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Bankitalia cancella le speranze di “ripresa”

Difficile che il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, sia disponibile per fare il presidente della Repubblica che Renzi si aspetta: un chiacchierone che spara promesse, assiste complice alla demolizione dell’impianto costituzionale e copre qualsiasi fetenzia il governo prepari oer far piacere all’Unione Europea, alla Troika, ai propri ministri o anche a Berlusconi.

In Bankitalia lavora ancora gente seria, che sa fare il proprio lavoro senza guardare in faccia agli nteressi politici di questo o quel premier di turno (in Italia cambiano spesso, si sa; a palazzo Koch i tempi di permanenza sono più lunghi, e le competenze necessarie molto più solide).

Accade perciò che mentre il governo continua a promettere mirabolanti imprese dell’economica italia dopo l’approvazione del jobs act (quel dispositivo criminale per cui i licenziamenti facili dovrebbero far aumentare l’occupazione), dall’ufficio studo di via Nazionale spunti un’analisi completamente opposta.

Le previsioni di crescita del Pil ndel 2015 passano infatti da  un tiepido +1,3% elaborato sei mesi fa a un quasi nullo +0,4%. Per l’anno prossimo – ma bisgonerà vedere tra altri sei mesi se ci sarà conferma o meno – si spera che la dinamica acceleri fino al +1,2 per cento.Quasi un punto di Pil in meno in soli sei mesi non sono un dettaglio o il frutto di piccoli errori di calcolo: indica uno scenario decisamente più fosco delle attese. E non è difficile capire perché, se solo si alza lo sguardo dal chiacchiericcio italico stimolato da Renzi & co. e si guarda quel che sta avvenendo nel mondo.

Il bollettino economico della Banca d’Italia non è comunque un “documento dell’opposizione sociale”, e quindi è comunque teso a individuarei punti chiave dello sviluppo dell’economia nazionale così com’è. Ma non può fare “stime ottmistiche”, almeno finché «resta ampia l’incertezza» e non sarà chiarito – anche nei rapporti con la Commissione Europea – quale «sarà l’intensità della ripresa degli investimenti».Perchè hai voglia di star lì a sperare che “riforme strutturali” e politica monetaria “accomodante” risveglino la produzione dalla recessione; se non ci sono investimenti, non ci può essere crescita. E gli imprenditori italici sno tra i meno propensi d’Europa nel metter mano al portafoglio per investire.

La postilla acclusa da Bankitalia è comunque speranzosa con juicio: un Quantitative easing «aggressivo» da parte della Bce avrebbe un effetto positivo sul Pil italiano di un +0,5% nel biennio 2015-2016.”Aggressivo”, nel linguaggio bancario attuale, significa centinaia di miliardi di euro iniettati nel sistema finanziario (le stime parlano di almeno 500 miliardi, a partire dal prossimo 22 gennaio). E non è complicato vedere lo scarto immenso tra risorse “iniettate” erisultati sperati (un +0,5% è comunque un’inezia, per economie che hanno perso 10 punti di Pil in sette anni).

Via Nazionale certifica inoltre che la deflazione è proprio cominciata e continuerà a lungo: -0,2% anche nell’anno appena iniziato. Mentre per l’occupazione non ci sono proprio speranze.

 

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