Ieri sono usciti gli indici manifatturieri Pmi nell’eurozona. In Germania si è passati da 47.5 a 44.1, in Italia da 47.7 a 47.1, in Francia da 51.5 a 49.8. Ricordiamo che sotto 50 punti si apre uno scenario di recessione manifatturiera e, quindi, è eclatante il dato tedesco.
Sempre ieri è uscito il dato dell’inflazione nell’Eurozona, passato da 1.5 a 1.4%, ma con l’inflazione core scesa da 1% allo 0.8%. Ricordiamo inoltre che il target inflazionistico della Bce è il 2%, mai arrivato in questi 8 anni di gestione Draghi.
Ieri è stato presentato anche il Rapporto Bce del 2018. Il bilancio è arrivato al record di 4.700 miliardi ma il vice presidente De Guindos tiene a precisare che la politica monetaria “non è onnipotente”, quasi a mettere le mani avanti, invitando i paesi con surplus fiscali ad attuare politiche fiscali espansive, cosa che la Germania si guarda bene dall’attuare, presa dal caos delle sue banche su cui dovrà intervenire con massicce dosi di capitale pubblico.
Nelle scorse settimane Draghi si era dimostrato più ottimista sull’inflazione perché, secondo lui, la dinamica salariale nell’Eurozona era “favorevole”. Si riferiva agli aumenti dati ai dipendenti pubblici tedeschi, pari all’8%. Si dimenticava di aggiungere che l’aumento è… su tre anni.
De Guindos giustifica il rallentamento della crescita con il protezionismo, la debolezza dei mercati emergenti e il rallentamento del mercato mondiale. Fattori esterni su cui si è basata la poca crescita dell’Eurozona negli ultimi dieci anni.
Ieri comunque le borse europee festeggiavano i dati Pmi per due motivi: si avvicina nuovamente il quantitative easing – droga per i mercati finanziari, che dirotteranno i capitali verso l’acquisto di T-bond americani che attualmente rendono il 3%.
Ma il vero motivo era dato dal fatto che domenica la Cina ha pubblicato il dato Pmi manifatturiero, passato da 49.7 a 51.2, il più grande balzo degli ultimi sette anni. La politica fiscale espansiva adottata il 24 dicembre – con tagli alle tasse dei lavoratori, forti detrazioni fiscali e taglio delle riserve obbligatorie alle banche deciso a gennaio – sta dando i suoi frutti. La Cina, come nella crisi del 2008, trascina nuovamente il mercato mondiale.
Un altro dato da tenere in mente è che dal 1° aprile, in Cina, l’Iva sui produttori è stata tagliata dal 16 al 13%. Oggi l’agenzia ufficiale Xinhua riferisce che Mercedes, Gucci, Louis Vuitton, Apple, ecc. hanno annunciato, a seguito del taglio Iva, forti riduzioni di prezzi dei loro prodotti, addirittura Apple ha fatto un taglio di ben 44 dollari (espresso in yuan).
A fregarsi le mani per l’impatto della politica fiscale espansiva è Trump, prossimo a firmare un mega deal commerciale proprio con la Cina.
IlSole24Ore riferisce oggi di importazioni cinesi di beni industriali e agricoli americani pari a 1.200 miliardi di dollari, oltre all’apertura – annunciata al recente Boao Forum da parte del premier Li Kequiang – del mercato finanziario, soprattutto bancario, assicurativo e credito al consumo.
Trema dunque la Germania e tutta l’Eurozona davanti al possibile accordo Usa-Cina, che potrebbe rimpiazzare i beni europei.
Vi siete chiesti il perché dell’inusuale incontro Macron Merkel con Xi Jinping la settimana scorsa a Parigi? La Merkel voleva garanzie che i cinesi continuino ad acquistare made in Germany. Altro che memorandum Italia Cina!
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