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“Aumenteremo le stime”. Renzi sbanda in economia

Alla propaganda basta poco per cantare vittoria. E Renzi, che è stato inventato dalla e per la propaganda, deve attaccarsi a ogni “segno” favorevole, a prescindere se sia un dato vero oppuro un fuoco fatuo.

Partiamo dai dati reali. L’Istat ha segnalato ieri un aumento della produzione industriale, nel mese di luglio, dell’1,1%. Fin qui tutto normale. E’ un dato mensile, in condizioni particolari (prezzo del petrolio, quantitative easing della Bce, qualche margine di “flessibilità” sui conti concesso dalla Troika, ecc), su cui l’esperienza consiglierebbe sobrietà e prudenza. In fondo il mese precedente aveva fatto segnare un -1%, maggio un +0,9 e aprile -0,2.

Schermata del 2015-09-12 093546Guardando alle serie storiche, del resto, non si fatica a vedere che siamo ben lontani dall’aver recuperato i livelli del 2010, anno peraltro molto negativo perché successivo al grande gelo del 2008-2009, post Lehmann Brothers. E anche volendo misurare l'”effetto Renzi” sulla produzione industriale italiana si deve sottolineare che l’indice di luglio 2015 (92,7) è perfettamente identico a quello di gennaio 2014. Ovvero quando Renzi stava ancora scaldando i motori per sostituire Enrico Letta a palazzo Chigi. Insomma: se vogliamo essere onesti, la produzione industriale di questo paese è ferma da 18 mesi, oscillazione più, oscillazione meno.

Renzi, però, ha inscenato una danza trionfale più sguaiata del solito. Intervistato dal Tg1, ha garantito che l’Italia “ha svoltato”. Poi, come spesso gli accade, si è incartato nelle sue stesse menzogne: “Ci sarà un aumento delle stime di crescita“, ignorando la differenza radicale che passa tra le “stime” e la realtà. Perché – un’altra ammissione involontaria – “bisogna dare un messaggio di grande tranquillità“. Imbarazzante, avere uno così sulla poltrona operativa più importante. Uno che parla di se stesso come uno spacciatore di “messaggi”, anziché una guida per un paese in crisi. Messa così, lo potremmo considerare addirittura un momento di “sincerità”.

Il patron degli industriali, Giorgio Squinzi, pur riconoscendo il “clima nuovo” (e ti credo: puoi licenziare ad libitum, disciplinando schiavisticamente i dipendenti, ti regalano tre anni di contributi per ogni lavoratore precario che passi “a tempo indeterminato”, ecc), avverte che è meglio non cantare vittoria: «parlare di ripresa è ancora un po’ arrischiato». Il tutto, come sempre, per battere cassa: «La priorità assoluta è mettere tutte le risorse possibili e immaginabili e di più se si potranno usare margini di flessibilità europa su questo discorso».

«I 17 miliardi che ora sembrano diventati 20, non è ancora ben chiaro – ha detto – devono essere la priorità assoluta per il paese perché abbiamo un deficit infrastrutturale che non tocca solo le strade ma anche i porti, gli aeroporti, la banda larga e via dicendo. Serve un salto in avanti dal punto di vista strutturale».

Del resto, scorrendo i dati disaggregati della nota Istat, si vede che la dinamica produttiva di luglio è parecchio anomala. Il comparto che registra la maggiore crescita tendenziale è infatti quello della fabbricazione di mezzi di trasporto, addirittura del 20,1%, conseguenza della necessità di rinnovare il parco auto dopo cinque anni di gelo nelle vendite. Momento che Fiat-Fca – unico produttore italiano – ha sfruttato, piazzando però sul mercato soprattutto le “piccole”, come la Panda. Quindi consumi di fascia bassa, non proprio un segno di “grande ripartenza”.

Particolare anche l’aumento della fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+12,0%) e della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+11,7%). Mentre vanno ancora malissimo i settori dell’attività estrattiva (-5,0%), della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-2,4%) e della fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (-0,8%).

Un politico che non vuol correre il rischio di bruciarsi, insomma, starebbe molto attento. Uno che deve solo “comunicare ottimismo” finché non verrà sostituito, invece, può solo “cogliere l’attimo” per farsi bello.

E infatti è volato a New York per intestarsi la prima vittoria di un’italiana nell’Us Open. Stavolta gioca sul sicuro, al contrario di quando “sposorizzò” Prandelli prima del disastro ai mondiali o di quando corse a “sostenere” le ragazze della pallavolo arrivate alle semifinali (dopo averlo visto, poverine, non vinsero più una partita, finendo quarte). Stavolta non corre rischi: le due finaliste sono entrambe italiane.

 La nota Istat completa:

 Le serie storiche: xlsSerieipi_copia_copia_copia_copia_copia.xls94 KB

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