Menu

La Guerra Fredda dei MicroChip

Lotta di potere a Wolfsburg tra Herbert Diess, CEO di Volkswagen, e Daniela Cavallo, Capo del Consiglio di fabbrica di Volkswagen, una delle persone più potenti dell’enorme impero VW (taz.de).

Herbert Diess era pronto per partire per New York, dove aveva in programma un incontro con alcuni investitori e politici (Reuters).

Dopo l’annuncio di 30.000 esuberi, Diess è finito nel mirino dei lavoratori. Cavallo lo tiene sotto tiro. Lo accusa di scarso interesse per i lavoratori.

Nonostante gli Stati Uniti siano il maggiore mercato del Gruppo VW, Diess ha ceduto e ha rinviato la partenza. Voi siete più importanti degli investitori, ha detto sull’intranet aziendale (sueddeutsche.de).

La tregua non è stata un atto di generosità. In Germania vige il principio della codeterminazione. Attraverso il Consiglio, i lavoratori intervengono nelle scelte strategiche della società, possono anche esercitare il diritto di veto in materia di delocalizzazione, chiusure di impianti, fusioni e acquisizioni aziendali.

Come tutti gli altri produttori mondiali di automobili, anche VW soffre la carenza di materie prime e componentistica, in primis di microchip. Ma nel caso di VW ci sono anche gravi errori di programmazione, i quali hanno portato a blocchi continui della produzione.

In più, a Wolfsburg sentono l’alito sul collo di Tesla, che produrrebbe le sue auto in 15 ore, mentre alla VW impiegherebbero almeno il doppio del tempo (sueddeutsche.de). In questo scenario, l’annuncio dei 30.000 esuberi ha l’aria di un ricatto.

Il 23 gennaio, registrate le difficoltà dell’industria automobilistica tedesca, Peter Altmaier, ministro dell’economia, lanciò un appello a Taiwan per aumentare la produzione di microchip (Bloomberg).

Sull’isola asiatica si trova TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company Limited), il più grande produttore di microchip al mondo, con 13 milioni di wafer a 300nm prodotti nel 2020. L’italo-francese STMicroelectronics si piazza al 14esimo posto.

Nel frattempo il clima si è surriscaldato. Taiwan è diventata il centro di un conflitto, per adesso soltanto freddo, tra le due superpotenze mondiali. Sullo scacchiere si stanno muovendo molte pedine, non ultima l’arma dei prezzi delle materie prime.

Non ci sono ragioni, dal punto di vista della domanda e dell’offerta, che giustifichino l’aumento dei prezzi di alcune materie prime – gas, petrolio, grano, eccetera.

Il 27 ottobre Altmaier è tornato alla carica. Ha dichiarato che le industrie tedesche non possono accettare di subire la carenza di semiconduttori e che, se sarà necessario, il governo interverrà direttamente finanziando, per diversi miliardi, la costruzione di fonderie di chip in Germania.

Non siamo all’autarchia, e non siamo nemmeno a quel punto di non ritorno che, in Italia, è rappresentato plasticamente dal discorso che Pirelli fece all’Assemblea delle società «Anonime» il 20 Aprile 1938, nel quale espresse, a nome di tutti gli imprenditori italiani, l’imperativo categorico della «redistribuzione delle risorse mondiali» come conditio sine qua non per il mantenimento della pace – poi l’Italia dichiarò guerra agli Stati Uniti (agli Stati Uniti!).

Le aspettative di un peggioramento della situazione, di una carenza di materie prime, e di un conseguente aumento dei prezzi, sono fotografate dall’accoglienza di Wall Strett alla comunicazione di General Motors, mercoledì 27 ottobre, dei dati economici sul terzo trimestre.

Nonostante un utile superiore alle previsioni, le azioni GM sono crollate del 4%. Gli investitori (scommettitori) si Aspettano un quarto trimestre in calo (Reuters).

Ma qui casca l’asino. La teoria delle Aspettative, promossa dai Chicago boys, e che decostruiva il tradeoff tra disoccupazione e inflazione, a parere di Emi Nakamura (e Paul Krugman), non è confortata dai dati.

Non spiega cosa sia successo negli anni Settanta, non spiega cosa sia successo in seguito, e, soprattutto, non spiega ciò che sta succedendo oggi ai prezzi. In tutti questi casi, dice Krugman, si tratta di uno shock dell’offerta che riguarda i prezzi del petrolio e di altre materie prime.

Prendiamo atto. Si tratta di uno shock energetico, di un elettroshock. Ma non c’è niente di spontaneo, niente di casuale. Si intravvede la solita manina maldestra.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *