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Roma. Mobilità metropolitana alla prova dei movimenti

A ROMA “IL PROBLEMA E’ IL TRAFFICO”?  – L’ASSEMBLEA METROPOLITANA DI ROMA CONTRO IL CARO-TRASPORTI, IL CLIENTELISMO, LE PRIVATIZZAZIONI, AL FIANCO DEI LAVORATORI E DEGLI UTENTI

 

Parafrasando la celebre battuta del film “Jonny Stecchino” è stato posto, tra gli altri, anche questo interrogativo nell’Assemblea Metropolitana che mercoledì 30 maggio ha riempito la sala di Via Galilei, a Roma, con l’obiettivo di delineare un percorso di lotta contro il caro-trasporti e una gestione della mobilità così come è concepita dall’amministrazione Alemanno e da Atac.

Un’assemblea attraverso la quale il Consiglio Metropolitano ha chiamato a intervenire lavoratori e rappresentanti sindacali dell’Unione Sindacale di Base e di USIcons, dei Blocchi Precari Metropolitani e, ancora, esponenti di associazioni e comitati come il Coordinamento Associazioni del Lazio per la Mobilità Alternativa (C.A.L.M.A.), l’Associazione Diritti Pedoni-ADP, il Comitato No-Corridoio Roma-Latina, il Comitato di Quartiere Torbellamonaca. All’indomani dell’aumento del biglietto e dell’abbonamento Atac scattato lo scorso 25 maggio, l’assemblea ha ritenuto più che opportuno ripercorrere la parabola negativa del servizio di trasporto pubblico della capitale che, ha ricordato nella sua introduzione Gualtiero Alunni, del Consiglio Metropolitano, “inizia quando la giunta Rutelli ha voluto precarizzare i contratti dei lavoratori, in concomitanza con l’avvio del Pacchetto Treu. Così come, sempre durante le giunte di centro-sinistra, si è voluto privatizzare il servizio di TPL per centinaia di km nella periferia. Il piano industriale dell’Atac della fine del 2011 – ha aggiunto Alunni – ha dato un’ulteriore impennata negativa nella decisione di restringere la pianta organica dell’azienda, mentre la Giunta assumeva decine e decine di impiegati e 70 dirigenti pagati da 100.000 a 400.000 €, perpetrando la struttura burocratica e clientelare dell’azienda. Poi è arrivato l’aumento del biglietto e degli abbonamenti in una città con un quadro complessivo d’area vasta, come Roma, dove ogni giorno si muovono oltre 700.000 mila pendolari. Tutto questo a fronte della evidente assenza di miglioramento del servizio per la collettività”. Anzi.

“L’aumento del biglietto – secondo Francesco Staccioli, dell’USB-Lazio – è stato deciso nel momento più sbagliato, cioè mentre i cittadini, a causa della crisi, stanno riscoprendo quanto è essenziale il servizio di trasporto pubblico. Così come, proprio in questo momento, Alemanno ha lanciato l’idea della “super-holding” per avviare la grande privatizzazione, e quindi far speculare i privati, proprio quando il servizio pubblico si fa così fondamentale per la collettività”. Staccioli ha sottolineato il lato della scarsa, per molti, chiarezza politica: “oggi – ha detto – la stessa classe politica che quando era al potere a Roma ha privatizzato l’Acea e la Centrale del Latte (l’attuale PD) si scopre contraria alle privatizzazioni”. Ma qual è la natura del debito che secondo Atac giustifica l’infausto piano industriale di tagli al servizio e ai lavoratori? “Il nepotismo, il clientelismo, il parentelismo, il fascistismo” ha tuonato il rappresentante USB, le cui parole sono state condivise da Vittorio Sartogo del C.A.L.M.A., che ha puntato il dito su un’organizzazione aziendale, come quella di Atac, “tutta basata sul sistema clientelare. Intanto si spreca denaro per opere che finiscono nel nulla, come il progetto della linea C della metropolitana”.

Dentro a questo quadro così drammatico per i tantissimi cittadini che ogni giorno percorrono decine di km per raggiungere il posto di lavoro, l’Atac ha affermato che l’aumento delle tariffe non basterà a ripianare il bilancio aziendale. Lo ha detto chiaramente l’a.d. di Atac, Carlo Tosti, in un incontro dei dirigenti aziendali con i lavoratori al Teatro Quirino (costato 400.000 €, pur avendo a disposizione tutti i depositi sparsi nella capitale), e lo ha riferito durante l’Assemblea Metropolitana Walter Sforzini, lavoratore dell’USB-Atac, che ha anche ripercorso le varie voci del piano industriale a cui l’USB si sta opponendo con la mobilitazione (l’ultima proprio il 25 maggio con uno sciopero e una manifestazione nel centro di Roma): “il piano prevede l’aumento dei turni degli autisti, due ore di straordinario esigibili, la diminuzione dei riposi, il risparmio sulla manutenzione”. Tutti elementi che mettono in forte dubbio la questione della sicurezza per i lavoratori e per gli utenti. Coloro, quindi, che subiranno anche il taglio delle linee “poco remunerative”, che sono quelle della periferia, naturalmente. “Nessun investimento – ha denunciato ancora Sforzini – per un servizio che definire scadente è riduttivo. Anche per questo motivo lavoratori e cittadini devono essere uniti per bloccare questo piano”.

L’unità fra i lavoratori e gli utenti è stata invocata durante tutta l’assemblea, che sul piano delle proposte ha messo in campo l’idea di lavorare a un Libro Bianco su cui porre le fondamenta per un lavoro comune su una diversa idea di città e di mobilità, per una forte mobilitazione che rilanci l’iniziativa a Roma (una prossima occasione di mobilitazione, ha ricordato Paolo Di Vetta dei BPM, saranno gli Stati Generali del Sociale che l’amministrazione Alemanno sta preparando per i prossimi 26 e 27 giugno). Perché “ogni strumento necessario ad opporci a queste vessazioni – secondo il Consiglio Metropolitano – è giusto, anche scavalcare i tornelli: non come portoghesi, ma come romani incazzati”.              

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