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Un Paese che vive al di sotto delle sue possibilità. Il nostro

Sembra sempre sul punto di crollare, ma da decenni ha una capacità di resistenza fuori dal comune.

Martoriata dalla deflazione salariale, da un avanzo primario record, dal Fiscal Compact, l’Italia, con un surplus delle partite correnti mostruoso, vive al di sotto delle sue possibilità ma è sempre capace di risalire, piano ma risale. La stessa pandemia non la distrugge.

L’ Istat ieri ha comunicato che in estate sono risaliti i dati riguardanti gli ordinativi alle fabbriche, le esportazioni, le costruzioni e la fiducia delle imprese, nonostante siano mancate 65 milioni di presenze di turisti stranieri.

Un altro dato importante sono le vendite al dettaglio di agosto, cresciute mese su mese dell’11.2% e dello 0.8% su anno. Nel periodo giugno-agosto sono cresciute rispetto al trimestre precedente (quello del lockdown) del 22% e i beni non alimentari addirittura del 52%. Ripetiamo, malgrado l’assenza di turisti stranieri.

Gli italiani, che hanno da decenni bassi salari imposti dal modello mercantilista e soffrono una disoccupazione e una precarietà diffuse, sembrano aver fatto loro il motto maoista “contare sulle proprie forze”. Ma per uscire da decenni di guado occorrerebbe un movimento operaio che rivendichi più alti salari e costringa lo Stato ad assumere gli 800 mila lavoratori che mancano nella Pubblica Amministrazione.

Ieri Federmeccanica ha rotto le trattative sindacali, non vuole dare aumenti. Con la nostra pluridecennale ignavia e la complicità dei confederali sono stati abituati troppo bene. Vogliono sempre di più, e basta.

Ma la pandemia lo dimostra, un modello è finito.

Andare dietro Confindustria sarà sempre più letale.

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