L’inflazione nell’Eurozona ha battuto un altro record e a gennaio è balzata al 5,1% su base annua e allo 0,3% su base mensile. Il dato è stato stimato in via preliminare da Eurostat e pubblicato ieri, risulta superiore anche alle previsioni degli economisti, che si aspettavano un calo del carovita dal 5% registrato a dicembre 2021 al 4,4%. Eppure già a dicembre questa “fiammata dell’inflazione” era ben prevedibile.
A trascinare ancora una volta il dato annuo del’inflazione è stata la crescita dei prezzi dell’energia (28,6% rispetto al 25,9% di dicembre). In misura minore hanno contribuito anche altre categorie. L’inflazione su cibo, alcool e tabacchi è salita al 3,6% (3,2% a dicembre), quella dei servizi è rimasta stabile al 2,4%, mentre quella dei beni industriali non energetici è scesa al 2,3% (2,9% a dicembre).
La pubblicazione dei dati Eurostat è avvenuto alla vigilia del Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea, nella quale si rilevano fratture al suo interno. Eh sì! perché nello statuto della Bce e nella scelta di dare vita all’Eurozona, la priorità che viene indicata è sempre quella di contenere l’inflazione. Il Trattato di Maastricht e l’Unione Europea sono nati proprio sulla base di questa ossessione imposta come diktat dalla Germania. Ma questo castello oggi sta traballando vertiginosamente.
Andando a vedere la situazione specifica dell’Italia, L’Istat fa sapere che l’aumento a gennaio su base mensile è dell’1,6%, che sale al 4,8% su base annua, rispetto al 3,9% del dicembre 2021.
Nel mese di gennaio 2022 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dell’inflazione dell’1,6% su base mensile e del 4,8% su base annua (da +3,9% del mese precedente). In questi caso le stime sono dell’Istat, il quale ha spiegato che il +4,8% dell’inflazione a gennaio non si registrava da aprile 1996, quando il Nic registrò la medesima variazione tendenziale. I beni energetici regolamentati trainano questa fiammata con una crescita su base annua mai registrata, ma tensioni inflazionistiche crescenti si manifestano anche in altri comparti merceologici.
A questo punto però occorre mettere in campo un fattore decisivo della contraddizione. Infatti, sempre secondo l’Istat, mentre l’inflazione corre verso il 5%, i salari di lavoratrici e lavoratori nel 2021 sono cresciuti solo dello 0,6% perché sono stati valutati – arbitrariamente dagli accordi di concertazione del 1993 – con una inflazione più bassa cioè all’1,9%, mentre come abbiamo visto l’inflazione a gennaio è molto più alto.
Lo stesso Istat è costretto ad ammettere che c’è stata una perdita di potere d’acquisto dei salari. Ma su questo versante governo, Confindustria e CgilCislUil fanno orecchie da mercante. De resto questa contraddizione è la diretta eredità dei loro accordi siglati nel 1993 e mai rivisti nella fallacità dei meccanismi su cui sono stati adottati.
Tornando all’inflazione a livello di Eurozona, secondo l’Eurostat si rileva una grande disparità tra gli Stati membri. Da una parte, è stata confermata la flessione dell’inflazione armonizzata tedesca dal 5,7% al 5,1% e della Francia dal 3,4% al 3,3%. Preoccupa invece l’Italia, dove in un solo mese balzata in un solo mese dal 4,2% al 5,3%.
L’incertezza sulle scelte di politica monetaria che verranno adottate dalla Bce è più elevata che mai. Lo spread Btp/Bund balza nuovamente ieri di 7,5 punti a 138,3 e questa mattina ha già raggiunto i 140 punti base. Altra dinamica sul mercato da monitorare è l’andamento dell’euro. Il cambio con il dollaro è di nuovo in rialzo a 1,131 dopo il crollo di settimana scorsa. La Banca Federale Usa (FED) già si sta muovendo nella direzione della fine dell’emissione di liquidità a costo zero come avvenuto negli anni passati. Adesso occorrerà vedere se la Bce la seguirà nella stessa direzione.
Per Milano Finanza nei giorni scorsi gli “esperti dei mercati” si erano mantenuti cauti sulla posizione che la Bce adotterà oggi e nei prossimi mesi. “Non prevediamo annunci significativi alla riunione di politica monetaria della Bce il 3 febbraio 2022, visti i rischi per la crescita in un contesto di elevate tensioni geopolitiche e di inflazione ancora considerata transitoria nell’Eurozona. Con la crisi sanitaria e le strozzature della catena di approvvigionamento ancora in corso, i rischi per le prospettive di crescita dell’area euro sono sbilanciati verso il basso”, ha dichiarato Franck Dixmier, chief investment officer globale per il reddito fisso di Allianz Global Investors.
“La Bce dovrebbe ribadire la sua volontà di essere, come la Fed, pragmatica e agile e pronta a intervenire qualora l’inflazione rimanesse troppo elevata rispetto al suo target del 2%”. La posizione relativamente “da falco” della banca centrale americana però “non dovrebbe influenzare il processo decisionale della Bce in questa fase”, ha aggiunto Dixmier. “Gli Stati Uniti e l’Eurozona non sono più nello stesso ciclo, soprattutto in termini di inflazione”.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa