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Le imprese italiane non se ne vanno dalla Russia, nonostante le sanzioni

Sette imprese italiane su dieci non lasciano la Russia nonostante le sanzioni. Delle circa 480 imprese italiane che svolgono attività in Russia, il 69% (contro il 42% delle corrispettive del resto del mondo) non ha abbandonato il Paese continuando a esercitare la propria attività (36% contro il 21% mondo), prendendo tempo, rinviando investimenti, ma seguitando a fare affari (20% contro 12%), oppure ridimensionando i collocamenti e riducendo al minimo le operazioni commerciali (13% contro 9%).

A riferirlo è l’agenzia economica Teleborsa citando i dati di uno studio internazionale, che ha monitorato le risposte di oltre 1.000 aziende e li ha rielaborati – relativamente alla situazione delle Imprese italiane- sulla base dei dati forniti dalla Livolsi & Partners, rappresentante esclusivo in Italia della Zona economica speciale (ZES) di Stupino, vicino a Mosca, e in Cina dell’Associazione degli industriali della regione di Zhejiang e del Parco Industriale sino-italiano di Deqing.

In Russia sono in attività circa 480 imprese italiane, per un export di circa 8 miliardi di euro. L’Italia è il settimo Paese fornitore della Russia per una quota di mercato del 4,1%, mentre quella russa è la quattordicesima piazza di destinazione del nostro export, pari all’1,5% del valore nazionale. Quasi 30 aziende, equivalenti al 6% del totale, sono presenti con impianti produttivi stabili: Todini Costruzioni, Barilla, Pirelli, Marcegaglia, Leonardo, Tecnimont, Coeclerici, Costa Crociere, Brembo, Enel, Eni, Danieli, Parmalat, Mapei, Menarini, Salini, Perfetti, Angelini, Alfasigma, Chiesi, Kedrion, Italfarmaco, Recordati, Zambon, Dompé.

Tra le medie e piccole, sono censite nel settore produttivo, circa 150 imprese (31% del totale), sul posto con cooperazioni produttive o attraverso joint venture, in quello commerciale circa 300 imprese con uffici di rappresentanza, corrispondenti al 62% delle imprese complessive.

Nonostante le sanzioni economiche messe in atto dalle potenze occidentali (USA, UE e Gran Bretagna) e le controsanzioni della Russia, le imprese italiane (escludendo quelle operanti nel settore energetico e dei servizi come Eni o Assicurazioni Generali) che hanno deciso di rimanere in Russia, secondo TeleBorsa, evidenziano quattro tipologie di permanenza e una di chiusura:

1 – Imprese che continuano la loro attività (36% rispetto al 21% del resto del mondo);

2 – Imprese che prendono tempo, rinviano l’investimento, ma seguitano a fare affari (20% italiane, 12% mondo);

3 – Imprese che ridimensionano gli impieghi e riducono al minimo le operazioni commerciali (13% e 9%);

4 – Imprese che limitano la maggior parte delle mansioni valutando quando riprendere (16% e 31%); 5 – Imprese che bloccano tutte le attività ed escono dal mercato (13% contro 26% mondo).

Nel primo trimestre 2022 rispetto a quello del 2021, la guerra in corso in Ucraina ha determinato una diminuzione dell’export tra Italia e Russia di circa il 30%, per una perdita di quasi 2 miliardi di euro.

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1 Commento


  • Gianfranco

    per la serie “venderanno anche la corda per impiccarsi” … (Lol)

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