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Coronavirus. Le sanzioni uccidono, anche l’economia italiana

La pandemia del Covid-19 ha ormai superato i confini di qualunque stato: l’Italia è al momento uno dei paesi maggiormente colpiti da quest’emergenza, avendo il più alto numero dell’intero pianeta di persone decedute in relazione alla pandemia. 

Tuttavia, in numerosi paesi già provati dalla guerra economica così come dalla guerra propriamente detta, la pandemia rischia di assumere proporzioni addirittura peggiori. L’emergenza sanitaria rischia di produrre conseguenze particolarmente gravi soprattutto nei paesi sottoposti a misure unilaterali di sanzionamento economico, misure che, indirettamente, si ripercuotono in modo negativo anche sulla complicata situazione economica del nostro paese.

Parafrasando Carl Von Clausewitz si potrebbero definire l’embargo – così come qualunque misura di sanzionamento economico – come nient’altro che la continuazione della guerra con altri mezzi.

Per offrire un esempio dell’impatto devastante – e non di rado genocida – che le sanzioni possono avere sulla vita di un popolo, si può ricordare che in relazione alle sanzioni imposte dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro l’Iraq – di cui allora era alla guida Saddam Hussein – solo dal 1991 al 1995 sarebbero morti oltre mezzo milione di bambini iracheni.

La pandemia Covid-19, con cui l’intero mondo sta facendo i conti, in mancanza di provvedimenti adeguati e tempestivi rischia di iperbolizzare i già devastanti effetti delle sanzioni dirette contro un cospicuo numero di paesi, e sulla tenuta del loro – talvolta già precario – sistema sanitario.

Come ha osservato alcuni giorni fa l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Michelle Bachelet “è fondamentale impedire il collasso del sistema sanitario di ogni paese considerando l’impatto esplosivo che questo avrebbe provocando sofferenza, morte e ulteriore diffondersi del contagio […] In questo momento cruciale, sia per ragioni di salute pubblica, sia per sostenere i diritti e le vite di milioni di persone in questi paesi, [Siria, Venezuela, Corea del Nord, Zimbawue, Iran, NdA] le sanzioni settori dovrebbero essere alleggerite o sospese. Nel contesto di una pandemia globale, ostacolare gli sforzi sanitari in un paese eleva i rischi per tutti noi.

Secondo i ricercatori statunitensi Mark Weisbrot e Jeffrey Sachs, nel periodo 2017-2018 le sanzioni imposte al Venezuela  da Washington – ma sostenute tutt’oggi anche dall’Unione Europea – avrebbero ucciso circa quarantamila persone. A questo dato, già molto grave, si sommano le serie difficoltà che Caracas si trova ad affrontare in relazione al sanzionamento unilaterale di Stati Uniti ed Unione Europea, quali interruzioni dei flussi di acqua potabile, dell’energia elettrica, della distribuzione di prodotti alimentari e farmaci.

L’Iran è oggi uno dei paesi al mondo maggiormente colpiti dalla pandemia del Covid-19. Al momento in Iran il bilancio ufficiale della pandemia parla di circa trentamila contagiati ed oltre duemila morti: un bilancio che potrebbe sottostimare una situazione ben più grave.

L’Iran avrebbe perso circa 200 miliardi di dollari in relazione alle sanzioni imposte dall’amministrazione Trump. Benché sia Barack Obama che persino George W. Bush furono in grado di alleggerire le sanzioni contro l’Iran in momenti critici per il paese – come quelli che seguirono i due terremoti del 2003 e del 2012 – oggi grazie alle sanzioni che gli Stati Uniti sostengono, all’iran viene praticamente preclusa la possibilità di effettuare qualsiasi transazione bancaria e finanziaria con l’estero.

Uno dei principali gruppi ad animare e sostenere le sanzioni contro l’Iran è la piattaforma “UANI” (acronimo di United Against Nuclear Iran): alle attività di questa piattaforma – animata da “ex” diplomatici e funzionari statunitensi – si devono in gran parte le serie difficoltà che l’Iran sta affrontando nell’ottenere forniture mediche e farmaceutiche dall’estero.

Nei registri pubblici di UANI compaiono infatti aziende come Bayer, Merck, Pfizer, Genzyme, AirSep, Medrad, Becton, Dickinson&Company, Eli Lilly, e Abbott Laboratories, aziende che UANI si propone dal dissuadere dall’avere relazioni commerciali con l’Iran.

Secondo resoconti di varie agenzie non governative, la Corea del Nord soffre una mancanza seria di molte forniture mediche di base, guanti monouso e mascherine comprese: Pyongyang sta subendo i danni della pandemia Covid-19 non meno di quanto la stia subendo Seul. La Corea del Nord subisce infatti ampissime limitazioni alla propria capacità di importare ed esportare materiali fondamentali, come ad esempio i metalli: una preclusione che compromette in larga misura le capacità di sviluppo di Pyongyang.

Come ha sottolineato l’Organizzazione Mondiale per la Sanità in relazione alla pandemia la situazione dell’Africa è “molto preoccupante. C’è un’evoluzione drammatica, con un aumento geografico del numero dei paesi e anche del numero dei contagiati”. Così come ricordato dalle Nazioni Unite, alcune delle sanzioni sostenute dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea riguardano anche lo Zimbabwe, uno dei paesi con il più basso indice di sviluppo umano al mondo: oltre l’ottanta percento della popolazione vive in condizioni di povertà estrema.

Anche la disoccupazione è intorno all’ottanta percento. Malgrado una situazione già disastrosa, ed oggi aggravata dalla pandemia del Covid-19, lo Zimbabwe si trova sotto sanzioni dal 2001: come se non bastasse, le sanzioni sono state ulteriormente implementate poche settimane fa su decisione del presidente statunitense Donald Trump.

La Siria, altro paese sanzionato sia dagli Stati Uniti che dall’Unione Europea, si trova ancora costretta a fare i conti con una guerra che va avanti da nove anni, costata almeno duecentomila morti: l’Italia continua a non avere relazioni diplomatiche ufficiali con Damasco – interrotte nell’ormai lontano 2012 – e peggio ancora a sostenere l’impianto delle sanzioni economiche rivolte contro un paese che prima della sua destabilizzazione rappresentava un’economia molto importante.

Ai paesi menzionati dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, si deve aggiungere, soprattutto per quello che riguarda l’economia italiana, l’impianto sanzionatorio diretto dall’Unione Europea contro la Federazione Russa. L’Italia, insieme ad altri paesi dell’Europa meridionale, ha subito dei danni economici probabilmente più rilevanti di quelli che non abbia subito il soggetto verso il quale le sanzioni sarebbero dirette.

Con le sanzioni antirusse – e le controsanzioni mosse dal Cremlino verso l’area Schengen –  l’economia italiana avrebbe perso infatti almeno quattro miliardi di euro all’anno. A questa stima si devono sommare i danni indiretti prodotti dall’indebolimento delle relazioni diplomatiche, l’impossibilità di  intrattenere rapporti produttivi e commerciali nel settore della difesa, serie difficoltà per le piccole e medie aziende italiane arrivate in alcuni casi anche al fallimento.

Oltre al dato economico, vale la pena riflettere anche sul fatto che, malgrado gli obiettivi a cui ufficialmente ambivano, le sanzioni non siano riuscite ad alterare di una virgola la politica del Cremlino.

Per far sospendere le sanzioni sostenute da Bruxelles, rinnovando la propria iniziativa strategica, l’Italia potrebbe contare sul favore di varie cancellerie europee, a loro volta insofferenti rispetto a certi vincoli economici. 

Ma, nel caso in cui Bruxelles si dimostrasse ancora una volta poco sensibile a certe problematiche – L’Italia avrebbe la possibilità di utilizzare il proprio diritto di veto in sede di Consiglio dell’Unione Europea – presieduto dall’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri – bloccando di fatto il rinnovo delle sanzioni.

Gli effetti di un superamento di tutte le sanzioni che vincolano l’economia italiana avrebbe, soprattutto in momento emergenziale come questo che stiamo vivendo, effetti positivi sia per l’Italia sia per i popoli che pagano sulla propria pelle il conto dalle sanzioni. In un momento di incertezza e di fragilità economica come questo, con la sospensione delle sanzioni l’Italia avrebbe l’opportunità di incrementare sia la propria sicurezza energetica che quella alimentare, gettando le basi per affrontare le serie difficoltà economiche che si prospettano per il paese. Farsi interprete della sospensione delle sanzioni darebbe all’Italia una ritrovata centralità internazionale nonché una maggiore influenza diplomatica, utile nella mediazione e nella risoluzione dei conflitti che interessano i paesi attualmente sanzionati.

Mancare di farlo, significa depotenziare le capacità di rilancio economico del paese, ed aggravare una situazione già molto seria.

Nella prospettiva di un nuovo Risorgimento per il paese, l’Italia non può assolutamente permettere di subire ingerenze, preclusioni o veti calati dall’alto: tanto più quando questi abbiano dei risvolti assai negativi sotto il profilo dell’interesse nazionale, così come sotto quello dei bisogni e della dignità dei popoli.

Si tratta dunque di riscoprire la centralità internazionale del paese, a cominciare da quella geografica, in una prospettiva mediterranea e al contempo continentale. Di prendere in mano il destino del paese, tracciandone una rotta orientata da e verso i suoi reali bisogni.

E di emanciparci, ancora una volta, da quella “sindrome d’inferiorità” descritta da Enrico Mattei, così da poter gettare le fondamenta di un paese nuovo.

* da Affari Italiani

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