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Roma. Uno dei killer dei cinesi è “stato morto”?

 

Sarebbe morto da almeno 3-4 giorni Mohammed Nasiri.  Il giovane marocchino di 30 anni, ritenuto uno dei killer dei due cinesi del quartiere Torpignattara è stato trovato impiccato in un casolare di via Boccea, a Roma. Per gli inquirenti ed i carabinieri, al momento, non ci sarebbero dubbi sul suicidio, ma sarà l’autopsia a fornire maggiori chiarimenti. Il cadavere è stato trovato ieri pomeriggio, impiccato ad un gancio, in un luogo utilizzato per il gioco denominato Softhair, una sorta di pratica di guerra simulata, e sono stati proprio alcuni giocatori ad avvisare le forze dell’ordine. All’identificazione di Nasiri, con precedenti per rapine, furti e reati contro il patrimonio, si è arrivati attraverso le impronte digitali. Nassiri aveva con sé il suo cellulare, che da quanto emerge era rimasto acceso per diverso tempo dopo la rapina del 4 gennaio, e nelle tasche gli è stato trovato qualche centinaio di euro. Il marocchino, più volte identificato con diversi alias, aveva il telefonino in tasca. Secondo altre fonti invece il telefonino era per terra e a ai piedi del giovane maghrebino c’era del veleno per topi. L’uomo, secondo una prima ipotesi, potrebbe aver tentato di suicidarsi con il veleno prima di impiccarsi. Nessun segno di violenza è stato riscontrato durante i primi rilievi. Mohamed Nassiri era alto quasi un metro e novanta e robusto: una qualsiasi forma di coercizione avrebbe lasciato dei segni.
Il corpo penzolava legato ad una corda fissata ad un gancio. Ma il cappio è piuttosto alto mentre ai piedi del cadavere non ci sono punti di appoggio sui quali la vittima si sarebbe dovuta arrampicare per poi lasciarsi. Alla sua identificazione gli investigatori sono arrivati attraverso l’esame e il confronto di impronte digitali già esistenti negli archivi Afis che sono state confrontate con quelle rilevate sui reperti acquisiti dagli investigatori all’indomani del delitto.
“È arrivata prima la mafia cinese che la polizia”, è il commento che si raccoglie per le strade di Torpignattara, il quartiere di Roma dove due settimane fa è stato ucciso in una rapina un cittadino cinese insieme alla sua bambina di appena nove mesi. Nel giorno del ritrovamento del corpo di uno dei killer ricercati per il duplice omicidio, a Torpignattara non si parla d’altro. Ma la comunità cinese è sigillata nel silenzio. Alcuni ragazzi cinesi nel bar della vittima restano chiusi loro nel silenzio. Solo uno di loro commenta arrabbiato il ritrovamento del cadavere: “Per me questo non ha nessun significato, non c’è nulla che ci possa interessare, poi chiude le saracinesche”.  Più loquaci gli avventori italiani di un altro bar “Se l’hanno trovato impiccato è stata la mafia cinese – dice uno -. Io non dico il mio nome perchè‚ sto in questa strada da tanti anni e ho tre belle nipoti che mi voglio godere fino alla fine” dice all’Ansa. «Secondo me è stato un delitto su commissione», sostiene un altro. Per un altro ancora invece “E’ stato un atto disperato di un uomo braccato”.
L’attività degli investigatori ora si concentra sul secondo ricercato, il più giovane. I due magrebini avrebbero compiuto negli ultimi due anni almeno una dozzina di rapine in varie zone di Roma, in special modo nel quartiere di Cinecittà, dove un paio di mesi fa avevano aggredito una donna cinese fuggendo con i suoi soldi.

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