Le recenti elaborazioni su dati Banca d’Italia fatte dalla Federazione Autonoma Bancari Italiani (FABI) parlano di un paese in cui sono in aumento le famiglie che non riescono più a pagare il mutuo. I crediti deteriorati ammontano a 14,9 miliardi di euro, riconducibili a quasi un milione di nuclei familiari.
Andando nel dettaglio più analitico, 5,7 miliardi riguardano clienti che non pagheranno più, 7,1 miliardi sono inadempienze probabili, e circa 2 miliardi sono rate scadute, che sono considerate posizioni meno rischiose. Di questa somma, 6,8 miliardi sono legati a mutui per l’acquisto di abitazioni (il cui totale è 425 miliardi).
Questo tipo di prestiti, ad aprile 2023, erano in crescita per 50 miliardi rispetto al 2017 (+13,4%). Più o meno un terzo del totale, intorno ai 140 miliardi, sono stati erogati a tasso variabile: quel tipo di prestiti che stanno mettendo più in difficoltà le famiglie.
La FABI, infatti, elenca tra i motivi delle insolvenze “l’aumento del costo del denaro, l’incremento dei tassi e la corsa dell’inflazione“. È lo stesso segretario della Federazione, Lando Sileoni, a dire che serve maggior cautela sui tassi, perché “l’azione della Banca centrale europea per contrastare l’inflazione non sta generando i frutti sperati“.
Sileoni si preoccupa per il prossimo rialzo della BCE, previsto il 27 luglio: il tasso arriverebbe dunque da 0 a 4,25% nell’arco di un anno. E mette anche in guardia da qualsiasi provvedimento di allungamento del piano di rimborso, perché significa alleggerire momentaneamente la rata, ma aumentare la massa di interessi sul lungo periodo.
Ma al di là di questo atto di onestà dovuto dalla FABI, altre questioni parlano delle difficoltà economiche degli italiani e di come il sistema bancario nasconda sofferenze ben più gravi. La svendita di pacchetti di crediti deteriorati a società di recupero credito ha infatti creato un’enorme bolla finanziaria che va a tutto discapito dei debitori in crisi.
Fra il 2015 e il 2022 in Italia sono stati più di 350 i miliardi di non-performing loans (NPL), ovvero somme ormai inesigibili, vendute a società specializzate, che provano a recuperarle ed emettono titoli (cartolarizzazione), il cui rendimento dipende dalla probabilità con cui il debito verrà ripagato.
Il nostro paese è al primo posto in Europa nell’uso di questo meccanismo, con un ammontare di più del doppio del secondo posto della Spagna.
La pratica è incoraggiata velatamente anche dalla BCE, perché permette di ripulire i bilanci delle banche. Ma viene alimentato anche un mercato speculativo, sottratto alle regolamentazioni e che può diventare un problema anche per le casse pubbliche: molte di queste società sono domiciliate in Olanda, dove approfittano di regimi fiscali più convenienti.
L’ultimo rapporto ABI-Cerved prevede che per il 2023 il tasso di deterioramento italiano (i prestiti scaduti da più di 90 giorni rispetto al totale delle erogazioni) raggiungerà il 3,8%, tornando a salire per la prima volta dopo un decennio. E l’esplosione del processo di cartolarizzazione colpisce con durezza i settori popolari, spesso sfrattati da fondi finanziari che non hanno paura di rovinarsi il nome.
In generale, si tratta di un sistema bancario ombra, calcolato dalla BCE in 31 mila miliardi di euro e che concede il 26% dei prestiti d’Europa.
L’esempio concreto di come questo sistema si fonda sempre più sulla produzione di ricchezza fittizia, attraverso lo spostamento di voci di bilancio, e che prepara l’inevitabile crisi successiva, di cui i costi verranno scaricati di nuovo sui più deboli.
Intanto, il primo punto da cui partire è questo: sempre più persone faticano a ripagare i propri debiti, a causa dell’inflazione e delle politiche BCE che aiutano solo rendite e dividendi finanziari.
Con il salario minimo a 10 euro l’ora si può dare una prima base di dignità a tanti lavoratori, ma serve poi lo sviluppo di un’organizzazione che abbia un orizzonte di trasformazione sociale che ci porti fuori da questa barbarie capitalista.
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