo apposita pronuncia.- La delibera della Sezione Regionale della Corte di accoglimento o di diniego del piano è comunicata al Ministero dell’ Interno.

Per questa fase, quindi sono previsti 90 gg. (tre mesi) o 120 giorni in caso di sospensione dei termini per richieste istruttorie da parte della sola Commissione che possono diventare più di 150 se ci sono ulteriori esigenze istruttorie da parte della Sezione Regionale competente.

 

III FASE: POSSIBILITA’ DI RICORSO CONTRO L’ APPROVAZIONE O IL DINIEGO DEL PIANO

Si tratta di una fase eventuale e se è chiaro il soggetto che può ricorrere in caso di diniego (il Comune) non lo è altrettanto quello che può ricorrere in caso di approvazione anche se secondo il Procuratore Generale della Corte la delibera di approvazione del piano potrebbe essere impugnata proprio dal P.M. contabile21 – Il ricorso può essere esperito entro 30 gg. dalla deliberazione della Sezione Regionale innanzi alle SS.RR. della Corte in sede giurisdizionale e in speciale composizione. – I 30 gg., come precisato nella citata deliberazione n. 22/2013, non decorrono dalla notifica del dispositivo, ma dalla data di pubblicazione della deliberazione della Sezione Regionale di diniego di approvazione con le relative motivazioni (nel caso del Comune di Napoli sono passati 30 gg. dall’ adunanza pubblica al deposito in segreteria e pubblicazione delle motivazioni). – Le SS.RR. hanno 30 gg. dal deposito del ricorso per pronunciarsi.

Pertanto, complessivamente, per le tre fasi antecedenti all’ approvazione o al diniego del piano i tempi possono oscillare da 165 gg. (cinque mesi e mezzo) a 315 (10 mesi e mezzo) nel caso in cui ci siano richieste istruttorie da parte della sottocommissione, della Sezione Regionale di controllo, non siano coincidenti il dispositivo e il deposito delle motivazioni e ci sia il ricorso alle SS.RR.

 

IV FASE: POSSIBILITA’ DI ACCESSO AL “FONDO DI ROTAZIONE PER ASSICURARE LA STABILITA’ FINANZIARIA DEGLI ENTI LOCALI”

A questo punto della procedura e soltanto in caso di approvazione del piano di riequilibrio, è possibile accedere al “Fondo di rotazione”, tuttavia in sede di prima applicazione è possibile, in presenza di eccezionali motivi di urgenza, ottenere con DPCM, su proposta del Ministro dell’ Interno di concerto col Ministro dell’ Economia, un’ anticipazione da riassorbire in sede di predisposizione e attuazione del piano di riequilibrio. – La Sezione delle Autonomie, con la citata deliberazione del 6 marzo 2013, ha precisato che anche la somma anticipata è soggetta al vincolo di destinazione ex-art. 4, co. 5, del d-l n. 174 che, per lo stanziamento relativo alla dotazione del Fondo di rotazione, prevede la possibilità di utilizzo da parte degli Enti soltanto per il pagamento di spese del personale, produzione di servizi in economia e acquisizione di servizi e forniture già impegnate e, comunque, non derivanti da riconoscimento di debiti fuori-bilancio. – In caso di diniego del piano o di mancata previsione nel predetto piano delle prescrizioni per l’ accesso al Fondo, le somme anticipate sono recuperate secondo tempi e modalità stabiliti nel citato DPCM.

Sulla tempistica della fase in esame il decreto del Ministro dell’ Interno, emanato di concerto col Ministro dell’ Economia, prevede che essa inizia contestualmente alla presentazione della deliberazione consiliare di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario.- Entro 10 giorni dalla ricezione della suddetta deliberazione e della domanda di accesso al Fondo di rotazione il Ministero dell’ Interno comunica all’ ente locale la quota massima attribuibile. – Entro i 60 gg. previsti per l’ approvazione consiliare del piano di riequilibrio insieme allo stesso è inoltrata dall’ Ente Locale la richiesta dell’ anticipazione a valere sul fondo di rotazione, nei limiti dell’ importo precedentemente comunicato, al Ministero dell’ Interno-Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali. – La concessione dell’ anticipazione è disposta dal Ministero dell’ Interno, previa approvazione del piano di riequilibrio finanziario da parte della competente Sezione Regionale della Corte dei conti che, per quanto previsto in precedenza, fa parte della seconda fase che dura dai 90 ai 120 gg. ed entro 15 gg. dall’ adozione del piano di riparto, ossia entro il 30 giugno ed entro il 30 novembre di ogni anno.- Pertanto, ad es., un Ente che inizia la procedura di accesso al Fondo agli inizi dell’ esercizio finanziario se “salta” la scadenza del 30 giugno slitta direttamente a quella del 30 novembre, considerando i problemi di liquidità degli Enti che chiedono l’ accesso al Fondo, sarebbero state preferibili tre scadenze annuali (ad es., 30 giugno, 30 settembre, 15 dicembre) in modo da accorciare al massimo il tempo tra eventuale approvazione del piano di riequilibrio e concessione dell’ anticipazione.

 

V FASE: MONITORAGGIO SULL’ ATTUAZIONE DEL PIANO

Questa fase, ha due tipi di adempimenti:

il primo, semestrale, consistente nell’ invio di una relazione al Ministero dell’ Interno, al Ministero dell’ economia e alla competente Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti da parte dell’ organo di revisione economico-finanziaria dell’ Ente;

nella citata relazione, si ragguaglia soprattutto sul raggiungimento degli obiettivi intermedi fissati nel piano di riequilibrio. – Nel caso del Comune di Napoli il Collegio dei revisori ha steso la prima relazione semestrale a luglio 2013 per il periodo 28 gennaio-28 luglio 2013.

E’ chiaro che la relazione semestrale in argomento va coordinata con l’ altra relazione semestrale di cui all’ art. 148, co. 1, del TUEL, come sostituito dall’ art. 3, co.1, lett. e) del d-l n. 174/2012 come modificato dalla legge di conversione n. 213/2012 (non a caso nel questionario allegato alla deliberazione n. 4/2013 della Sezione delle Autonomie contenente le “linee-guida per il referto semestrale del Sindaco per i Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e del Presidente della provincia sulla regolarità della gestione e sull’ adeguatezza ed efficacia del sistema dei controlli interni” c’è una domanda per gli Enti che abbiano fatto eventualmente ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale).

Il secondo adempimento della fase di monitoraggio avviene entro il 31 gennaio dell’ anno successivo alla scadenza del periodo di durata decennale ed è la relazione finale sulla completa attuazione del piano di riequilibrio e sugli obiettivi raggiunti.

 

VI FASE: EVENTUALE DICHIARAZIONE DI DISSESTO

Questa eventualità può scattare in momenti temporalmente diversi riguardanti tutte le cinque fasi precedenti:

  1. Mancata presentazione del piano entro il termine perentorio di 60 gg.;

  2. Diniego di approvazione del piano22 da parte del Consiglio Comunale o dalla Sezione Regionale di controllo e mancata ripresentazione dello stesso;

  3. Accertamento del grave e reiterato mancato rispetto degli obiettivi fissati dal piano;

  4. Mancato raggiungimento del riequilibrio finanziario al termine di durata del piano.

 

 

Una delle fasi in cui va operata una semplificazione23 è sicuramente la terza:

eliminare il “ricorso”, prevedere, in caso di mancata approvazione, che la Sezione Regionale chieda all’ Ente le dovute “azioni correttive”, altrimenti scatterebbe la procedura di cui all’ art. 6, co. 2, del d-lgs n. 149/2011 riportando il ruolo della Corte all’ interno dello schema collaudato del controllo di regolarità, previsto dalla finanziaria 2006, ed evitando un’ irragionevole asimmetria con la procedura del dissesto finanziario dove, in caso di diniego dell’ ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, non è prevista la procedura giurisdizionale innanzi alle SS. RR. della Corte24.

Da tener presente, a proposito di complicazioni, che una possibile fase giurisdizionale è prevista anche per gli Enti che accedono al “Fondo di rotazione” con la medesima competenza delle SS.RR. e questo è un punto anche abbastanza oscuro perché si presuppone che l’ Ente che vuole accedere al suddetto Fondo formuli il piano di riequilibrio in modo da potervi accedere e, quindi, se viene approvato il piano dovrebbe essere approvato anche l’ accesso al Fondo.- E’ probabile che il riferimento sia al modo in cui siano stati applicati i criteri per la determinazione dell’ anticipazione attribuibile a ciascun Ente Locale o, anche in questo caso, ad un’ impugnativa da parte della Procura contabile.

Comunque, è da notare che per piccoli Comuni in gravi difficoltà finanziarie le “tutele” attualmente previste resterebbero, probabilmente, sulla carta per le notevoli difficoltà ad affrontare una difesa che, nella maggior parte dei casi, sarebbe presso un organo giurisdizionale fuori dalla Regione di appartenenza.

 

 

  1. L’ applicazione del “pre-dissesto”: il caso del Comune di Napoli.

 

Il 30 novembre dello scorso anno, il Consiglio Comunale di Napoli con deliberazione n. 58 ha deciso di ricorrere alla “procedura di riequilibrio finanziario pluriennale” (ex-art. 3, co.1, lett. r) della legge n. 213/2012 su parere conforme sia del dirigente del servizio bilancio che del Collegio dei revisori.

Com’ è stato osservato dal Presidente pro-tempore della Corte Luigi Giampaolino “le procedure del pre-dissesto…sono state occasionate proprio dalla situazione finanziaria del Comune di Napoli”.25

Del resto, gli Amministratori della città hanno seguito molto da vicino il dibattito parlamentare sulla conversione in legge del d-l 174 strappando alcune modifiche al testo originario come l’ allungamento del periodo di rientro del piano pluriennale da 5 a 10 anni26 o il maggior importo del possibile finanziamento del fondo di rotazione.

Da un punto di vista formale, il Comune di Napoli, al momento dell’ adesione alla procedura in commento, non era un ente strutturalmente deficitario in quanto i parametri non rispettati erano meno della metà di quelli previsti, eppure27, aveva un disavanzo di amministrazione al 31/12/2011 di € 850.209.816,9928.

Ciò significa che il legislatore col nuovo istituto del “pre-dissesto” ha voluto ancora di più evidenziare la situazione effettiva della finanza locale soprattutto quando gli indici di scostamento da alcuni parametri di deficitarietà sono molto rilevanti come nel caso in questione29 dove, per quanto riguarda la gestione dei residui attivi, lo scostamento è del 34,27%, per la gestione di quelli passivi è addirittura del 97,89%, mentre per i debiti fuori-bilancio lo sforamento è più del doppio.

Del resto, una maggiore veridicità del bilancio si riflette anche sull’ elaborazione dei parametri di deficitarietà strutturale come messo in evidenza da una deliberazione della Sezione Regionale di controllo per la Calabria sul Comune di Locri dove, dall’ esame del rendiconto 2010, ci sarebbe stata la violazione di quattro parametri e, invece, la Corte ha accertato una situazione finanziaria ben più grave che ha fatto attivare la procedura del “dissesto guidato” di cui al citato art. 6, co.2, del d-lgs n. 149/2011.30

Per il Comune di Napoli, dopo la maggior “pulizia” del bilancio al 31/12/2012 i parametri di deficitarietà strutturale non rispettati da tre sono diventati cinque, quantunque sia da considerare che col Decreto Ministero dell’ Interno del 18/2/2013 sono stati approvati nuovi parametri.31

Infatti, non a caso, la Sezione delle Autonomie, nella citata deliberazione n. 16/2012, fa riferimento al fatto che “la procedura di riequilibrio presuppone una situazione di evidente deficitarietà strutturale prossima al dissesto” che, ovviamente, va aldilà del numero di parametri apparentemente o effettivamente violati.

Il 28 gennaio 2013, il Consiglio Comunale, entro il termine perentorio dei 60 gg. previsti, ha deliberato il vero e proprio piano di riequilibrio tempestivamente trasmesso alla Commissione per la stabilità finanziaria e alla competente Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti.

Pertanto, l’ Ente ha terminato quella che, nella tabella relativa ai vari passaggi della procedura, è stata definita la “prima fase”.

Nella premessa del parere del Collegio dei revisori32, si precisa subito che ci si è attenuti, nella trattazione degli argomenti, allo schema istruttorio allegato alla deliberazione n. 16/2012 della Sezione delle Autonomie.

Pertanto, dopo delle valutazioni preliminari, si analizzano le cause che hanno determinato lo squilibrio tra cui si segnala la mancata implementazione del nuovo sistema di controllo interno e la mancata adozione di una concreta procedura di monitoraggio della riscossione delle entrate che “ha comportato una dilatazione insostenibile tra liquidazione e pagamenti dei servizi che hanno uno scostamento di oltre 57 mesi”.

Rispetto alle valutazioni specifiche richieste dalle “linee guida” di particolare interesse ci sembrano quelle relative alla rilevazione della massa passiva, di notevole entità.

Infatti, è calcolata in 3,163 miliardi di euro (850 milioni disavanzo di gestione, 105 milioni debiti fuori-bilancio, 53 milioni passività potenziali, 500 milioni per contenzioso, decremento pressioni entrate per 220 milioni di euro, 280 milioni per minori entrate erariali, 1,2 miliardi di euro per impossibilità di continuare a compensare il disavanzo di parte corrente con le plusvalenze da alienazioni di beni patrimoniali, 240 milioni di euro come previsione per il rimborso dell’ anticipazione dal Fondo di rotazione).

Nella parte finale del parere, il Collegio fa delle osservazioni che, in realtà, costituiscono parte del lavoro istruttorio da parte degli organi competenti e del successivo monitoraggio qualora il Piano fosse stato approvato.

Si tratta di considerazioni rispetto all’ attendibilità e veridicità del Piano che, secondo i Revisori è legato a quattro fattori:

  1. Concrete azioni di riscossione delle entrate correnti affinchè le stime effettuate in sede di redazione del Piano siano verificate;

  2. Monitorare genesi ed evoluzione dei debiti fuori-bilancio e delle passività potenziali;

  3. Vigilanza sui piani di dismissione delle quote di partecipazione detenute negli Organismi Partecipati;

  4. Vigilanza sui piani di dismissione del patrimonio immobiliare33 “in quanto, in relazione agli importi previsti nel Piano, il Collegio ne ha potuto riscontrare il solo quantitativo numerico non essendo stato posto nelle condizioni di conoscere nel dettaglio le procedure e le metodologie previste per tali dismissioni”.

Rispetto all’ ultimo punto dell’ elencazione – quello delle dismissioni del patrimonio immobiliare – da notizie di stampa si apprende che è uno dei punti in comune a vari piani di riequilibrio presentati e, secondo alcuni studiosi, è anche uno dei punti che suscita maggiori perplessità.34

Successivamente, con deliberazione consiliare n. 33 del 15/07/2013 il Comune ha aggiornato il Piano in ossequio a quanto previsto dal d-l n. 35/2013 una delle disposizioni richiamate nel secondo paragrafo e facenti parte di una delle sei modifiche sinora intervenute sui piani di riequilibrio.

La citata deliberazione è stata divisa in due parti:

la prima, contenente il vero e proprio aggiornamento del piano di riequilibrio, la seconda costituita da un’ integrazione relativa all’ esatta individuazione del costo del personale in relazione al rapporto percentuale con l’ insieme delle spese correnti.35

Dalla deliberazione di aggiornamento del piano emerge che il disavanzo scaturente dal rendiconto 2011 di € 850 milioni si riduce di € 67.022,659,93 in seguito ad una revisione straordinaria dei residui attivi e passivi, pertanto, dal rendiconto 2012 il disavanzo scende a 783.187.157,06 e tenuto conto dell’ anticipazione di liquidità concessa dalla Cassa Depositi e Prestiti, la cui prima erogazione è stata € 296.570.063,89, il disavanzo scende ulteriormente a 486.617.094,06 che si riduce ancora ad € 266.617.094,06 in virtù dell’ anticipazione proveniente dal Fondo di rotazione pari ad 220.000.000.

Questo modo di calcolare la riduzione del disavanzo, come vedremo nel paragrafo successivo, sarà uno dei punti contestati dalla Sezione Regionale della Corte dei conti nel diniego di approvazione del piano.

Nella “seconda parte” della deliberazione consiliare, nel calcolo della spesa del personale, fatto includendo anche quella relativa al personale delle Società Partecipate, viene esclusa l’ ANM in quanto, secondo il Comune, non rientrante nel concetto di “società in house”, ossia di società che vive prevalentemente di risorse proveniente dall’ ente locale (anche su questo punto si rinvia al paragrafo successivo)36;

inoltre, vengono escluse dal calcolo anche le collaborazioni coordinate e continuate.

Ciò, ha provocato un’ osservazione critica del Collegio dei Revisori del Comune che nel parere sull’ aggiornamento del Piano di riequilibrio osserva che l’ esclusione delle collaborazioni coordinate e continuative contrasta con quanto previsto dalla deliberazione delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 27/2011.37

Sulla base delle modalità di calcolo adoperate dal Comune il costo del personale non supera il 50% della spesa corrente e si attesta al 49,11%.

L’ altro aspetto importante della manovra di risanamento del Comune si fonda sulla riorganizzazione del sistema delle Società Partecipate sia prevedendo una nuova holding costituita dall’ accorpamento di alcune Società38 che puntando alla collocazione sul mercato, mediante procedura ad evidenza pubblica, del 40% del capitale sociale di ANM e di Napoli Servizi, mentre per Terme di Agnano Spa, altre partecipata al 100% e da anni in perdita, si prevede un secondo esperimento di gara per l’ affitto d’ azienda.

 

 

V) – La deliberazione n. 12/2014 della Corte dei conti-Sezione Regionale di controllo per la Campania sul diniego di approvazione del piano di riequilibrio del Comune di Napoli.

 

La deliberazione con cui la Sezione campana della Corte ha valutato la “non congruenza” del piano di riequilibrio presentato dal Comune è particolarmente voluminosa ed articolata:

conta ben 111 pagine, è divisa in due parti, nella prima ricostruisce le vicende che hanno portato al pre-dissesto del Comune richiamando anche precedenti deliberazioni, nella seconda, la più consistente, c’ è la vera e propria analisi del piano con otto gruppi di osservazioni39 riepilogati in delle considerazioni conclusive, a loro volta suddivise in “osservazioni giuridiche” e “considerazioni tecnico-contabili”.

Nella deliberazione in commento ci sono sia affermazioni di grande interesse che considerazioni meno condivisibili.

Alla prima categoria, ad es., appartengono i richiami normativi sull’ impossibilità di poter utilizzare prevalentemente a fini di riequilibrio le eventuali entrate provenienti dalla vendita di immobili appartenenti all’ Edilizia Residenziale Pubblica, considerazione che, per la verità, emerse anche nel dibattito consiliare del gennaio 2013 di approvazione del primo piano di riequilibrio.

Infatti la normativa nazionale prevede che il 75% di questo tipo d’ introiti deve essere reinvestito nei programmi di edilizia sociale.

Altra considerazione d’ indubbia validità sembra quella riguardante la definizione dell’ anticipazione di liquidità ricevuta dal Comune che può essere vista soltanto come una nuova forma d’ indebitamento e, quindi, non può essere portata a riduzione del disavanzo.

Del resto, la logica del “fondo salva-Stati”, cui facevamo riferimento nella parte finale del primo paragrafo, è proprio la sostituzione dei vecchi debiti con nuove forme d’ indebitamento.

Meritano attenta riflessione anche le osservazioni sulle modalità di calcolo dell’ incidenza della spesa del personale sull’ insieme della spesa corrente del Comune per valutare il rispetto o meno del tetto del 50%.

La Corte si sofferma soprattutto sull’ esclusione dal calcolo dell’ ANM Spa, mentre c’ è anche il problema del calcolo della spesa per le collaborazioni coordinate e continuate.

Sul mancato inserimento dell’ ANM si osserva che non è stata applicata correttamente una deliberazione della Sezione delle Autonomie, la n. 14/2011.

Di estremo interesse è anche l’ affermazione secondo cui “ai fini di una sostanziale nonché strutturale operazione di risanamento, occorre in primo luogo valorizzare la ristrutturazione della spesa corrente e l’ efficientamento della riscossione delle entrate proprie, relegando le operazioni straordinarie, in particolare le dismissioni patrimoniali, ad elemento residuale ed eccezionale di consolidamento del risanamento”.

Pensiamo che le considerazioni sulle “operazioni straordinarie” vadano estese anche alla vendita di quote minoritarie di azioni delle Società Partecipate che in una fase di crisi economica come l’ attuale corrono il rischio di essere delle vere e proprie svendite.

 

Al contrario, affermazioni che non sembrano condivisibili sono:

  1. quelle relative ad un uso strumentale da parte del Comune della procedura di riequilibrio vista come “escamotage” per sfuggire alle sanzioni per gli amministratori in caso di dissesto;

  2. strettamente legato al punto precedente è l’ interpretazione restrittiva del significato dell’ arco decennale di durata del piano di riequilibrio;

  3. il sostanziale rifiuto da parte della Corte della logica del controllo “dinamico” del piano di riequilibrio.

Sul primo punto, ridurre tutto ad una sorta di “escamotage” ci sembra non riconoscere gli sforzi del Comune verso una maggiore “pulizia” ed attendibilità del bilancio che per quanto ancora non sufficienti ci sono comunque stati.

Rispetto alla distribuzione nell’ arco del decennio dello sforzo di risanamento la Corte ritiene che vada concentrato soprattutto nei primi anni e, comunque, nel primo quinquennio. – Ciò sembra un eccessivo elemento di rigidità considerato che la norma già prevede che in seguito alla richiesta di accesso al Fondo di rotazione nei primi tre anni ci sia la riduzione di voci di spesa corrente come quelle destinate alla “prestazione di servizi” o ai “trasferimenti” come accennato nel paragrafo successivo, inoltre svuota quella che, come abbiamo visto è stata una specifica modifica parlamentare.

Sul controllo “dinamico” varie modifiche normative al d-l 174 sono andate in direzione di una ripresentazione dei piani di riequilibrio proprio per cogliere l’ evoluzione della situazione economico-finanziaria dell’ Ente come, da ultimo, quanto previsto nel richiamato decreto-legge “salva-Roma”, pertanto su questo punto la posizione della Sezione Regionale si può considerare superata.

 

 

 

VI – Le conseguenze dell’ adesione al piano di riequilibrio finanziario e il “fondo di rotazione”: critiche e proposte. – Il D.M. sui criteri di accesso al Fondo e i primi gruppi di EE.LL. richiedenti.

 

Naturalmente, anche nel Piano di riequilibrio del Comune di Napoli, sono inseriti quei provvedimenti relativi alle conseguenze dell’ adesione al piano finanziario pluriennale e dell’ accesso al collegato “Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli Enti Locali” e che qui di seguito, schematicamente, elenchiamo:

  1. Riduzione delle spese di personale con particolare riferimento all’ eliminazione di alcune voci della retribuzione accessoria40, si tratta di un punto che si inserisce in un contesto che vede il blocco dei contratti del pubblico impiego da alcuni anni;

  2. Entro tre anni riduzione di quelle voci di spesa corrente destinate alla “prestazione di servizi” o ai “trasferimenti”. – La riduzione di entrambe le voci si tradurrà in taglio o in aumento del prezzo dei servizi;

  3. Blocco dell’ indebitamento salvo che per la copertura di debiti fuori-bilancio pregressi.- Ciò determinerà un ulteriore caduta degli investimenti, finanziati, in buona parte, proprio con il ricorso all’ indebitamento perché un Comune in difficoltà non può certo ricorrere alle risorse proprie. – Su questo punto, come abbiamo visto al paragrafo due, s’è cercato di mettere una sorta di “toppa” con una delle modifiche normative ai contenuti del piano di riequilibrio prevedendo una deroga “ad hoc” per le opere riguardanti la linea 1 della Metropolitana ;

  4. Deliberazione delle aliquote o tariffe dei tributi locali nella misura massima anche in deroga ad eventuali limitazioni disposte dalla legislazione vigente41. – Si tratta di un punto che, essendo formulato a “maglie larghe”, può avere pesanti ricadute sui cittadini, mentre l’ analoga previsione per gli enti dissestati è più circostanziata;

  5. Rideterminazione della dotazione organica sulla base del parametro medio dipendenti/popolazione che, per il Comune di Napoli, è di 1 a 7542. – Si tratta di un aspetto che, tra l’ altro, andrebbe coordinato con la normativa più recente in tema di ridefinizione delle dotazioni organiche nelle Pubbliche Amministrazioni. – Sulla rideterminazione della dotazione organica, la Sezione delle Autonomie nella citata deliberazione del 6 marzo 2013 ha precisato che si tratta di un adempimento che ha una propria “autonomia funzionale” e “non costituisce una condizione di avvio dell’ istruttoria del piano di riequilibrio che, per gli aspetti non condizionati da questa specifica valutazione, potrà essere avviata e proseguita”.

Insomma, un aggravamento a livello locale della politica recessiva con una conseguente caduta delle capacità di autonoma programmazione finanziaria di quella che è la prima “Azienda” della città e del Mezzogiorno.

Un ulteriore elemento di gravità può essere rappresentato dallo strumento finanziario adoperato per “salvare” i Comuni: il “fondo di rotazione”.

Si tratta di uno strumento che, com’è noto, fa parte delle discutibilissime “gestioni fuori-bilancio” che generano delle “contabilità speciali” distinte da quelle ordinarie;

attualmente, ce ne sono una trentina, dal fondo per la formazione professionale, a quello per l’ attività di microcredito per l’ area balcanica, a quello per la ricerca applicata, o a quello per l’ imprenditoria cinematografica, ecc.

Nel passato questi tipi di gestioni sono state più volte criticate perché non rispecchiano principi fondamentali del bilancio pubblico come quello dell’ universalità, dell’ unità e della pubblicità, un esempio “storico”, di gestioni fuori-bilancio fu quello dei fondi per la ricostruzione del dopo-terremoto del novembre ’80 a Napoli e in Campania e, purtroppo, sappiamo come vennero gestiti quei fondi tanto che vi fu l’ istituzione di una Commissione Parlamentare d’ Inchiesta.

La maggior parte dei “fondi di rotazione” sono gestiti dai principali istituti bancari dalla BNL, all’ Intesa-San Paolo, all’ UNICREDIT.

Quindi, ci si augura che sia nell’ immediato che nel prossimo futuro non si configuri un’ altra occasione per le Banche con la costituzione del nuovo Fondo nello stato di previsione del Ministero dell’ Interno, avvenuta con lo spostamento di crescenti somme da altri stanziamenti:

90 milioni per il 2013, 190 milioni per il 2014 e 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020 (ex- art. 4, co.1, L. 213/2012).

Pertanto, si predetermina la politica finanziaria verso una fetta non trascurabile di EE.LL. almeno fino al 2020 dopo che se n’ è favorita la crisi con il perverso scambio tra “aiuti” e perdita dell’ autonomia.

Una conferma ulteriore del carattere recessivo contenuto nella manovra verso gli Enti Locali in difficoltà finanziaria si ha dal fatto che la copertura del “fondo di rotazione” si avrà attingendo in buona misura dal Fondo speciale per le spese in conto capitale.

I “fondi speciali” sono tra i mezzi di copertura previsti dalla legislazione vigente (ex-art. 18 legge 196 del 2009 e successive modd. e integrazioni) e l’ utilizzo di parte dell’ accantonamento di quello in conto capitale per sanare le situazioni deficitarie ha il significato evidente di diminuire ulteriormente le risorse finanziarie per eventuali nuovi investimenti, ossia per una politica economica effettivamente di crescita.

La questione dei criteri di funzionamento del Fondo è stata chiarita con l’ uscita del decreto del Ministro dell’ Interno adottato di concerto col Ministro dell’ Economia e pubblicato sulla G.U. n. 33 dell’ 8/2/201343.

Coi criteri fissati dal decreto, i Comuni ben difficilmente potranno giungere al tetto massimo di 300 milioni in seguito ai vari “paletti” messi.

Infatti, si prevede una media-base costituita dall’ 80% del citato tetto massimo che può salire o scendere a seconda della severità del piano che viene proposto, insomma le Amministrazioni locali si troveranno di fronte alla drammatica scelta se avere qualche decina di milioni di euro in più elevando la riduzione nelle spese per prestazione di servizi sino al 15% e sino al 30% quelle per trasferimenti, oppure attestarsi su importi più bassi per l’ anticipazione dal Fondo di rotazione secondo i già impegnativi tetti percentuali “minimi” previsti dalla normativa nel taglio delle suddette spese.

Non a caso il Comune di Napoli ha rinunziato alla “premialità” “per non aumentare la percentuale dei tagli alla spesa per servizi e trasferimenti” che, nel caso specifico, ammontava a circa 40 milioni.44

Sul punto dell’ effettiva entità dell’ erogazione alcuni studiosi hanno rilevato che ciò determina un elemento d’ incertezza dei piani di rientro proposti dagli Enti perché ritengono difficile la realizzazione di un “progetto basato su un’ anticipazione maggiore di quella che sarà erogata”45.

Sia nel decreto (art. 4, co. 10) che nella successiva circolare della Ragioneria Generale dello Stato46 del 7/2/2013 s’è chiarito che la concessione dell’ anticipazione, disposta dal Ministero dell’ Interno, previa approvazione del piano di riequilibrio da parte della competente Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti non rileva ai fini dei limiti d’ indebitamento di cui all’ art. 204 del TUEL, né, secondo la citata circolare, ai fini del patto di stabilità.

Il piano di riparto delle risorse del Fondo avviene due volte l’ anno (entro il 15 giugno ed entro il 15 novembre);

in sede di prima applicazione del decreto in argomento il riparto è avvenuto nello scorso dicembre.

L’ art. 7 del decreto, inserito dietro richiesta UPI, prevede che il Ministro dell’ Interno entro 30 giorni del riparto del Fondo informa la Conferenza Stato-Città ed Autonomie Locali sulle richieste pervenute e gli importi corrisposti.

Il primo gruppo di richieste pervenute a tutto il 2012 riguarda 44 Comuni e tre Province.

I Comuni richiedenti sono concentrati soprattutto in tre Regioni meridionali (37 su 44): 16 in Sicilia, 11 in Calabria e 10 in Campania47, delle tre Province due appartengono a Regioni meridionali (Sicilia e Basilicata) e una ad una Regione dell’ Italia centrale (Abruzzo).

 

 

Al maggio del 2013, gli Enti richiedenti sono giunti a 75 (28 in più rispetto al 2012) e di essi buona parte ha richiesto l’ anticipazione prevista dal fondo di rotazione;48

anche per i primi cinque mesi del 2013 si conferma la tendenza ad una concentrazione nelle Regioni di Calabria (11 Comuni) Sicilia (5 Comuni) e Campania (3 Comuni) che comprendono 19 Enti richiedenti su 28.

 

La critica al meccanismo del Fondo andrebbe collegata ad un ripensamento del ruolo della Cassa Depositi e Prestiti puntando ad una sua ripubblicizzazione all’ interno di un’ impostazione che miri a far partire delle politiche anticicliche con un ruolo importante proprio da parte degli EE.LL, inoltre una parte dei fondi della lotta all’ evasione o dall’ istituzione di una patrimoniale dovrebbe andare ai Comuni in gravi difficoltà finanziarie per evitare di ridurre il Fondo speciale per le spese in conto capitale perché gli investimenti pubblici vanno rilanciati e non bloccati.

 

 

VII – Rapporto del Piano di riequilibrio finanziario col dissesto finanziario e col dissesto “guidato”.

 

Il ricorso al piano di riequilibrio non è alternativo al dissesto finanziario.

Uno dei motivi che ha spinto verso l’ adesione alla richiesta di attivazione della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale è costituito dal fatto che servirebbe ad evitare il dissesto.

Ciò non è vero in quanto la possibilità/necessità di dichiarazione del dissesto continua per vari motivi esplicitamente previsti dalla norma e che abbiamo descritto nella tabella di riepilogo del primo paragrafo all’ interno di quella che abbiamo individuato come “sesta fase” della procedura in argomento.

Pertanto, anche se il piano venisse approvato, il pericolo di dissesto permane e l’ adesione al piano può servire soltanto a spostare nel tempo il dissesto.

Ciò, rafforza il fatto che la vera alternativa non è tra procedura di riequilibrio e dissesto, ma in un radicale cambiamento della politica economica che non si basi più su una presunta riduzione del debito (aumentato nell’ ultimo anno) ma su una stabilizzazione dello stesso almeno per alcuni anni per rilanciare effettive politiche di crescita dimostratesi inconciliabili col rigore a senso unico.

 

Con deliberazioni nn. 1/2013 e 13/2013/QMIG, la Sezione delle Autonomie s’è pronunciata su due “questioni di massima” poste rispettivamente dalla Sezione Regionale di controllo per la Calabria e da quella per la Sicilia.

Nel primo caso, s’è trattato di stabilire, in fase di prima applicazione, quale sia il rapporto tra l’ adesione da parte dell’ Ente Locale alla procedura di riequilibrio e l’ eventuale avvio della procedura del dissesto “guidato” (o coatto). – Ciò, per alcune evidenti similitudini nella definizione normativa delle due procedure cui abbiamo fatto un breve riferimento nel primo paragrafo.

La Corte s’è pronunciata affermando che la procedura di ricorso al piano di riequilibrio sospende temporaneamente la citata procedura del dissesto guidato49 salvo che quest’ ultima non sia giunta alla sua fase finale con l’ adozione, da parte della competente Sezione Regionale di controllo, della delibera di accertamento del perdurante inadempimento dell’ Ente Locale delle misure correttive richieste e della sussistenza delle condizioni per la dichiarazione del dissesto finanziario con relativa trasmissione degli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.50

Nel secondo caso, si trattava di chiarire se la mancata presentazione del piano di riequilibrio entro il termine perentorio di 60 gg. dall’ adesione alla procedura di riequilibrio comporti la ripetizione dei passaggi procedimentali del dissesto guidato oppure l’ applicazione letterale dell’ art. 243-quater, co. 7, del TUEL (assegnazione al Consiglio dell’ ente da parte del Prefetto del termine non superiore a 20 giorni per la deliberazione del dissesto).

Al verificarsi della descritta fattispecie la Sezione delle Autonomie ha ritenuto che il procedimento di dissesto guidato riprende il suo iter completando i passaggi successivi come disciplinati dalla legge.

 

 

VIII – Il ricorso davanti alle SS.RR. in “composizione speciale”.

In questo paragrafo, riprendiamo quanto accennato nello schema descrittivo della procedura del riequilibrio dove abbiamo collocato il ricorso davanti alle SS.RR. nella terza fase che, com’ è noto è quella in cui si trova attualmente il Comune di Napoli.

In “composizione speciale”, come già accennato, vengono emessi i giudizi sui ricorsi contro l’ approvazione o il diniego dei piani di riequilibrio, si tratta di una nuova tipologia di ricorsi attivabili ad istanza di parte nelle forme contenziose, quindi, con l’ intervento obbligatorio del P.M. contabile51.

Quella della “composizione speciale” è una delle modalità con cui vengono composte le SS.RR. che hanno diversi collegi:

in sede giurisdizionale, in sede di controllo, in sede consultiva, in sede deliberante.

La sede della “composizione speciale” è quella più recente e significa una composizione mista tra giudici delle SS.RR. in sede di controllo e giudici delle SS.RR. in sede giurisdizionale e rappresenta uno degli esempi più evidenti di quell’ intreccio tra funzioni di controllo e giurisdizionali cui abbiamo fatto riferimento nel primo paragrafo attraverso cui è passato il nuovo ruolo di “cane da guardia” della linea liberista del pareggio di bilancio da parte delle Sezioni Regionali della Corte.

I criteri per la composizione dei Collegi delle SS.RR. in composizione speciale per il 2014 sono stati fissati dall’ ordinanza presidenziale n. 16 del 18/12/2013 che, al punto 4, prevede che detti Collegi siano presieduti dal Presidente della Corte dei conti o da un Presidente di Sezione da lui delegato scelto tra i due Presidenti di Sezione con funzioni di coordinamento delle SS.RR. in sede giurisdizionale e composti da sei consiglieri di cui tre delle SS.RR. in sede giurisdizionale e tre delle SS.RR. in sede di controllo.

La sede giurisdizionale è composta da 26 magistrati (da cui vanno scelti i tre per la composizione speciale);

la sede di controllo è composta da 34 magistrati (da cui ne vanno scelti altri tre).

Con la “composizione speciale” il legislatore ha voluto risolvere i conflitti di competenza con altre magistrature, in particolare con quella amministrativa che aveva sospeso più di una deliberazione di Sezioni Regionali di controllo in seguito a ricorsi di Comuni52 “risolvendo” il problema della giustiziabilità delle deliberazioni delle Sezioni Regionali di controllo.

Pertanto, da quanto s’è potuto comprendere, la sede della “composizione speciale” è giovane e la prima sentenza delle SS.RR. sui ricorsi avverso il diniego di approvazione di un piano di riequilibrio è soltanto del giugno 2013. – Nel caso citato la sentenza n. 2/2013 è stata favorevole al Comune di Belcastro e sono state respinte le motivazioni della Sezione Regionale competente (quella per la Calabria). – Nella sentenza in questione le Sezioni Riunite hanno, tra l’ altro, sostenuto che la Sezione Regionale di controllo, prima di pronunciarsi sui piani di riequilibrio debba, comunque, aspettare l’ esito dell’ istruttoria della Commissione ministeriale.

Nel corso del 2013, ci sono state altre tre sentenze: la n. 5, riguardante il Comune di Ispica (provincia di Ragusa) dove le SS.RR. hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal Sindaco pro-tempore contro la deliberazione consiliare di bocciatura del piano di riequilibrio finanziario che, di conseguenza, aveva attivato le procedure per il dissesto guidato;

la n. 6, riguardante fattispecie diversa dall’ approvazione/diniego del piano di riequilibrio in quanto concernente l’ eventuale elusione dei vincoli del patto di stabilità da parte del Comune di Montecchio Maggiore dove, da un lato, è stato accolto il ricorso del Comune e, dall’ altro, s’è affermata la competenza delle SS.RR. in composizione speciale a giudicare anche su fattispecie diverse da quelle del piano di riequilibrio;

la n. 9, più simile, come casistica, al caso del Comune di Napoli in quanto concernente il ricorso da parte del Comune di Porto Azzurro contro il diniego del piano di riequilibrio deliberato dalla Sezione Regionale di controllo per la Toscana e, in questo caso, è stato respinto il ricorso dell’ Ente.

In questa circostanza, la difesa del Comune ha osservato, tra l’ altro, che c’è stata la mancanza d’ un contraddittorio soddisfacente, ristrettezza di tempi per la risposta, non s’è tenuto in considerazione l’ esito positivo dell’ istruttoria svolta dalla Commissione del Ministero dell’ Interno.

 

 

IX – Spunti conclusivi: per la costruzione di una piattaforma antiliberista di svolta nella politica economica verso gli Enti Locali.

 

E’ sicuramente difficile trarre delle conclusioni su delle problematiche complesse come quelle qui affrontate e, in buona misura, in corso di definizione.

Perciò, ci limiteremo a ribadire alcune esigenze.

Da quanto sin qui sostenuto, appare chiaro che sulla legge 213 occorrerà ritornarci sia per il ruolo della Corte dei conti, che, ad es., per i meccanismi di finanziamento.

L’ ottica emergenziale da cui è nata anche la procedura del piano di riequilibrio sta mostrando le sue prime crepe come dimostrano anche alcune sentenze della Corte Costituzionale che hanno dichiarato l’ illegittimità costituzionale di alcune disposizioni del d-l 174 quantunque in riferimento alle Regioni53.

Da quanto sinora affermato, si evince con chiarezza che l’ ottica della maggior parte dei piani di riequilibrio compreso, purtroppo, quello del Comune di Napoli è quella di vendere i “gioielli di famiglia” alienando patrimonio immobiliare e smantellando progressivamente il sistema della partecipate obiettivo, quest’ ultimo, ribadito anche nel recente “salva-Roma” per la capitale.

Non a caso uno dei “focus” del Commissario alla spending review Cottarelli è sulle Società Partecipate che, a livello nazionale, ha individuato ben 2.023 società in rosso per 2,2 miliardi.

Col “nuovo” Governo Renzi s’ è fatta più forte la pressione della Confindustria che in un recente rapporto del suo Centro Studi afferma che ci sarebbero risparmi per circa 13 miliardi se si mettessero le mani sull’ appetitoso “capitalismo municipale”.

Del resto, com’ è noto, l’ attuale Presidente del Consiglio da Sindaco ha portato avanti la privatizzazione dell’ azienda di trasporto pubblico fiorentina (ATAF).

Sappiamo che il sistema delle Partecipate non è esente da lati opachi (il Comune di Napoli, con vari livelli di partecipazioni, è arrivato addirittura sino a 22 partecipate) tuttavia non riteniamo che si debba “gettare il bambino insieme all’ acqua sporca”.

Non vorremmo trovarci in una situazione simile a quella del 1993 quando, per via referendaria, venne abolito il Ministero delle Partecipazioni Statali (pascolo di clientele e finanziamenti per la DC e i partiti di Governo ma anche presidio d’ intervento pubblico nell’ economia soprattutto nel Mezzogiorno).

Allora, ci fu una sostanziale svendita di pacchetti azionari pubblici e in varie zone di Napoli e della Campania oggi, al posto delle aziende pubbliche, c’è da anni la de-industrializzazione e la camorra ha recuperato in termini di governo del territorio.

PER CONCLUDERE, pensiamo che, per ovvi motivi, il nostro orizzonte non può essere quello della “leggina” o del paracadute per evitare l’ immediato stato di dissesto anche formale del Comune (così il citato d-l n. 6/2014) ma quello della costruzione di una vertenza nazionale che parta proprio dalle aree di maggior sofferenza economico-finanziaria per una svolta antiliberista nella politica della finanza locale.

In questo senso, nel caso del Comune di Napoli, occorre anche recuperare un ruolo più attivo del Consiglio, delle forze politiche e di quelle sindacali superando la delega di fatto che c’ è stata verso il Sindaco nella gestione della partita riequilibrio finanziario e ciò a partire dall’ eventuale ripresentazione del piano in caso di nuova bocciatura dello stesso da parte delle SS.RR. della Corte dei conti.

 

Proposta di piattaforma antiliberista in 14 punti

  1. Semplificazione dell’ attuale procedura di piano di riequilibrio pluriennale (mirando, tra l’ altro, ad eliminare l’ intreccio tra la funzione di controllo e quella giurisdizionale della Corte dei conti per recuperarne, almeno in parte, un ruolo “collaborativo” della stessa e cercando di coinvolgere anche l’ ANCI che ha fatto un’ esplicita richiesta di semplificazione procedurale durante il dibattito parlamentare sulla conversione in legge del d-l 174);

 

  1. Possibilità per i Comuni che riequilibrano le proprie finanze prima della scadenza prevista dal piano presentato di uscire dalla procedura controllata anche prima del suddetto termine (ad es., se un Comune presenta un piano di riequilibrio della durata di otto anni e, successivamente, raggiunge gli obiettivi al sesto anno può uscire due anni prima di quanto previsto dalle procedure controllate) ;

 

  1. Maggiori specificazioni per quanto riguarda le modalità di aumento dei tributi su cui anche il Servizio Studi del Senato, a suo tempo, ha mosso delle obiezioni, in quanto l’ attuale normativa è così generica che può esserci l’ ulteriore rischio di aumenti indifferenziati, indipendentemente dalle fasce reddituali seppure, nel caso del Comune di Napoli, s’è cercato di superare questo problema;

 

 

  1. NO all’ eventuale intermediazione bancaria sia nell’ immediato che nel prossimo futuro per evitare occasioni speculative per l’ accesso al “Fondo di rotazione” e progressivo superamento del meccanismo “opaco” delle gestioni fuori-bilancio di cui al citato Fondo;

 

  1. Ripensamento del ruolo della Cassa Depositi e Prestiti per una  sua ripubblicizzazione (non a caso è stata trasformata in Spa nel 2003 durante uno dei Governi Berlusconi);

 

 

  1. Rinegoziazione dei mutui con la Cassa Depositi e Prestiti a tasso agevolato per il Comune di Napoli e per tutti gli EE.LL. in grave difficoltà finanziaria per tutto il periodo di riequilibrio/risanamento (non si comprende perché la BCE dà soldi ad un tasso irrisorio alle Banche private e, poi, gli Enti Pubblici debbano pagare tassi di mercato per investimenti pubblici, né si comprende perché, nei fatti, la Cassa riconosce la “finalità sociale” a gruppi privati come Benetton o Carnival e non ai Comuni);

 

  1. Rinegoziazione del debito di provenienza speculativa (ad es. gli swap che riguardano anche il Comune di Napoli);

 

  1. Collegamento delle politiche di riequilibrio finanziario degli Enti Locali alle fasi del ciclo economico, dando una chiara interpretazione estensiva a quanto previsto dalla legge “rinforzata” d’ attuazione del “riformato” art. 81 della Costituzione . – Infatti, non sfugge a nessuno che l’ applicazione delle norme sia sul riequilibrio finanziario che sul dissesto finanziario aggraverebbero la recessione. – Ciò, è, ovviamente, soprattutto in relazione al previsto blocco degli investimenti per gli Enti in gravi difficoltà finanziarie;

 

  1. Impedire che le risorse per gli enti in grave difficoltà finanziarie provengano dal Fondo Speciale investimenti e non, invece, da una quota della lotta all’ evasione fiscale, o dall’ istituzione di una patrimoniale;

 

 

  1. Nell’ approvazione dei piani di riequilibrio/risanamento, vanno considerati elementi di contesto come l’ indice di disoccupazione del territorio coinvolto dal riequilibrio finanziario integrando degli “spiragli” che sono vagamente previsti anche nella deliberazione n. 16/2012 della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, oppure valutare  la situazione contrattuale dei lavoratori dell’ Ente (non è la stessa cosa fare dei tagli alla retribuzione accessoria in una fase di blocco pluriennale dei rinnovi contrattuali come l’ attuale o in periodi di “vacche grasse”). –In particolare, va ribaltata l’ attuale visione della retribuzione accessoria come uno dei punti su cui tagliare; invece, lavoratori e OO.SS. possono essere, attraverso la contrattazione integrativa, una fonte di recupero di risorse finanziarie per l’ Ente soprattutto nel campo dell’ evasione tributaria. – Nelle modifiche al piano di riequilibrio, quindi, vanno previsti specifici contributi della contrattazione, naturalmente sta alle RR.SS.UU. e alle OO.SS. formulare articolate e concrete proposte in merito.

 

  1. Sempre in rapporto all’ attuale fase recessiva, che vive gran parte dell’ Europa e il nostro Paese, uscita dal Patto di stabilità (o forte allentamento dello stesso) degli EE.LL. in difficoltà finanziarie per i primi tre anni del riequilibrio o del dissesto finanziario estendendo a questi Enti le disposizioni già in vigore per alcuni Enti in difficoltà finanziarie di zone terremotate (o in misura diversa la deroga vigente al PSI per i Comuni sciolti per infiltrazioni malavitose che sono esentati per tutto il periodo del Commissariamento e il primo anno di rielezione degli organi ordinari);

 

 

  1. Coordinamento della normativa sulla rideterminazione delle dotazioni organiche per evitare duplicazioni anche indirette dei tagli (ad es., la legge sulla “spending review” prevede l’ uscita di un DPCM sulla riduzione delle dotazioni organiche degli EE.LL. che non è ancora avvenuta e che come parametro prioritario adopererà sempre quello del  rapporto dipendenti/popolazione residente);

 

  1. Prolungamento al quinquennio , invece dell’ attuale termine triennale, della riduzione di almeno il 10% della spesa corrente per prestazioni di servizi e di almeno il 25% della spesa per trasferimenti.

 

  1. Disincentivare le operazioni di finanza straordinaria a favore di quella ordinaria e strutturale, in particolare va vietata l’ alienazione di beni del patrimonio disponibile adibiti a finalità sociali.

 

 

Rosario Marra

del Circolo Luigi Esca-Vincenzo Obermayer di

Stella-San Carlo all’ Arena.

 

 

NA 13/03/2014

 

 

 

 

 

 

1 Francesco Albo nota come “l’ espressione gergale di “dissesto guidato” risulta ormai utilizzata anche nelle deliberazioni della Corte dei conti. – Cfr. Sezione delle Autonomie delibera n. 16/2012; Sezione Regionale di controllo per la Calabria, delibere n. 309/2012 e 310/2012” (da “La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale e la prevenzione del dissesto” in LexItalia.it, nota n.8). – La Sezione Regionale di controllo per la Calabria, rispetto al tipo di competenza in esame, in qualche deliberazione usa anche l’ espressione “procedura di accertamento assistito dei presupposti del dissesto” (cfr. deliberazione n. 294 del 15/11/2012).

 

2 E’ ovvio che nell’ attuale quadro normativo non è data discrezionalità all’ Ente sulla deliberazione dello stato di dissesto, tanto che anche nella precedente stesura dell’ art. 247 TUEL era prevista una sorta di “dissesto guidato” su iniziativa del CO.RE.CO.- Il carattere “vincolato” della dichiarazione di dissesto emerge pure dalla giurisprudenza amministrativa: “La decisione di dichiarare lo stato di dissesto finanziario non è, pertanto, frutto di una scelta discrezionale dell’ ente, rappresentando piuttosto una determinazione vincolata (ed ineludibile) in presenza dei presupposti di fatto fissati dalle legge, la “valutazione” richiamata dall’ art. 246, riguarda soltanto le cause che hanno determinato la situazione di deficit finanziario economico” (Cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 143/2012).

 

3 Sono poche le deliberazioni delle Sezioni Regionali della Corte, antecedenti il d-l 174, che adoperano il termine “pre-dissesto”. – Ad es., nelle deliberazioni della Sezione regionale di controllo per il Piemonte nn. 414 e 415 del 2012 si usa l’ espressione “disequilibrio strutturale”; nella n. 260/2012, sul Comune di Alessandria, si usa l’ espressione “sussistenza di numerose criticità, ritenute indice di uno squilibrio finanziario strutturale tale da poter preludere alla dichiarazione di dissesto finanziario”; la Sezione Regionale calabrese, nella deliberazione n. 294/2012, sul Comune di Reggio Calabria fa riferimento a “gravi profili di criticità ed irregolarità idonei a provocare il dissesto finanziario dell’Ente”.

Nelle deliberazioni nn. 76 e 103 del 2011 adottate dalla Sezione Regionale di controllo per la Liguria sul Comune di Cogorno, invece, compare il termine “pre-dissesto”: “La Sezione Regionale di controllo per la Liguria:

accerta la sussistenza, per il bilancio di previsione 2011, di profili di criticità strutturali in termini di tenuta dell’ equilibrio di parte corrente , essendo l’ equilibrio influenzato da entrate aventi carattere non ripetitivo non correlate a spese aventi le medesime caratteristiche, con effetti pregiudizievoli sul patto di stabilità interno e sulla salvaguardia degli equilibri di bilancio sugli esercizi 2012 e 2013 compresi nel bilancio pluriennale 2011-2013 in atto in situazione di squilibrio o di equilibrio condizionato all’ acquisizione di entrate del tutto ipotetiche e dunque in stato di pre-dissesto economico e finanziario” (dalla cit. deliberazione n. 103 del 30 dicembre 2011).

 

4 Il riferimento è alle disposizioni relative alla “Responsabilità politica del Presidente di Provincia e del Sindaco” di cui all’ art. 6, co.1, del d-lgs n. 149/2011 dove si prevede che qualora la Corte dei conti riconosca come responsabili, anche in primo grado, gli amministratori che con dolo o colpa grave hanno provocato il dissesto finanziario non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, revisore dei conti di enti locali e di rappresentanti di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati. –I Sindaci e i Presidenti di Provincia, inoltre, non sono candidabili per dieci anni alle cariche di Sindaco, Presidente di provincia, Presidente di Giunta Regionale, nonché di membro di consigli comunali, provinciali, regionali, del Parlamento nazionale ed europeo, né possono ricoprire, per il medesimo periodo, la carica di assessore comunale, provinciale, regionale, né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici.

 

5 I parametri per il triennio 2013/2015 sono stati individuati, secondo le modifiche apportate all’ art. 242, co.2, del TUEL, con Decreto del Ministro dell’ Interno di concerto col Ministro dell’ economia e delle Finanze del 18/2/2013, pubblicato sulla G.U. –Serie Generale n. 55 del 6/03/2013.

 

6 La Sezione delle Autonomie, riprendendo una precedente deliberazione, ha indicato nell’ adunanza del 20/11/2011 come “cause principali e ricorrenti, che portano al dissesto dell’ Ente, nelle seguenti fattispecie: squilibri nella gestione dei residui, mantenimento in bilancio di residui attivi sopravvalutati, risalenti ed inesigibili, crisi irreversibile di liquidità con ricorso sistematico ad anticipazioni di tesoreria di notevole entità, ingenti debiti fuori bilancio, sopravvalutazione di entrate, sottovalutazione di spese” (dalla deliberazione n. 2/2012 della Sezione delle Autonomie). Ulteriori indicatori e un’ articolazione di quelli elencati in precedenza si trovano nelle varie deliberazioni di Sezioni Regionali citate nel presente scritto.

 

7 In questa direzione, va ad es., il “Protocollo d’ intesa relativo ai rapporti di collaborazione tra la Corte dei conti nell’ esercizio delle sue funzioni di controllo e la Guardia di Finanza” firmato lo scorso 4 marzo; nell’ originaria stesura del d-l 174 si prevedeva un uso ancora più ampio della Guardia di Finanza per l’ attività di controllo della Corte.

 

8 Ci sono stati esperti che di fronte ai cambiamenti dell’ originaria normativa del piano di riequilibrio hanno parlato di “disposizioni caotiche” (così Ettore Jorio su “IL SOLE-24 ORE” del 27 gennaio 2014.

 

9 Le altre tre modifiche sono state apportate:

  1. dall’ art. 49-quinquies del d-l n. 69/2013, convertito nella legge n. 98/2013 che ha aggiunto al co. 5 dell’ art. 243-bis del TUEL la previsione, nel caso di inizio mandato, di una rimodulazione del piano presentato dall’ Amministrazione uscente, qualora non sia ancora intervenuta la pronuncia della Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti;

  2. dall’ art. 10-ter del d-l n. 35/2012 che, sostituendo il co.1 dell’ art. 243-quater del TUEL ha limitato la competenza all’ adozione degli indirizzi istruttori alla Sezione delle Autonomie evitando che in questa fase intervenisse anche la Sezione Regionale (nel caso del Comune di Napoli ciò non s’è verificato in quanto la Sezione campana è intervenuta anche nella fase istruttoria della Commissione del Ministero dell’ interno, com’ era previsto prima della modifica normativa);

  3. dall’ art. 1, co. 573, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) che anticipa una delle possibilità di ripresentazione del piano di riequilibrio finanziario qualora ne sia stata bocciata la proposta dal Consiglio Comunale e a patto che l’ Ente riesca a dimostrare dinnanzi alla competente Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti di aver migliorato la condizione di ente strutturalmente deficitario.

 

10 Si tratta del decreto-legge contenente “disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali. – Disposizioni per il rinnovo del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria”.

 

11 E’ la legge concernente “interventi urgenti di avvio del piano “Destinazione Italia” per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC auto, per l’ internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di OO.PP. ed Expò 2015”

 

12 Si tratta del d-l 6 marzo 2014 n. 6 contenente “disposizioni urgenti in materia di finanza locale, nonché misure atte a garantire la funzionalità delle istituzioni scolastiche”.

 

13 La citata deliberazione è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 7 del 9 gennaio.

 

14 Ad es., al punto 7 della Sezione I dello “schema istruttorio” per quanto attiene all’ “analisi della capacità di riscossione nel triennio” si afferma che “L’ Ente deve dar conto delle eventuali difficoltà di riscossione illustrando il contesto economico-sociale-territoriale, le difficoltà operative ed organizzative sofferte ed ogni altra concausa”.

 

15 Questo concetto, come vedremo nel successivo paragrafo V, è stato ripreso, in maniera forse un po’ troppo meccanicistica, dalla Sezione Regionale di controllo nella deliberazione n. 12/2014.

 

16 La norma citata cosi recita:

d) l’ indicazione, per ciascuno degli anni del piano di riequilibrio, della percentuale di ripiano del disavanzo di amministrazione da assicurare e degli importi previsti o da prevedere nei bilanci annuali e pluriennali per il finanziamento dei debiti fuori-bilancio.

 

17 Lo schema che segue riguarda la procedura-tipo del piano di riequilibrio incluse le modifiche procedurali inserite per vari casi specifici dalla normativa successivamente intervenuta e brevemente analizzata nel paragrafo II) del presente saggio.

 

18 Casi di successiva revoca della deliberazione consiliare di adesione alla procedura di riequilibrio sono quelli costituiti da due comuni calabresi, Monasterace e Anoia entrambi in provincia di Reggio Calabria.

 

19 Si suppone che, trattandosi di Comuni con l’ “acqua alla gola”, venga deliberata l’ immediata esecutività.

 

20 Il decreto di costituzione della sottocommissione, prevista dall’ art. 3, co. 1 lett. r del d-l 174 come convertito dalla legge 213, è stato emanato in data 27/02/2013;

sono previsti 12 componenti equamente ripartiti tra Ministero dell’ Economia e Finanze, Ministero dell’ Interno e ANCI.

 

21 Si veda in proposito quanto affermato alla pag. 13 della relazione scritta del Procuratore Generale della Corte dei conti Salvatore Nottola all’ inaugurazione dell’ anno giudiziario 2014 riportata sul sito della Magistratura contabile.

 

22 Si rinvia a quanto osservato alla precedente nota n. 8 dove si citano le disposizioni in base alle quali l’ Ente ha la facoltà di ripresentare il Piano di riequilibrio in caso di bocciatura dello stesso.

 

23 Proposte di semplificazione della nuova procedura in esame sono state fatte anche dall’ ANCI e inviate nel novembre 2012 alle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio.

 

24 Critiche a quest’ aspetto della procedura e sotto diversa angolazione, emergono anche in F. Albo (op. cit.) dove si osserva che “Al di là della configurabilità di un giudizio di appello rispetto ad atti – quali le delibere delle Sezioni Regionali di controllo- aventi natura non giurisdizionale, che merita separato approfondimento in altra sede, perplessità desta l’ assenza di parametri legislativi predefiniti circa la “speciale composizione” del collegio giudicante, ai fini della nomina dello stesso da parte del Presidente della Corte” (articolo citato pag. 9 in n. 1/2013 di LexItalia.it).

Per quanto ci riguarda, pensiamo che la Corte abbia voluto il tipo di procedura in esame anche per evitare che si ripetessero casi di ricorso al TAR, come avvenuto, in un primo momento, nella procedura di “dissesto guidato” del Comune di Alessandria (deliberazione GC n. 85/0950 del 28/03/2012 revocata dall’ Amministrazione Comunale subentrante a quella nella cui consiliatura s’è verificata la situazione di pre-dissesto). – Per ulteriori approfondimenti sul punto rinviamo al paragrafo VIII.

 

25 Dalle dichiarazioni rese alla stampa dal Presidente della Corte dei conti in occasione delle celebrazioni dei 150 anni della costituzione della magistratura contabile tenutesi anche a Napoli lo scorso 15 dicembre 2012.

 

26 Si veda in proposito l’ emendamento del Senatore Oliva, 3.108, approvato durante la trattazione in Commissione dell’ allora ddl n. 3.570.

 

27 Esiste agli atti anche una relazione del Servizio Ispettivo di Finanza della Ragioneria Generale dello Stato che ha avuto un certo risalto sulla stampa cittadina che esamina le gestioni degli ultimi anni del Comune che sembra delineare un quadro ancora più critico e attualmente oggetto della risposta dell’ Amministrazione.

 

28 Il dato sul disavanzo, come altri dati cui si fa riferimento nel prosieguo, è ripreso dalla relazione al rendiconto 2011 del Collegio di revisione del Comune di Napoli pubblicata sul sito istituzionale dell’ Ente.

 

29 I tre parametri non rispettati al 2011 sono:

  1. Quello relativo ai residui attivi da riportare provenienti da gestioni dei residui (tit. I e III) in rapporto agli accertamenti delle entrate del titolo I e III superiori al 65%: nel caso del Comune di Napoli il suddetto rapporto è al 99,27%;

  2. Volume dei residui passivi di fine esercizio delle spese correnti (tit. I) superiori al 40% degli impegni di cui al titolo I: il Comune di Napoli è al 137,89%;

  3. Debiti fuori-bilancio rapportati alle entrate correnti (titoli I, II e III) superiori all’ 1% riferito agli ultimi tre anni: il Comune di Napoli è al 3,52%.

 

30 Cfr. deliberazione n. 310/2012 della Corte dei conti-Sezione Regionale di controllo per la Calabria dove, tra l’ altro, si afferma: “Appare altamente probabile che l’ Ente attualmente si trovi in stato di deficitarietà strutturale ai sensi dell’ art. 242 TUEL, seppur i parametri di riscontro elaborati…riportino esclusivamente la ricorrenza di 4 violazioni su 10.- Com’ è stato evidenziato nella precedente deliberazione di questa Sezione n. 295/2012, l’ Ente ha verosimilmente violato anche il parametro inerente ai debiti fuori-bilancio e potrebbe altresì non aver conseguito il rispetto del parametro inerente alla spesa del personale proprio in ragione della consistente eliminazione di poste attive ritenute insussistenti”. – Impostazione simile, è quella seguita dalla Sezione Regionale di controllo per il Piemonte rispetto alla situazione finanziaria del Comune di Alessandria, dove, nella deliberazione n. 260/2012 si osserva che “I parametri di deficitarietà costituiscono unicamente un indice della situazione di squilibrio finanziario ma non sono necessario presupposto di una situazione di grave squilibrio finanziario che può manifestarsi anche in base ad altri indici” (dalla pag. 60 della citata deliberazione).

 

31 Dalla tabella dei parametri di deficitarietà strutturale riportata nella relazione dei revisori dei conti al rendiconto 2012, si evince che i parametri non rispettati sono:

  1. volume dei residui attivi di nuova formazione provenienti dalla gestione di competenza e relativi ai titoli I e III;

  2. volume dei residui attivi provenienti dalla gestione dei residui attivi di cui al titolo I e III superiori al 65% degli accertamenti della gestione di competenza delle entrate dei medesimi titoli;

  3. volume dei residui passivi complessivi provenienti provenienti dal titolo I superiori al 40% degli impegni della medesima spesa corrente;

  4. esistenza di procedimenti di esecuzione forzata superiore allo 0,5% delle spese correnti anche se non hanno prodotto vincoli a seguito delle disposizioni di cui all’ art. 159 TUEL;

  5. consistenza dei debiti fuori-bilancio riconosciuti nel corso dell’ esercizio superiore all’ 1% rispetto ai valori di accertamento delle entrate correnti.

 

32 Anche in questo caso, il parere è stato pubblicato nelle pagine del Collegio dei revisori sul sito istituzionale del Comune di Napoli.

 

33 Quello della vigilanza sui piani di dismissione del patrimonio immobiliare è stato uno dei punti che ha animato anche il breve dibattito consiliare concentrato nella sola seduta del 28/01/2013 soprattutto con riferimento alla dismissione di alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica.- Su questo punto, in relazione alle azioni correttive messe in atto per ripianare il disavanzo del Comune di Reggio Calabria, la competente Sezione Regionale della Corte ha ricordato, citando un parere della Sezione Regionale della Lombardia, che, secondo “l’ art. 1, co. 5, della legge n. 560/1993 “L’ alienazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica è consentita esclusivamente per la realizzazione di programmi finalizzati allo sviluppo di tale settore” ( cfr. deliberazione n. 294 del 15/11/2012).

 

34 Cfr. in proposito quanto affermato da E. Jorio: “Per non parlare delle paventate alienazioni degli immobili comunali.- Facili ad incrementare le speranze sociali.- Difficili da realizzare per due ordini di motivi. .Il primo perché “affetti” da estimi non propriamente attualizzati.- Del tipo, l’ immobile interessante al ribasso, quello poco attraente, invece, sull’ esagerato. – Il secondo che è rappresentato dalla più generale penuria di acquirenti, atteso un mercato immobiliare che non c’è e che non ci sarà per chissà quanto tempo” (da “Troppo ottimismo senza responsabilità” su “IL SOLE-24 ORE” del 25/02/2013).

 

35 Sulla “bipartizione” della proposta di deliberazione, nel dibattito della seduta consiliare del 15/7/2013, non sono mancate perplessità da parte di alcuni Consiglieri che hanno espresso anche riserve sul metodo di calcolo adoperato dal Comune per giungere all’ individuazione della percentuale esatta dell’ incidenza della spesa del personale rispetto all’ insieme della spesa corrente.

 

36 Le Società Partecipate complessivamente inserite nel calcolo della spesa del personale sono state, in tutto, sette:

A.S.I.A., NAPOLIPARK, NAPOLISOCIALE, METRONAPOLI, ELPIS, NAPOLISERVIZI, ARIN. (tutte partecipate al 100%).

 

37 Nella citata deliberazione si osserva: “…costituiscono spese di personale anche quelle sostenute per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all’ articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, nonché per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all’ ente”.

 

38 Si tratta della New Company per la mobilità della città di Napoli costituita da ANM Spa, Metronapoli Spa e Napoli park srl

 

39 Le osservazioni riguardano: le modalità di determinazione del disavanzo d’ amministrazione, il piano di dismissioni immobiliari, la situazione delle Società Partecipate, le modalità di contabilizzazione dell’ anticipazione del Fondo di rotazione, la capienza del Fondo Svalutazione Crediti, l’ andamento negativo dei flussi di cassa, le modalità di formazione del Fondo risorse decentrate e il metodo adoperato per determinare l’ incidenza delle spese per il personale rispetto all’ insieme delle spese correnti, la situazione debitoria.

40 La legge 213, ai sensi del nuovo art. 243-bis del TUEL, fa riferimento all’ art. 15, co.5, del CCNL 1/4/1999 per il personale delle categorie e all’ art. 26, co. 3, del CCNL 21/12/1999 per la dirigenza del comparto Regioni/Autonomie Locali.

L’ art. 15 è sulle “Risorse per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività”, l’ art. 26 del CCNL dirigenza è relativo al “finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato”.

41 A tale proposito, il Servizio Studi del Senato,, nel dossier n. 405 sull’ allora ddl n. 3570 ha osservato:

La facoltà riconosciuta agli Enti locali, di rilevante impatto sui soggetti passivi dei tributi e delle tariffe locali, non sembra circostanziata rispetto alla portata delle eventuali deroghe alla legislazione vigente consentite agli Enti Locali che accedano alla procedura di riequilibrio in relazione alle diverse fattispecie impositive e tariffarie azionabili dagli enti medesimi” (dossier cit. pag. 177).

42 Per il triennio 2011-2013, il rapporto medio dipendenti/popolazione è contenuto nel D.M. 16/03/2011; il Comune di Napoli è inserito nella fascia demografica superiore ai 249.999 abitanti con un rapporto di 1 a 75.- Dalla citata relazione dei revisori (pag. 165) emerge un rapporto di 91.

43 Lo schema di decreto al passaggio in Conferenza Stato-Città Autonomie Locali ha visto una diversificazione nel parere reso nella seduta del 20 dicembre 2012 dalle Associazioni delle Autonomie in quanto l’ ANCI ha dato una valutazione positiva e l’ UPI, invece, negativa perché ha ritenuto che il tetto di 20 euro ad abitante per le Province è sperequato rispetto a quello previsto per i Comuni. – E’ chiaro che sulla differenza tra i due tetti hanno inciso sia le disponibilità finanziarie che il diverso peso politico-istituzionale dei due tipi di Enti.

44 Così l’ Assessore al Bilancio Palma nel dibattito consiliare del 15/7/2013 sull’ aggiornamento del piano di riequilibrio del Comune.

 

45 Si veda in proposito l’ intervento del prof. Ettore Iorio su “IL SOLE-24 ORE” dell’ 11/02/2013.

 

46 Cfr. Circolare n. 5 concernente il Patto di stabilità interno per il triennio 2013-2015 per le Province e i Comuni con popolazione superiore ai 1.000 abitanti. – Il punto riguardante il Fondo di rotazione è al paragrafo D punto D.3

 

47 Un elenco dettagliato dei Comuni e delle Province che hanno chiesto di accedere alla procedura del piano di riequilibrio si trova nel numero dell’ 1/02/2013 del settimanale “IL MONDO” nell’ articolo dal titolo: “Un crack molto Comune”, altri dati si trovano nella “Relazione sulla gestione finanziaria degli Enti Locali” per gli esercizi finanziari 2011-2012” della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti (deliberazione n. 21/2013) pagg. 529-30.

 

48 Questi dati sono riportati nell’ articolo “Comuni in crisi: cura schock” su “IL SOLE-24 0RE” del 25/02/2013

 

49 In realtà, anche la procedura di “dissesto guidato” non è alternativa a quella del dissesto finanziario come chiarisce la Sezione Regionale di controllo per la Calabria che, ad es., in relazione all’ avviata procedura di cui all’ art. 6,co.2, del d-lgs n. 149 per il Comune di Locri afferma che “In ogni caso, si rappresenta che la procedura in atto non impedisce all’ Ente, ove ritenga sussistenti le condizioni di cui all’ art. 244 del d-lgs 267/2000, di procedere autonomamente e doverosamente alla dichiarazione di dissesto finanziario secondo le modalità previste dall’ art. 246 del d-lgs 267/2000, attesa l’ obbligatorietà della dichiarazione dello stato di dissesto nella ricorrenza dei relativi presupposti” (dalla deliberazione n. 295/2012).

 

50 La procedura di dissesto “guidato” (ex-art. 6, co. 2, d-lgs n. 149/2011) è dettagliatamente descritta nella deliberazione n. 2/2012 della Sezione delle Autonomie e prevede tre fasi:

  1. Una prima deliberazione della Sezione Regionale di controllo che assegna un termine per le misure correttive;

  2. Una seconda deliberazione emanata allo scadere del termine assegnato e, qualora persista l’ inadempimento c’è la trasmissione degli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente ;

  3. Una terza deliberazione se entro 30 gg. dalla predetta trasmissione la competente Sezione Regionale accerta l’ ulteriore inadempimento, il Prefetto assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore ai 20 gg. per la deliberazione del dissesto.- Questa terza fase non viene presa in considerazione dalla deliberazione n. 1/2013 della Sezione delle Autonomie che, quindi fa riferimento alla fine o meno della seconda fase per stabilire l’ eventuale sospensione temporanea del dissesto guidato.

 

51 La procedura per i giudizi ad istanza di parte è contenuta negli artt. 52-58 del R.D. del 13/08/1933 n. 1038/33 concernente l’ “approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti”.

 

52 Citiamo i casi dei ricorsi al TAR dei Comuni siciliani di Cefalù e Scaletta Zanclea o di quello del Comune calabrese di Vibo Valentia.

53 Cfr. sentenza Corte Costituzionale n. 39/2014 che ha dichiarato l’ illegittimità costituzionale di alcune disposizioni dell’ art. 1 del d-l 174.

* compagno del Prc di Napoli, delegato sindacale della Corte dei Conti

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