L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha rilasciato qualche giorno fa una versione aggiornata del suo Interim Economic Outlook, ovvero delle previsioni sull’andamento dell’economia globale. Le notizie per il futuro non sembrano essere rosee, mentre l’Italia già vede peggiorare le sue stime di crescita.
Partiamo dall’area euro, di cui l’aumento del PIL è previsto all’1,2% nell’anno in corso e all’1% nel 2026, con stime differenti per i diversi paesi. Ad esempio, la Germania dovrebbe riuscire a evitare la recessione per un soffio quest’anno, ma potrà beneficiare di politiche fiscali espansive per il prossimo anno, mentre il consolidamento dei conti pubblici in Francia e in Italia, imposto dalle procedure per disavanzo eccessivo, frenerà l’attività economica.
Ad ogni modo, anche i transalpini godranno comunque di una crescita maggiore. Se nel 2026 Berlino crescerà dell’1,1% e Parigi dello 0,9%, in Italia la previsione è stata persino ritoccata al ribasso di 0,1 punti percentuali rispetto ai dati di giugno, passando allo 0,6% sia per il 2025 sia per il prossimo anno. La metà della crescità attesa per l’eurozona.
A ciò si aggiunge il peso dell’inflazione. L’aumento dei prezzi è atteso all’1,9% nel 2025 e addirittura all’1,8% nel 2026, stabilmente sotto il 2% considerato ottimale. Tuttavia, l’OCSE evidenzia che “la combinazione di un rallentamento della crescita dei salari nominali e di un’inflazione dei prezzi che rimane elevata ha causato un indebolimento della crescita dei salari reali dall’ultimo trimestre del 2024 in molte economie avanzate, tra cui Giappone, Italia, Canada, Spagna e Regno Unito“.
C’è poi un ulteriore nodo che l’Organizzazione con sede a Parigi sottolinea, e di cui su questo giornale abbiamo ampiamente parlato. Forti pressioni sui prezzi alimentari (l’OCSE ricorda l’Italia, ma anche la Corea del Sud, il Sudafrica e il Regno Unito) sollevano incertezze sul percorso che seguirà l’inflazione, e colpiscono duramente i salari dei redditi più bassi.
Per quanto riguarda il Belpaese, ad ogni modo, Álvaro Santos Pereira, capo economista dell’OCSE, continua a ripetere la stessa formula che si è già dimostrata fallimentare: “l’Italia oggi è in una posizione migliore rispetto a qualche anno fa, ma è importante continuare gli sforzi di risanamento e riduzione del debito, andare avanti con le riforme e investire in competenze“. È chiaro che non saranno i vincoli di bilancio UE a portarci fuori dalla crisi, ma un cambio di rotta totale delle politiche economiche.
Guardando brevemente al mondo, la crescita globale è prevista fare un sostanziale balzo indietro nel prossimo anno, dal 3,2% del 2025 al 2,9% del 2026, soprattutto a causa di dazi e incertezza geopolitica. Per ora gli investimenti in IA negli Stati Uniti e gli stimoli fiscali della Cina hanno sostenuto le due più grandi potenze economiche (con le previsioni sulla Cina addirittura migliorate rispetto ai dati di giugno), e a cascata il mercato mondiale.
Ma l’OCSE chiarisce: “le tariffe [doganali USA, ndr] effettive complessive sono salite a circa il 19,5% alla fine di agosto, il livello più alto dal 1933. Gli effetti completi degli aumenti tariffari devono ancora farsi sentire, con molti cambiamenti introdotti gradualmente nel corso del tempo e le aziende che inizialmente hanno assorbito alcuni aumenti tariffari attraverso i margini, ma stanno diventando sempre più visibili nelle scelte di spesa, nel mercato del lavoro e nei prezzi al consumo“.
Criticità che si trasferiranno agli altri mercati, e dunque a tutto il globo. Un’ultima nota va sottolineata delle stime economiche. L’Ocse mette in guardia sulla volatilità delle criptovalute e sulla loro crescente interconnessione con il sistema finanziario. La capitalizzazione di mercato delle monete digitali ha toccato circa 3.900 miliardi di dollari, rispetto agli 830 miliardi di inizio 2023.
Per quanto riguarda l’esposizione delle istituzioni finanziarie, essa rimane limitata, ma è tuttavia in crescita, soprattutto in virtù dei recenti sviluppi normativi, in particolare negli USA e nella UE. “Ad esempio – si legge nell’Outlook – le stablecoin – un tipo specifico di cripto-asset – sono garantite da attività finanziarie tradizionali, come i titoli di Stato, e le pressioni sulla valutazione potrebbero innescare corse destabilizzanti con implicazioni più ampie per la stabilità finanziaria“. Temi che bisogna continuare a tenere d’occhio.
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Svrez
sono sicuro che l’ ocse dia raccomandazioni in accordo coi governi nazionali e quindi infine ogni Stato abbia la giustificazione mediatica ufficiale per portare avanti le politiche che la propria classe dominante ha scelto a priori