Un’adesione della Romania all’eurozona entro il 2019 non è più “fattibile”. L’ha dovuto dichiarare qualche giorno fa uno sconsolato governatore della Banca centrale di Bucarest, Mugur Isarescu.
“L’obiettivo 2019 per l’adozione dell’euro non è più fattibile (…), tecnicamente non più possibile anche se la si sostenesse ancora politicamente”, ha indicato Isarescu nel corso di una conferenza stampa.
Secondo il capo dell’istituto d’emissione del leu (la divisa romena), per adottare la moneta unica, la Romania dovrebbe essere “nell’anticamera della zona euro”, cioè introdurre il meccanismo di cambio ERM II, al più tardi entro giugno 2016. E, per questo obiettivo, “i preparativi sono complicati”.
“Prima di ogni decisione, prima di fissare una nuova data, noi dobbiamo redigere una roadmap che sia assunta da tutti i partiti politici, compresa l’opposizione”, ha sottolineato il governatore.
La Romania, uno dei paesi più poveri dell’Ue, ha più volte espresso la volontà di unirsi all’eurozona nel 2018-2019. Il primo ministro Victor Ponta aveva dichiarato a dicembre che il paese già rispetterebbe i cinque criteri d’ammissione, tra i quali un deficit inferiore al 3 per cento del Pil e un debito pubblico sotto il 60 per cento del Pil.
Tuttavia aveva sottolineato che, “per quel che concerne i criteri reali, noi non siamo in grado di resistere alla concorrenza nella zona euro”, sottolineando la necessità di rafforzare gli investimenti e migliorare le infrastrutture del paese.
Con un salario medio di 540 euro, i rumeni sono diventati poco attratti dalla possibilità di adottare rapidamente l’euro, dopo aver osservato gli effetti devastanti della moneta unica nei paesi del Mediterraneo e il modo in cui Bruxelles e Francoforte hanno trattato la Grecia.
Sembrano veramente molto lontani i tempi in cui i paesi della cosiddetta ‘nuova Europa’ facevano la fila alle porte di Bruxelles per farsi accettare in un club diventato improvvisamente meno appetibile…
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