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Economia. Non ne va bene una

“Il quadro macroeconomico che si sta delineando in questi mesi e in queste settimane è molto più deteriorato di quello di qualche settimana fa e, naturalmente, l’obiettivo di riequilibri strutturali tiene conto dell’andamento del ciclo” ha amesso il Ministro dell’Economia, Padoan, in una intervista pubblicata oggi dal Sole 24 Ore, nel quale ha avanzato una radiografia dell’economia italiana che non riesce in nessun punto a coincidere con la propaganda del governo Renzi. “L’Italia stenta a uscire dalla crisi perchè ha accumulato ostacoli strutturali. Per riprendere a crescere non ci sono scorciatoie: dobbiamo rimuovere quegli ostacoli con riforme strutturalì’ ha affermato il ministro Padoan. Ieri c’era stato un duello a distanza tra la maggiore associazione dei commercianti – Confcommercio – e lo stesso Renzi sui benefici del bonus fiscale di 80 euro ai lavoratori dipendenti (in realtà non a tutti sono andati 80 euro tondi tondi). Per la Confcommercio in questi due mesi (giugno e luglio) gli effetti benefici sui consumi non si sono visti, mentre Renzi ha replicato che gli effetti si vedranno, prima o poi, infilando un paragone con l’estate che arriva proprio nell’anno in cui siamo in estate inoltrata ma con un clima autunnale. Secondo l’organizzazione dei commercianti, la crescita tendenziale dei consumi dello 0,4% registrata a giugno è “troppo poco rispetto alle attese. Sono segnali positivi ma straordinariamente deboli e insufficienti per affermare che la domanda delle famiglie sia giunta a un incoraggiante punto di svolta”.

Nei giorni scorsi poi il governo è riuscito a deludere anche le aspettative di una categoria importante ma bistrattata come gli insegnanti. Almeno 4mila di loro hanno visto sfumare la possibilità di andare in pensione entro quest’anno scolastico dopo lo stralcio dell’emendamento approvato in parlamento ma bloccato dal Med e poi dal governo con decreto firmato dal Ministro Madia.

Occorre ammettere però che se Roma piange anche Berlino non ride. I dati diffusi questa mattina sottolineano la inaspettata e brusca frenata degli ordinativi alle fabbriche tedesche. I dati di giugno segnano un calo del 3,2%, come non succedeva da due anni e mezzo. Le stime invece indicavano in media un rialzo dello 0,9% che è stato disatteso. Negativo anche l’indice Wda calcolato su base annua: -2,4% contro una previsione di aumento dell’1,1%. A gelare anche la locomotiva tedesca sono le tensioni sull’Ucraina che, a quanto pare, sono anche una delle cause del ribasso di stamattina tutte le borse. L’escalation statunitense contro la Russia che i paesi dell’Unione Europea stanno assecondando in modo piuttosto suicida, non può non avere immediate ripercussioni sull’economia europea più integrata con quella russa: la Germania, appunto, ma anche l’Italia.

Pretendere che l’Italia si risollevi solo applicando alla lettera…. la lettera di Draghi e Trichet del 5 agosto 2011 (come invoca la Confindustria e il suo giornale), diventa una sanguinosa illusione quando i governi non solo continuano ad attuare misure recessive sul piano interno ma quando acutizzano in peggio anche i fattori esterni. E una guerra con la Russia difficilmente può essere considerato un fattore di crescita.

A conferma del quadro più che fosco, stamattina l’Istat ha diramato i dati relativi al Pil del terzo trimeste. Il governo temeva, ufficialmente, una “crescita zero” o addirittura -0,1%, che avrebbe certificato – anche tecnicamente – una nuova recessione in atto (due semestri negativi).

E’ andata peggio, naturalmente: -0,2%, tra aprile e giugno. Un dato secco che non ammette repliche a chiacchiere (l’unica vera specializzazione del premier “ggiovane”), ma che soprattutto significa due cose:

a) tutte le misure prese anche da questo governo (tagli alla spesa pubblica, eliminazione delle protezioni sul mercato del lavoro, ma totalmente libera alle imprese in tema di “flessibilità” e “precarietà”, conseguente compressione salariale e persino gli “80 euro”) non hanno alcun effetto positivo sull’economia nazionale. Anzi…

b) tutti i calcoli fatti in previsione di una crescita annuale – per il 2014 – intorno al + 0,8% dovranno essere rapidamente rivisti. Il rapporto deficit/Pil, infatti, subisce un colpo traumatico (essendo una espressione percentuale…), con conseguenze pesanti sui conti pubblici, la “legge di stabilità” che dovrà essere approvata dall’Unione Europea e quindi sulla necessità di una “manovra finanziaria” di almeno 20 miliardi (tra ulteriori tagli alla spesa e nuove tasse).

La cosa più grave è che il calo trimesrale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto in tutti e tre i grandi comparti di attività economica: agricoltura, industria e servizi. Non c’è più un solo settore economico che “tenga botta”. Cade anche la componente estera netta (le esportazioni)…

Il rapporto completo dell’Istat:

 

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