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La Cina decide per la crescita del prossimo decennio

E’ iniziata stanotte in Cina l’Assemblea del Popolo, che deciderà sulla politica economica per i prossimi 15 anni, assieme alla discussione del Piano Quinquennale.

Questa notte ha intanto tenuto il discorso introduttivo Li Keqiang, che ha evidenziato i punti programmatici. Lotta al Covid, taglio delle tasse, lotta ai monopoli fintech, ma soprattutto un punto programmatico che potrebbe avere effetti dirompenti sul mercato mondiale: vale a dire la costruzione di un sistema universale sanitario assieme al rilancio della medicina tradizionale cinese.

Dunque, dopo reflazione salariale (aumenti costanti e importanti nel tempo), costruzione di decine di milioni di alloggi popolari, riforma dell’hukou (il sistema  di registrazione del nucleo familiare in uso dagli anni cinquanta, che distingue tra abitanti delle città e della campagna, limitando le possibilità di trasferimento), ora è la volta – prendendo come esempio il modello italiano della Riforma Anselmi – della sanità universale, finora costosa.

Con ciò la Cina gioca sul tasso di “risparmio precauzionale”, appunto i risparmi per la sanità, per favorire la doppia circolazione e il decollo del mercato interno mediante servizi e consumi.

Salario sociale, insomma, che permette al proletariato di godere finalmente una quota rilevante della ricchezza da esso prodotta, nel mentre nei paesi occidentali questo sistema  viene definitivamente  smantellato. 

Gli Usa negano la reflazione salariale (respinta la proposta di aumentare il salario minimo fissato per legge), ma in compenso spenderanno soldi per aumentare la catena del valore del proprio apparato industriale e per infrastrutture (“condizioni generali della produzione”, secondo Marx).

Si tratta di una politica economica che la Cina ha già fatto precedentemente, mentre ora si focalizza sul salario sociale come meccanismo di accumulazione, proprio come disse a novembre l’ex Segretario al Tesoro statunitense, Lawrence Summers.

L’Europa non fa né l’uno nè l’altro, anzi smantella il welfare  e, quanto alle condizioni generali della produzione, non fa ancora assolutamente nulla /il recovery Fund sarebbe comunque una briciola rispetto alle esigenze…).

Rimane quindi una sfida Usa-Cina, dove verranno utilizzate le armi di una politica fiscale fortemente espansiva. 

Gli Stati Uniti per infrastrutturare l’apparato industriale, visto che è molto indietro  rispetto alla Cina; la seconda giocando la carta del salario sociale.

In ultimo, tra i punti vi è il pareggio delle partite correnti cinesi. Ciò significa che le importazioni aumenteranno considerevolmente, trascinando il mercato mondiale. O perlomeno chi sarà in grado di rispondere positivamente a questa sollecitazione.

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