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Troppo avidi e troppi poveri

Sul Corriere della Sera, ieri, in prima pagina, c’è un’editoriale di Carlo Verdelli: Lavoro e povertà, il disagio che troppi non vedono.

Verdelli riporta le parole durissime dell’altro giorno del Presidente Mattarella sul tema del lavoro che, dice Verdelli, non hanno avuto eco sindacale, politico o confindustriale, come se dovesse essere nascosto da tutti.

Verdelli riporta il dato per cui la maggior parte dei nuovi lavori è a tempo determinato, sottolineando, secondo le parole di Mattarella, che precarietà e frammentarietà aumentano le disuguaglianze.

Inoltre riporta il dato che l’Italia negli ultimi 30 anni è stato l’unico paese europeo i cui salari sono diminuiti del 2,9%, con un ulteriore discesa nel 2020 del 6% dovuta alla pandemia.

Cita il Commissario europeo al lavoro, Nicolas Schmitt, secondo il quale i salari annui italiani sono “molto bassi”. Ancora, riporta il discorso di Mattarella: “è un dovere inderogabile delle istituzioni, a ogni livello, combattere la marginalità dovuta al non lavoro, al lavoro mal retribuito, al lavoro nero, alle forme illegali di reclutamento che sfociano in sfruttamento, quando non in schiavitù inammissibili“.

Infine Verdelli ricorda uno degli effetti più criminali di tutto questo: i tre morti sul lavoro ogni giorno.

Di emergenza povertà parlava ieri, su Repubblica, anche Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa SanPaolo, 1350 miliardi di masse gestite, secondo il quale la prima sfida da affrontare, il problema numero 1, è la povertà.

Ieri ho scritto dell’immane ricchezza e liquidità derivante dalla posizione finanziaria netta estera positiva per 90 miliardi. Una ragazza così ha commentato: “ci tengono a stecchetto.”

Già, è proprio questo il problema. Ma ormai il panorama di lavoro schiavistico, di lavoro nero, di bassissimi salari, cozza – oltre che con la “sensibilità” generale – con gli interessi economici di una parte della borghesia italiana, che vorrebbe una modernizzazione socioeconomica all’altezza dei numeri del Paese.

Mattarella ha un’enorme responsabilità per ciò che è accaduto negli ultimi 7 anni; ossia l’aver lasciato correre “gli spiriti animali” del capitalismo nostrano oltre il dovuto, fino a forme di schiavitù. E questo è ora il bilancio della classe dirigente che lui stesso rappresenta. Non è inutile ricordare che a questo processo regressivo non hanno posto alcun freno neanche i sindacati “complici”.

Siamo immersi nella liquidità, c’è fin troppa ricchezza concentrata in troppe poche mani. Prendere coscienza di tutto ciò, rifiutare lo stato di cose presenti – quando oltretutto editoriali mainstream sono costretti a rilevare l’assurdità e le disfunzioni di questa situazione – è la prima cosa da fare.

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