Il 2024 si è chiuso con il 23esimo mese consecutivo di contrazione della produzione industriale. Un dato critico che parla della profonda crisi in cui si dibatte il nostro paese, soprattutto da quando il modello mercantilista europeo si è scontrato con la crescente frammentazione del mercato mondiale.
Le stime dell’Istat parlano di un indice destagionalizzato della produzione industriale che segna un -3,1% rispetto a novembre. Su base congiunturale, solo l’energia cresce (+0,9%), mentre calano i beni strumentali e i beni di consumo (-3,3% per entrambi i settori), così come i beni intermedi (-3,6%).
Anche dal punto di vista trimestrale, nell’ultimo trimestre del 2024 si attesta un calo dell’indice dell’1,2% rispetto a quello precedente, e se guardiamo all’intero anno appena passato l’Istat conferma che ci sono stati “cali congiunturali in tutti i trimestri“. Ma è a fare il paragone con il 2023 che appare tutta la misura della crisi che stiamo vivendo.
Tra dicembre 2024 e dicembre 2023 l’indice complessivo è diminuito in termini tendenziali del 7,1%. Anche in questo caso, solo l’energia ha registrato un risultato positivo (+5,5%), mentre i beni strumentali segnano un -10,7%, quelli intermedi un -9,5% e i beni di consumo un -7,3%.
Gli unici settori di attività che segnano incrementi tendenziali sono l’attività estrattiva (+17,4%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+5,0%). Mentre un vero e proprio tracollo si è avuto nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-23,6%), l’industria tessile, dell’abbigliamento, pelli e accessori (-18,3%) e la metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-14,6%).
“Nell’ambito della manifattura, solo le industrie alimentari, bevande e tabacco sono in crescita rispetto all’anno precedente, mentre le flessioni più marcate si rilevano per industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori e fabbricazione di mezzi di trasporto“, ribadisce sul suo sito l’Istat.
Parliamo, insomma, di un crollo che riguarda innanzitutto un settore simbolo del made in Italy, quello della moda, e l’antica spina dorsale dell’industria europea, ovvero l’automotive. Le stime diffuse da Intesa Sanpaolo e Prometeia evidenziano ricavi della manifattura in calo di 42 miliardi nel 2024, proprio a partire dai due settori citati.
Sempre stando ai dati Istat, l’utilizzo della capacità produttiva italiana è sceso al di sotto del 75%: l’ultima volta che era capitato era nel terzo trimestre del 2020, cioè quando navigavamo nel pieno della crisi pandemica. Un segnale di chiaro del buco nero in cui è stata portata la produzione del nostro paese.
Tra i motivi viene individuata una domanda interna insufficiente (ma visto il “successo” della strategia dei bassi salari, da 40 anni a questa parte, non ci si poteva aspettare altro), ma anche da un rallentamento delle importazioni della Germania, di cui siamo importanti fornitori. Insomma, una crisi di tutto il modello europeo, a cui o si propone in fretta un’alternativa, oppure è destinata a cancellare l’industria italiana.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
