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Dieci multinazionali decidono quello che mangiamo

Oxfam International, una delle maggiori organizzazioni non governative internazionali impegnate sui temi dell’alimentazione e della fame, ha reso pubblico un dossier da quale si rileva come la gran parte dei prodotti presenti negli scaffali dei supermercati in tutto il mondo appartenga a dieci multinazionali: Nestlè, Unilever, Coca Cola, Danone, Associated British Foods (ABF), General Mills, Kellogg’s, Mars, Mondelez International (ex Kraft Foods), PepsiCo. Queste dieci multinazionali controllano di fatto tutta la filiera della produzione alimentare mondiale, dalle terre nelle quali si estraggono i prodotti fino alla loro trasformazione e commecializzazione.

Oxfam ha lanciato la campagna Scopri il Marchio (Behind the Brands), che ha l’obiettivo di confrontare le politiche delle varie aziende e di sfidarle a competere non per i fatturati o gli utili ma per la miglior performance ambientale e sociale. In questo rapporto, Oxfam valuta le politiche sociali e ambientali delle dieci multinazionali che detengono il monopolio del settore alimentare, esortandole ad intraprendere tutte le misure necessarie per dare vita ad un sistema alimentare globale più equo. Ad ognuna di queste aziende “Scopri il Marchio” ha dato un voto, esaminando sette parametri che le allontanano o avvicinano ad una produzione agricola definita “sostenibile”:  produttori agricoli di piccola scala, braccianti agricoli, condizioni della manodopera femminile, acqua, terra, cambiamento climatico e trasparenza. La classifica stilata da Oxfam sostiene che, sono Nestlé e Unilever a registrare la performance migliore al momento, avendo adottato il numero maggiore di misure volte a fronteggiare i rischi sociali e ambientali lungo la catena di produzione. Le peggiori invece sarebbero ABF e Kellogg’s  che non hanno adottato misure sufficienti a ridurre l’impatto delle loro attività sui produttori e sulle comunità.

Ma la classifica di Oxfam, anche se in linea con i parametri del politically correct, difficilmente potrà ridurre i danni accumulatisi nei decenni, dove le maggiori multinazionali del settore alimentare hanno usato ampiamente terre e lavoro a basso costo per produrre al minimo dei costi e con elevati profitti, molto spesso a danno dell’ambiente (vedi l’impoverimento delle terre) e delle comunità locali nei paesi in via di sviluppo. L’unica performance a lasciare senza fiato è quella dei profitti delle “Big Ten” dell’alimentazione che hanno un giro d’affari di 7mila miliardi di dollari.

Le filiere della dieci multinazionali che controllano l’alimentazione mondiale

 

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