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La beffa del bonus Renzi

Giugno è il mese delle dichiarazioni dei redditi e per migliaia di persone quest’anno la consueta visita al commercialista è stata più amara del solito.

Colpa del bonus Irpef introdotto dall’art. 1 del D.L. n. 66/2014, più comunemente noto come bonus “Renzi” degli 80 euro.

I beneficiari del bonus sono coloro che percepiscono un reddito da lavoro dipendente e/o redditi assimilati (es. compensi percepiti da lavoratori soci delle cooperative, remunerazione dei sacerdoti, compensi per lavoratori socialmente utili, ecc).

Sono invece esclusi dal bonus i titolari di altri redditi, a mero titolo di esempio i percettori di reddito di impresa, reddito da lavoro autonomo e i pensionati.

Il bonus Irpef non spetta a coloro i quali hanno un reddito inferiore o uguale a € 8.000: in questo caso si parla di incapienza d’imposta,  infatti le detrazioni da lavoro dipendente verrebbero  ad essere  pari all’Irpef lorda dovuta.

Il bonus viene invece erogato in misura pari a 80 euro mensili, raggiungendo quindi  nell’ anno l’importo di € 960, per i dipendenti con  reddito compreso fra gli 8.000 e i 24.000 euro.

Il bonus diminuisce poi al crescere del reddito nella fascia compresa tra i 24.000 e i 26.000 euro, per poi annullarsi oltre tale soglia.

Il credito, come accennato sopra, chiaramente spetta se l’Irpef lorda è di ammontare superiore alle detrazioni di lavoro spettanti.

Milioni d’italiani, dicevamo, hanno quest’anno subito una batosta, perché costretti a restituire all’erario somme percepite che per legge  erano non dovute.

In un articolo del 1 giugno il Fatto Quotidiano stimava che 341mila persone con un reddito sotto i 7.500 euro abbiano dovuto restituire il bonus: tra questi molti si sono trovati nella situazione paradossale di aver lavorato 12 mesi nel 2015 e ciononostante, non avendo percepito diverse mensilità dalla propria ditta, hanno finito per conseguire un reddito certificato inferiore a € 8000. Da ciò l’obbligo di restituire il bonus “impropriamente” percepito: insomma “cornuti e mazziati”.

Sono stati tantissimi poi i lavoratori a subire un bagno di sangue per il motivo opposto, ossia l’aver superato le soglie reddituali previste.

Il passo falso per loro è stato quello di comunicare a chi elabora le proprie buste paghe, un reddito previsionale errato. L’equivoco verte sulla definizione stessa di reddito: il bonus Renzi non si calcola infatti sulla base del reddito da lavoro dipendente, ma sulla base del reddito complessivo.

Per comprendere quanto detto finora basta fare un semplice esempio:

Partiamo dall’assunto che il bonus spetta integralmente (960 euro annuali) a chi ha un reddito compreso tra gli 8000 e i 24.000 euro.

Per coloro che hanno un reddito che invece oscilla tra i 24.000 e i 26.000 euro il reddito viene conteggiato in base alla seguente formula:

 

€ 24.000<reddito< €26.000               Importo : (€ 26.000-Reddito complessivo) x € 960
                                                                                                                           2000

Ora, ipotizziamo che un impiegato statale percepisca uno stipendio lordo di € 22.300 usufruendo in busta paga del bonus integrale di € 960,00.

Al momento di stilare la dichiarazione dei redditi, l’impiegato però comunica al proprio commercialista di avere locato in corso d’anno un fabbricato in comproprietà con la moglie che gli produce un reddito ulteriore (imponibile) di € 3400,00.

In questo caso il suo reddito complessivo per il 2015 sarà di € 25.700.

Ingenuamente l’impiegato ha superato il limite per usufruire per intero del bonus.

Sfruttando la formula sopra riportata è facile capire che il bonus realmente a lui spettante è di soli € 144,00.

Pertanto sarà tenuto in sede di dichiarazione a dover sborsare la differenza ossia € 816,00 (= € 960-€ 144), cifra che cumulata all’Irpef, all’addizionale comunale e regionale comporterà un bagno di sangue per il contribuente in questione.

Il consiglio per i lettori, in relazione alle mensilità restanti del 2016, è il seguente: se non avete certezze sulle vostre previsioni di reddito, comunicate la rinuncia al bonus in busta paga; infatti nel peggiore dei casi questo potrà esservi rimborsato in sede di dichiarazione dei redditi nel 2017, qualora siano soddisfatti i requisiti reddituali.


Francesco Fustaneo

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