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Ma quale fionda! Scarcerato l’attivista arrestato mercoledì a Roma

Per fortuna è durata poco la disavventura dell’attivista romano arrestato mercoledì mentre tentava di distribuire un dossier critico con le politiche di tagli della giunta Alemanno davanti all’Auditorium dove si svolgevano gli ‘Stati generali’ a Roma. E però una notte in guardina, come si dice in gergo, l’ha dovuta passare nonostante le accuse a suo carico fossero fantasiose e peregrine. La fionda che aveva nello zaino secondo i poliziotti che lo avevano strattonato e arrestato non esisteva, come tutti coloro che conoscono Claudio Tosi sapevano. Era un pezzo di legno che doveva servire a costruire un giocattolo nei laboratori coi bambini in cui Tosi svolge la sua attività di operatore sociale. Ma secondo i geniali agenti che lo hanno bloccato e trascinato via il legnetto poteva essere assemblato con un elastico di una cartellina che Tosi aveva nello zaino per fabbricare una pericolosissima fionda. Ce ne vuola di fantasia! Per fortuna il magistrato che doveva decidere se confermare o meno l’arresto ieri non l’ha bevuta e non ha potuto fare altro che assolverlo per l’inconsistenza delle accuse a carico dell’attivista del Cesv e del Roma Social Pride.

Ieri, appena scarcerato, Tosi ha raccontato la sua assurda vicenda al alcuni giornali. Vi proponiamo l’intervista pubblicata da Paese Sera.

 

Social Pride, parla il volontario arrestato. “Un pezzo di ramo scambiato per fionda”

Descritto ieri come un individuo pericoloso e per questo arrestato mentre cercava di assistere agli Stati generali del sociale, Claudio Tosi, volontario del Cesv, membro del Social pride e presidente del Cemea del mezzogiorno, del sovversivo aggressivo ha ben poco. Lo testimoniano le tante persone accorse oggi fuori dall’aula del tribunale dove si è svolto il processo per direttissima che lo ha visto assolvere, perché “il fatto non sussiste”.Oltre alle testimonianze che hanno letteralmente invaso la sua bacheca facebook. “Una cosa assurda”, commenta qualcuno riguardo all’arresto. “Una delle persone più belle che abbia incontrato, non violento, che ha costruito sulla generosità la sua professione”, scrive Marina. Appena fuori dall’aula abbraccia gli amici, bacia la moglie e viene preso d’assalto da chi è rimasto lì con lui ad attendere il verdetto. Paese Sera è riuscito a raccogliere la sua testimonianza.

Allora Tosi, qual è la sua versione dei fatti?

“Partiamo dal fatto che la città era stata blindata in maniera esagerata e fuori misura e tutto questo per parlare del sociale e della famiglia: è un ossimoro. La paura di fare brutta figura è stata più forte del creare un’occasione per discutere del sociale. Una persona inerme come me è stata identificata subito come un disturbatore, un possibile pericolo, non per quello che potevo fare ma per quello che rappresentavo. Ho subìto tre controlli, uno della guardia di finanza, uno all’entrata e un altro che non era un controllo, ma serviva a farmi stare fermo tutto il tempo che sarebbe durata la conferenza.

A un certo punto si è diffusa la notizia che avesse un falso accredito stampa.

Non risponde al vero. Come dicevo ho suìito due controlli, mi sono accreditato come stampa perché volevo scrivere un articolo per Reti solidali e mi è stato dato. Poi mi fermano e mi portano in un angolo perché, dicono, “dobbiamo controllare di nuovo”. Accanto a me la gente passava tranquillamente. A quel punto ho alzato le mani e ho detto: “Fate quello che dovete, io non vi aiuto”. Non è stato un controllo di polizia ma politico, ‘state facendo in modo che non ci sia non il dissenso, ma la minima possibilità di confronto’, ho aggiunto. Il sindaco non è in grado di organizzare una cosa che rispetta quello che lui scrive: Ingresso libero fino ad esaurimento posti. Io dicevo questo, sono accreditato e voglio entrare. Mi hanno detto deve venire in commissariato. Io stavo con le mani in alto e ho detto io non mi muovo, portatemi voi se volete.

Alcune agenzie hanno battuto la notizia che lei avrebbe colpito degli agenti.

Lo hanno sconfermato anche loro in aula. L’unica cosa che può essere successa è che mentre mi infilavano in macchina, qualcuno di loro, ed erano dei colossi, possa avere sbattuto contro di me. Ho incontrato Solfanelli (capo segreteria Assessorato promozione servizi sociali ndr)e gli ho detto ‘avete visto le politiche di confronto quali sono? Mi stanno impedendo di entare, fammi entrare, entro con te’. Ma aveva da fare col sindaco ed è andato via. Lo stesso è successo con il vice sindaco Belviso. A quel punto ero circondato da poliziotti e ho detto fate quello che vi pare, io non collaboro e mi sono seduto su un divano, allora mi hanno preso, in maniera concitatissima. Ma i poliziotti fanno quello che devono fare, l’ordine è politico, è evitare il dissenso. Il Censis ha detto ad Alemanno che la forza di questa città sta nella multiculturalità, nella solidarietà e nelle reti del sociale. Alemanno ha fatto gli Stati generali del sociale senza sociale e senza immigrati. E’ questa la colpa che imputiamo al sindaco.

E la famosa “arma”?

(Ride) “Lavoro per il Cemea, che fa educazione attiva e avevo un pezzo di ramo che il pomeriggio sarebbe diventato con i bambini, uno scalatore, un gioco. Controllando e ricontrollando lo zaino gli agenti hanno gridato ‘c’è una fionda!!!’ e tutti si sono buttati contro di me. E allora mi hanno portato via, per via del legnetto e mi sequestrano la cartella con gli appunti perché c’era un elastico. Secondo loro forse mi sarei intrufolato in sala, avrei dovuto smontare l’elastico montarlo sul rametto e lanciare le monetine. Assurdo.

Ha passato la notte in cella. Com’è andata?

Ho fatto un giro delle precarceri romane e devo dire che la situazione è davvero grave, ho anche proposto alle guardie di darmi alcune ore di servizio sociale così andavo a pulire la sala dove mi avevano chiuso: vomito, sangue… Sono stato nella cella del commissariato Esquilino che ha sui muri sostanze organiche di ogni tipo, non ti puoi sedere perché rimani appiccicato, poi alle camere di sicurezza del Viminale: il materasso e il cuscino erano inguardabili, il bagno, la latrina, non ne parliamo. Loro ogni tre giorni irrorano con il disinfettante e la fortuna ha voluto che io sono entrato solo dopo questa operazione, ma la situazione era allucinante. Io mi sono steso sulla branda e sono rimasto immobile tutta la notte per evitare di toccare qualsiasi cosa. Oggi sotto al tribunale mi hanno messo in un’altra cella, liquame appiccicoso sui sedili. Un ragazzo senegalese che batteva la testa contro il muro, finché non lo hanno portato in infermeria tra le urla.

Qual è la sua valutazione su tutta questa vicenda?

I cittadini devono capire che il limite dei comportamenti accettati si sta riducendo in maniera drastica. Adesso non possiamo che stare zitti o non esserci, ma esserci e mostrare un parere discordante è già reato. E’ una cosa che dobbiamo capire. L’agibilità democratica in questa città non c’è.

 Lara Facondi – Paese Sera

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