Una rapida rassegna degli effetti economici e finanziari registrati nel post-elezioni europee consegna un quadro dei fenomeni che interessano l’Unione europea e l’Italia abbastanza preoccupante.
Il primo indizio ce lo fornisce l’apertura di oggi di Milano Finanza (Mf), quotidiano finanziario di proprietà di Intesa San Paolo il cui titolo d’apertura è eloquente: “al voto Ue vince lo spread”.
Il famigerato differenziale tra i titoli di Stato tedeschi e quelli italiani ha chiuso nella giornata di ieri a 141 punti, +8 rispetto a prima delle elezioni, dovuto secondo la redazione all’instabilità politica portata dal risultato europeo.
In termini finanziari, questo si traduce nell’aumento degli interessi del pagare (fare più debito) da parte dello Stato italiano per finanziare la spesa pubblica.
In secondo luogo, le vittorie delle destre europee trascinate da Le Pen e Meloni, così narrata nonostante FdI abbia perso 700 mila voti rispetto al 2022, spingono la presidente della Bce Christine Lagarde ad affermare che “potrebbero passare molti mesi prima di un ulteriore taglio dei tassi”, rallentando cioè il processo di allentamento della stretta economica inaugurato per combattere l’inflazione.
Un terzo elemento è il minimo da sei mesi a questa parte toccato proprio ieri dall’euro nel cambio con il dollaro e la sterlina.
L’indebolimento della moneta europea favorisce le esportazioni, ma rende più costose le importazioni (con un euro si acquistano meno beni denominati in dollari o sterline).
Per le prospettive nostrane, questo si riflette in negativo nella strutturale dipendenza italiana dalle importazioni di beni energetici e materie prime, di cui il dollaro risulta ancora la valuta favorita per la compravendita.
In quarto luogo, nella giornata di ieri il primo Consiglio dei ministri convocato dopo le elezioni ha approvato in via preliminare il recepimento della direttiva Ue sulla liberalizzazione del mercato dei crediti deteriorati (Npl – non performing loans).
La Secondary market directive, emanata in sede Ue nel 2021, si prefigge di armonizzare le regole per la cessione degli Npl al fine di incoraggiarne la circolazione nel mercato secondario, favorendo lo sviluppo di tale segmento.
Giova appena ricordare che gli Npl furono i grandi protagonisti in negativo della crisi immobiliare e finanziaria del 2007-2008, quando la massiccia esposizione degli intermediari a questa “carta senza alcun valore” decretò il collasso del sistema finanziario, salvato solo dai soldi dei contribuenti a discapito dei conti pubblici di mezzo mondo.
Come se non bastasse, quinto, l’Istat sempre ieri ha certificato il quindicesimo calo tendenziale consecutivo della produzione industriale italiana, -2,9% ad aprile rispetto allo stesso mese del 2023.
Mese su mese, il calo è trainato dalla flessione della produzione dei beni strumentali (-3,1%) ed energetici (-3,6%), a cui si aggiunge il -3,9% registrato dalla produzione dei beni di consumo.
Se, come molti analisti hanno fatto, queste elezioni si riveleranno un momento decisivo della storia dell’Unione europea, e quindi del futuro dei membri che ne fanno parte, il quadro immediato che ne emerge lascia presagire un orizzonte poco chiaro e molto scuro.
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