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La rischiosa scelta degli Usa: dazi per stroncare “gli amici”

Siamo alle dichiarazioni, certo, ma ormai si dovrebbe aver capito che dopo queste – con Trump – qualcosa di concreto poi arriva.

Il presidente col ciuffo ha dichiarato ieri sera, a bordo dell’Air Force One, menre andava a vedersi il SuperBowl a New Orleans, che oggi annuncerà dazi del 25% su tutte le importazioni di acciaio. Altri dettagli già da domani.

Qualsiasi acciaio che entra negli Stati Uniti avrà un dazio del 25% — e anche l’alluminio“. Non ha specificato quando questi nuovi dazi entreranno in vigore, ma i nuovi dazi si applicheranno a tutti i paesi, inclusi Canada e Messico — esentati da lui stesso, su questi due prodotti, quando fu firmato l’accordo USMCA (United States-Mexico-Canada Agreement) durante la sua precedente amministrazione.

Ma è stata la motivazione ad essere dirompente: in pratica vengono imposti dazi a questi due paesi Perché a nostre spese stiamo proteggendo un altro paese“, ha detto riferendosi soprattutto al Canada. “Se smettiamo di permettere loro di produrre auto — attraverso dazi e altre misure: auto, camion, ecc., ciò che producono — non sono più un paese vitale.”

In pratica, si tratta di farli fallire come produttori di automobili, così da diventare più facilmente assorbibili, “convincendo” Ottawa a diventare il 51° stato federale, rinunciando alla sua storica indipendenza.

Come si vede quella che era sembrata una boutade da pasticcione risulta invece ora un obiettivo politico concreto; e si sta provvedendo a mettere in atto una serie di misure per poterlo realizzare senza dover inviare l’esercito a bombardare un alleato che siede nel G7 (se pure questa “istituzione globalista” resterà in funzione, nei prossimi anni).

Gli Stati Uniti mantengono già da tempo dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio per molti paesi, imposti dalla prima amministrazione Trump nel 2018 ai sensi della Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962.

Dal Canada non l’hanno presa bene… Doug Ford, premier dell’Ontario (la “provincia” più grande e industrializzata del paese), ha subito fatto i suoi conti: Questi sono i prossimi quattro anni. Obiettivi che si spostano e caos costante, mettendo a rischio la nostra economia“. Ma del resto proprio quello è l’obiettivo degli Usa trumpiani…

Parlando a fini interni, Trump ha continuato a fare la parte della vittima. I dazi vengono infatti giustificati come “riequilibrio” nei confronti dei partner commerciali (occidentali, badate bene…)

Se loro ci stanno applicando dazi del 130% e noi non stiamo applicando nulla, non resterà così,” ha detto. Il problema è che nessun paese ha mai imposto dazi di questa entità sui prodotti made in Usa…

Gli Stati Uniti già applicano dazi identici alla maggior parte dei paesi, anche se le aliquote tariffarie statunitensi variano a seconda del prodotto. Alcune aliquote, come quelle per le auto, sono basse, solo del 2,5%. Altre, come quelle per abbigliamento e scarpe, prodotti di lusso in genere, sono tipicamente più alte.

Le conseguenze di questa scelta sono, come è immaginabile, traumatiche per tutto il commercio mondiale.

L’Unione Europea, sotto botta al pari del Canada, ha confermato che risponderà” ai nuovi dazi, così come aveva fatto durante il primo mandato del presidente americano.

“Non c’è alcuna esitazione quando si tratta di difendere i nostri interessi“, ha affermato il ministro degli esteri francese Jean-Noël Barrot, aggiungendo che la Commissione europea ha il mandato di agire in questa direzione.

Non può fare altro, naturalmente, a meno di non volersi tagliare da sola uno dei pilastri del vecchio assetto produttivo continentale. Ma certo questa risposta accentuerà la competizione all’interno dell’area euro-atlantica, mettendo altra benzina sul fuoco mentre – contemporaneamente – Washington si muove anche rispetto alla guerra in Ucraina secondo obiettivi e modalità che tagliano fuori sia Kiev che gli stupidi servi europei, fin qui obbedienti a scopi contrari ai propri interessi.

E’ fin troppo evidente – specie nel giorno in cui la vacua von der Leyen celebra il “distacco dei paesi baltici dalla rete elettrica russa” – che negli ultimi tre anni il Vecchio Continente ha perso quasi integralmente le forniture energetiche da Mosca, a buon mercato, per sostituirle con quelle Usa o norvegesi che costano quasi quattro volte tanto. Un affare, no?

Dopo questo “sacrificio” accettato per compiacere l’”alleato americano”, in versione Biden, l’Unione Europea ora si ritrova ad essere bastonata a sangue dallo stesso “alleato” in versione “prima i miei interessi”. E ancora non è stato aperto davvero il capitolo Groenlandia…

Da oggi, ad arricchire il piatto, scattano anche i dazi cinesi, altra risposta obbligata all’aggressività statunitense. Il rapporto tra Pechino e Washington, sul piano degli scambi, è particolarmente importante: nel 2024 è ammontato a più di 530 miliardi di dollari. Nello stesso periodo, le vendite di beni cinesi negli Stati Uniti hanno superato i 400 miliardi di dollari, secondi solo al Messico.

Percentuali anche piccole di innalzamento delle tariffe doganali rischiano insomma di mettere in moto turbolenze di grande rilevanza, sia in cifra assoluta che come “perturbazioni” sistemiche.

Indicativa anche la “strana” composizione di questi scambi. Contrariamente alla narrazione occidentale classica, che dipinge ancora la Cina come “paese meno sviluppato” – forte soltanto nella manifattura di largo consumo ma di basso livello – e l’America come gigante iper-tecnologico, il bilancio è molto diverso.

Stando ai dati ufficiali del Bureau of Economic Analysis americano, nel 2022 l’interscambio di beni aveva raggiunto i 690,6 miliardi di dollari. In particolare, gli Stati Uniti acquistano – sì – dalla Cina più prodotti di consumo (giocattoli, vestiti, ecc) ma il gigante asiatico rappresenta comunque il fornitore dominante di beni che vanno dall’elettronica e dai macchinari elettrici al tessile e all’abbigliamento.

Dagli Usa, invece, la Cina importa beni alimentari statunitensi (come ad esempio la soia). Come da qualsiasi altro paese del Terzo Mondo, insomma…

Ma il vero problema, per la nuova amministrazione Usa, è che anche con i nuovi dazi i prodotti cinesi resteranno abbastanza competitivi sul mercato interno statunitense. Mentre, con dazi simmetrici, i prodotti agricoli Usa potrebbero finire rapidamente “fuori mercato”. Anche perché non mancano davvero i fornitori alternativi, già oggi a prezzo più basso…

Come ricordano diversi analisti europei, “Anche durante il suo primo mandato, Trump impose tariffe significative su centinaia di miliardi di dollari di merci cinesi. E la Cina rispose a sua volta con tariffe di ritorsione sui prodotti statunitensi. Gli Usa richiedevano un maggiore accesso ai mercati cinesi, un’ampia riforma delle condizioni commerciali che favoriscono pesantemente le imprese cinesi e un allentamento del pesante controllo statale da parte di Pechino”.

Pechino accettò di importare merci statunitensi per un valore di 200 miliardi di dollari, tra cui 32 miliardi di dollari in prodotti agricoli e frutti di mare. Poi la pandemia – gestita da cani, da parte americana – interruppe in parte questi scambi.

La presidenza Biden non annullò i dazi imposti dal tycoon, ma aumentò gli sforzi per limitare le esportazioni di chip all’avanguardia in Cina, per evitare che le tecnologie sensibili statunitensi vengano utilizzate nell’arsenale militare di Pechino.

Come ha dimostrato DeepSeek, anche questa “strategia” è stata fallimentare. Pechino ha sviluppato diversi sistemi di Intelligenza Artificiale lavorando sul miglioramento drastico dei software, in modo da poter utilizzare – almeno temporaneamente, finché non avrà finito di realizzare anche una propria produzione di chip all’altezza di Nvidia – una struttura hardware meno potente e meno costosa.

Insomma, l’America di Trump va alla guerra contro molti nemici. Ma mentre ha buone possibilità di togliere la sedia sotto il sedere ai “vecchi amici”, rischia seriamente di farsi male contro i “nemici” che sanno pensare, ragionare, produrre e attendere.

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3 Commenti


  • Maurizio

    ah maledetto europa di servi, quando ti sarai svegliata saremo già tutti morti


  • Giovanni Scavazza

    A Cla’, tranquillo, mo’ ariparte la puffetta mannara…😆🤣


  • Giovanni Scavazza

    A Cla’, cioe’, io dico, a n’elemento de questo, l’americani j’hanno messo n’mano avaligetta col bottone rosso, te rendi conto Cla’?… L’America c’ha 5.550 testate nucleari, e la Russia 6.250. Poi ce stanno li cinesi, l’indiani, li pakistani, l’inglesi, li francesi, li canadesi, e quell’artri mal nati de l’israeliani, che fra tutti ce n’hanno n’artro migliaio de testate nucleari… Capisci amme’?… Avemo fatto bingo Cla’!…

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