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Legge di stabilità. Il giorno del giudizio

Ultim’ora. La Commissione europea respinge la manovra italiana, cosa mai accaduta finora nell’Unione. L’Esecutivo comunitario non ha ritenuto sufficiente la risposta italiana alla lettera in cui chiedeva dettagli sulla legge di bilancio e ha dato al governo italiano tre settimane di tempo (fino al 13 novembre) per cambiarlo, pena l’avvio di una procedura per deficit (o debito eccessivo) che può portare in ultima analisi fino all’adozione di sanzioni economiche nei confronti dell’Italia per non aver rispettato le regole europee.

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Oggi è giorno di sentenze europee per la manovra varata dal governo grillin-leghista. La bocciatura, stando alle previsioni e soprattutto alle regole scritte nei trattati, è certa. Lo “stile” retorico della sentenza, al massimo, indicherà se ci sono margini di trattativa più o meno ampi.

Quel che non va, secondo Bruxelles, è quasi tutto, a cominciare dal livello dello sforamento del deficit (2,4%, invece dello 0,8 indicato a suo tempo dal governo Gentiloni). Si tratta della famosa “cornice” entro cui poi si ritaglia l’ampiezza dei singoli provvedimenti (dalle pensioni al reddito di cittadinanza, dal condono fiscale al “forfettone” per professionisti e piccole imprese, ecc). E già su questo il facente funzione di premier, il prof. Giuseppe Conte, ha innestato la marcia indietro: “Il 2,4% è il tetto massimo che ci siamo impegnati solennemente a rispettare, anzi nella programmazione triennale abbiamo previsto di andare all’1,8% nel 2021. Siamo anche disponibili a valutare un contenimento nel corso di attuazione della manovra”.

Ma ogni decimale in meno vale circa 1,8 miliardi che non andranno a coprire promesse elettorali o investimenti. Quindi un restringimento più o meno drastico dei margini per la propaganda “per il popolo”.

Tanto più che emergono ora seri problemi di tenuta per il sistema bancario italiano, compromesso dalla quantità considerevole di “crediti deteriorati” e principale detentore di titoli di Stato italiani con il prezzo in caduta causa spread. Nei giorni scorsi, senza grandi clamori, nel governo circolavano ipotesi circa l’allargamento del fondo centrale di garanzie delle banche come piano di compensazione per un eventuale “precipitare” dei titoli in pancia agli istituti italiani. Ma se bisogna mettere più soldi nel salvataggio delle banche, ce ne saranno ancora di meno per le misure acchiappa-voti.

L’entità degli scostamenti possibili dalle cifre previste è tale che già nei giorni scorsi Matteo Salvini si era lasciato sfuggire la frasetta più inquietante del suo colorito repertorio: “potremmo chiedere aiuto agli italiani”. Tutti hanno pensato alla famosa “tassa per l’Europa” e al prelievo forzoso sui conti bancari – opera a suo tempo del governo di Giuliano Amato (il 6 per mille dei depositi) e della presidenza di Carlo Azeglio Ciampi. Un tambureggiare di ipotesi, riprese anche da, da costringere lo stesso Salvini a mettere le mani avanti: «Non ci saranno né patrimoniali né prelievi dai conti correnti degli italiani». Ma si sa che se girano voci è perché c’è qualcosa che bolle in pentola

La Commissione Europea, stamattina, non potrà che chiedere formalmente una drastica revisione della “legge di stabilità” italiana e il governo Salvini-Di Maio non avrà altra scelta che mettersi di nuovo all’opera per “tranquillizzare i mercati” ed evitare che gran parte dei miliardi movimentati finiscano per ripagare quasi soltanto gli interessi sul debito pubblico.

Ci sono tre settimane per farlo. L’alternativa – non toccare la manovra – richiederebbe una volontà di rottura che nessuno, in questo esecutivo di “durissimi” con con quelli molto deboli, ha fin qui mostrato di volere sul serio.

In fondo, tra sei mesi, c’è la possibilità di condizionare da destra tutta l’Unione Europea, trovando un diverso compromesso con il vecchio establishment. Perché rovinarsi la vita ora?

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