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La lotta dei semiconduttori: Huawei e SMIC tornano in campo?

Huawei annuncia un nuovo modello di cellulare 5g, con un nuovo processore che bypassa le sanzioni americane. Cosa vuol dire?

Huawei e le sanzioni

Innanzitutto, ricordiamo che Huawei è uno dei campioni industriali cinesi protetti dallo stato. È inoltre un’azione con un sistema di proprietà peculiare: il 99% delle azioni sono di proprietà dei dipendenti e questo pacchetto azionario è gestito da un comitato di gestione del sindacato ufficiale ACFTU, mentre il fondatore Ren Zhengfei ha solo l’1% delle azioni e “solo” il potere di veto su alcune operazioni strategiche

Huawei era riuscita a convivere con le sanzioni ad hoc imposte dal Presidente degli USA Trump mentre ha subito decisamente l’ampliamento delle sanzioni emesso da Biden. Secondo le dichiarazioni della stessa compagnia cinese, la combinazione di covid, inflazione e sanzioni aveva portato nel 2022 a un calo del 69% dei profitti netti.

Nel luglio 2020 Huawei era arrivata a contare il 10,75% delle vendite globali di telefoni cellulari, man mano calato fino al 4% di agosto 2023. Va pur detto che ad agosto 2023 le vendite di Xiaomi, Oppo e Vivo sono state rispettivamente all’11,9%, al 5,85% e al 5,37% (Dati Statcounter).

Aldilà della quota di mercato occupata dalle imprese cinesi, il punto delle sanzioni è stato quello di bloccare l’accesso cinese alle tecnologie all’avanguardia, tra cui quelle dei semiconduttori per la costruzione dei chip, in cui l’uso per i telefoni è solo l’applicazione più vicina alla vita di tutti i giorni.

L’avanzamento tecnologico dei chip è vitale per la concorrenza in tutti i settori su cui si sta sviluppando l’ipercompetizione: dalla cosiddetta intelligenza artificiale alla corsa allo spazio passando per le tecnologie cosiddette verdi.

Le sanzioni del 2022 nominano esplicitamente tre dimensioni limite dei chip a cui si voleva impedire l’accesso ai cinesi: chip logici sotto i 16 o 14 nanometri, chip di memoria DRAM sotto i 18nm, chip di memoria NAND flash con più di 128 strati.

Qual è la novità?

Fino al 2018, Huawei e le altre aziende hanno usato, in gran parte, chip di produzione taiwanese, in particolare della Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, campione industriale privato sostenuto con forza dal governo di Taipei.

Quando sono cominciate le sanzioni nel 2018, la risposta cinese è stata la creazione di China Integrated Circuit Industry Investment Fund, che ha acquisito parte della proprietà della Semiconductor Manufacturing International Corporation (Smic), azienda pubblica fondata nel 2000.

La notizia del momento è che Huawei ha annunciato il nuovo modello MATE 60 pro che monta un processore KIRIN 9000 prodotto da SMIC con chip da 7nm e processo N+2. Fino a pochi mesi fa si considerava che per il 2023 SMIC sarebbe riuscita a produrre chip da 12 nanometri e che il passaggio ai 7 nanometri sarebbe stato per il 2024.

Per fare un paragone, Apple ha usato sui suoi prodotti il chip da 7nm dal 2018 per poi passare a 5 nm nel 2021 e 4 nm nel 2022. Ad agosto è stato annunciato un contratto tra Apple e TMSC per scendere fino a 3nm per il prossimo modello di Iphone.

L’annuncio di Huawei è stato confermato da Bloomberg che ha affidato una perizia a TechInsights. Quindi, fonti senza nessun motivo ideologico confermano che SMIC ha superato una soglia tecnologica critica nonostante le sanzioni.

Rimangono aperte alcune domande

In primis, non solo cosa può produrre SMIC, ma quanto può produrre SMIC. Il nuovo modello della Huawei è andato immediatamente sold out. Questo potrebbe significare che la capacità di produzione sia relativamente bassa. Per avere un’indicazione realistica, non ci resta che aspettare e vedere quanto presto torneranno in produzione i MATE 60 pro e quanti ne verranno venduti

In secundis, bisogna valutare quanto questa produzione sia autarchica. Intendiamoci: in questo momento non esiste la possibilità di essere totalmente indipendenti in questo tipo di produzioni. La complessità della produzione richiede decine di fornitori sparsi per tutto il pianeta, la stessa Cina è fornitrice di materie prime e componenti usate nelle operazioni taiwanesi o degli occidentali.

Esistono alcuni colli di bottiglia, come le macchine per la litografia DUV e EUV. L’olandese ASML è una delle principali aziende di riferimento la litografia DUV (insieme alle giapponesi Nikon e Canon, la danese Nil Technology), mentre è monopolista delle macchine per la litografia EUV, tanto che gli USA hanno dovuto esercitare una grande pressione per ottenere l’adesione alle sanzioni da parte dell’Olanda.

Sappiamo dal report di TechInsights che per la produzione del KIRIN 9000 è stata usata la tecnologia DUV. Attualmente per scendere sotto la soglia dei 7nm gli altri produttori usano la tecnologia EUV, che ASML non dovrebbe poter vendere ai cinesi.

Certo, sappiamo che anche le merci sottoposte a sanzioni più stringenti trovano la via per muoversi, così come il gas russo trova la via per i paesi occidentali tramite intermediari indiani o kirgizi. Però significa che i costi per sfondare la soglia dei 7nm si alzano per la Cina, mentre i tempi si allungano.

Tra le varie misure per guadagnare indipendenza tecnologica c’è anche lo sviluppo della tecnologica EUV. Huawei ha brevettato nel 2022 alcune parti necessarie per arrivare alla litografia EUV, ma si tratta di replicare un processo di ricerca che, dai primi passi degli anni ’90 alla commercializzazione degli anni ’10, ha richiesta la cooperazione tra decine di soggetti privati e pubblici USA, europei e giapponesi.

Sicuramente sentiremo molte notizie dalla Cina sulla tecnologia EUV, ma bisognerà vedere di quanto avvicineranno realmente alla produzione industriale.

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