La manovra di stabilità che oggi dovrebbe concludere il suo iter col voto di fiducia in Senato, si sta rivelando la cartina di tornasole di quella che più volte, dalle pagine di questo giornale, abbiamo definito come contrapposizione ingannevole tra liberisti europeisti e liberisti nazionalisti.
Se si accetta di giocare nel campo dei vincoli europei e della disciplina di bilancio la resa incondizionata è l’epilogo naturale perchè il dispositivo dell’UE è programmato per quello e non ammette deroghe.
La storia della manovra di stabilità parla, appunto, di una resa tanto incondizionata quanto annunciata e ogni tassello che nel corso di questi lunghi mesi si è aggiunto a questa vicenda ha approfondito e fatto emergere la sudditanza anche di questo governo ai voleri della governance europeista.
Lo dimostra non solo il dietrofront sul reddito di cittadinanza e sulla sedicente quota 100, ma le novità emerse dalla riscrittura (da parte di Bruxelles) della manovra, tra le quali spicca la questione relativa alla “sterilizzazione delle clausole di salvaguardia dell’IVA”.
L’ennesima genuflessione da parte del governo del cambiamento ai diktat dell’Unione Europea e forse, in prospettiva, la più pericolosa.
Il meccanismo delle clausole di salvaguardia, che rientra a pieno titolo nell’ambito dei vincoli imposti dall’UE ed ormai si tramanda di governo in governo dal lontano 2011, è chiaro nella sua ferocia: o si reperiscono le risorse individuate dall’UE a garanzia della tenuta dei conti pubblici oppure si verifica un innalzamento delle aliquote Iva.
Ma a quanto ammonterebbe l’aumento dell’IVA o, in alternativa, le risorse necessarie per scongiurarlo? O meglio, considerato che quelle risorse verrebbero sottratte alla spesa sociale, quanto ci costerebbe rassicurare Bruxelles sulla tenuta dei conti?
Questo giro l’UE ci è andata giù in maniera particolarmente pesante, pretendendo ed ottenendo un inasprimento di quel meccanismo diabolico, affinchè chiunque intendesse che dissentire non è ammesso. Nemmeno a parole..
E così viene confermata la sterilizzazione integrale per quasi 12,5 miliardi degli aumenti Iva per il 2019, mentre per scongiurare l’aumento della aliquota Iva agevolata (cioè quella sui beni di prima necessità) dal 10% al 13% e di quella ordinaria dal 22% al 26,5%, le clausole, per le annualità 2020 e 2021, vengono innalzate rispettivamente a 23 e 29 miliardi.
Cioè, permanendo nel dispositivo europeista, il governo (qualunque esso sia) nella prossima legge di stabilità dovrà varare, per scongiurare gli aumenti dell’IVA, una manovra che già in partenza ha davanti a sè un gigantesco segno meno che ne determinerà, a priori, la sua natura profondamente anti sociale.
Insomma, l’Unione europea non è intervenuta soltanto rivedendo pesantemente i saldi per le due misure simbolo (reddito di cittadinanza e quota 100) di fatto annullandone la dimensione sociale, ma ha preteso ed ottenuto l’ipoteca sul futuro attraverso il ricatto dell’aumento dell’IVA.
Un ricatto particolarmente odioso perché prospetta una alternativa egualmente disastrosa dal punto di vista sociale: o aumentare, ben oltre la media europea, l’Iva, cioè l’imposta in assoluto più regressiva perché incide pesantemente sui redditi più bassi e minimamente su quelli più alti e proprio per questo presenta problemi di compatibilità con la nostra Costituzione che invece si ispira al principio di progressività dell’imposta, oppure reperire ingenti risorse per sterilizzarne gli aumenti.
Nel primo caso, dai calcoli del Codacons l’aggravio annuo per le famiglie ammonterebbe a circa 1.200 euro annui ai quali sarebbero da aggiungere gli effetti indiretti che scatenerebbero rincari in tutti i settori.
Nel secondo caso la sterilizzazione degli aumenti di fatto azzererebbe qualsiasi margine di manovra per la prossima legge di stabilità.
Quando ci raccontano di aver scongiurato la procedura di infrazione mantenendo saldo l’impianto della manovra, quindi, dicono una doppia bugia.
Non solo perché la resa sulle due misure cardine (pensioni e reddito di cittadinanza) è tangibile, ma anche perché gli strumenti che la UE ha a disposizione per disciplinare chi osa ribellarsi ai diktat, anche solo a parole, sono tanti: la procedura di infrazione è certamente quello che nell’immaginario collettivo fa più scalpore, ma anche le clausole di salvaguardia assolvono a questo fine.
Dentro il dispositivo dell’UE quando si comincia a cedere si sa dove si comincia ma mai dove si finisce.
Il problema non è la caduta ma l’atterraggio….
*Piattaforma Eurostop
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marco ricci del mastro
Considerazioni ineccepibili, chiare ed evidenti. Ottimo articolo Giannelli!